Merate: grande interesse al convegno sulla peste del 1630

«La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c'era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d'Italia». Inizia così il XXXI capitolo de “I promessi sposi”, primo dei due capitoli interamente dedicati alla peste del 1630. 
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Molti – tornando con il ricordo ai banchi di scuola – ricorderanno i numerosi personaggi che si ammalano di questo morbo, che spazza via umili e potenti senza alcuna distinzione. Di peste muoiono padre Cristoforo, don Ferrante, don Rodrigo, il Griso e molti altri. Qualcuno invece riesce a sopravvivere: è il caso di Renzo e Lucia. Non tutti però sanno che anche nel territorio meratese la peste – e in più occasioni nel ‘500 – ha falciato numerose vite. Per approfondire questo tema e ricordare i 500 anni dalla peste del 1524, la Pro Loco ha deciso di chiamare l’archeologo e ricercatore Luca Codara che venerdì sera ha affrontato magistralmente un tema non tra i più leggeri. La sala civica si è riempita di tanti cittadini curiosi che hanno ascoltato con attenzione il ricercatore per circa due ore.
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In realtà, la peste è sempre esistita e accompagna da sempre la storia dell’uomo. Nel mondo antico – ha spiegato Codara – si indicava con la parola peste una malattia mortale, senza distinzioni particolari: di fatto, si designava una qualsiasi epidemia a prescindere da quali fossero le cause del contagio e i suoi sintomi. 
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Dopo un breve excursus storico, Codara si è concentrato sul nostro territorio, in particolare su Pagnano e Merate centro. «Nel mondo antico – ha spiegato il ricercatore – le fonti sono numerose e si parla di peste già al tempo dei Babilonesi. Nel nostro territorio invece la maggior parte delle fonti è andata perduta: se a Pagnano possiamo risalire ad alcuni documenti del 1500, a Merate centro arriviamo fino al 1800 poiché i libri necessari per ricostruire questi fenomeni sono andati perduti». I libri parrocchiali sono infatti una fonte preziosa di informazioni poiché registrano morti e nascite. I documenti che sono arrivati fino a noi evidenziano un contagio di peste – a più riprese – nei primi anni del 1500, un fenomeno che si ripeterà a distanza di pochi anni. Come spesso accade, la peste si diffonde più velocemente nelle città – luoghi decisamente più popolati – per poi arrivare in periferia, spesso portata proprio da coloro che cercano di isolarsi per sfuggire al contagio. E anche Merate, come Milano, deve adottare delle misure per limitarne la diffusione. Merate aveva almeno un lazzaretto che si trovava nei pressi dello stagno di San Rocco, nell’area in cui oggi c’è l’osservatorio astronomico. «Quando parliamo di lazzaretto a Merate, non dovete immaginare una struttura simile a quella milanese, ma semplicemente uno spazio dedicato agli appestati, un luogo con alcune capanne». Non si tratterebbe però dell’unico luogo concesso agli appestati, ma proprio per la mancanza di documenti non è facile stabilire i luoghi esatti. Codara ha ipotizzato anche uno spazio tra Robbiate e Merate – in via Monsignor Palazzi – che potrebbe essere stato adibito a ricovero per evitare nuovi contagi.
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L’origine delle pestilenze è un tema molto complesso e non scontato. «Le pestilenze arrivano sempre dopo un periodo di cambiamento climatico. Questo dato deve poi essere messo in relazione anche con guerre e periodi di crisi che peggiorano ulteriormente le condizioni della popolazione, già fiaccata dalla mancanza di cibo. Infine, fino all’800 non si conoscevano le cause della malattia e molte misure adottate non erano sufficienti».

Tante le domande dei presenti a fine conferenze che hanno richiesto ulteriori spiegazioni. Nella serata di venerdì ciò che è emerso è stato un grande interesse per la storia locale e un lavoro degno di ulteriori approfondimenti.
B.V.

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