Comodamente sedute/134: il coraggio di farsi aiutare

Appena sei mesi fa pubblicavo un post  (che potete rileggere qui)  in cui raccontavo di quanto una brutta cervicale mi avesse in qualche modo ricordato lo scorrere apparentemente lento ma inesorabile del tempo e soprattutto  dell’inevitabile invecchiamento al quale ogni essere umano va incontro. Oggi sono qui a raccontarvi di una dolorosa tendinite al polso destro che mi ha reso la vita piuttosto complicata durante queste ultime settimane, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo del PC, ma anche semplicemente della penna, strumenti indispensabili per chi come me ama scrivere. Per non parlare delle abituali e infinite mansioni che se ci pensate, svolgiamo utilizzando la mano destra! Insomma che frustrazione! E che frustrazione fare i conti con la frustrazione, emozione che si genera quando non riusciamo a soddisfare un bisogno per diverse ragioni. L’abbiamo sperimentata un po’ tutti in diverse fasi della vita a causa di situazioni diverse, obiettivi mancati, relazioni complicate o sfide quotidiane fallite, ma sempre con la stessa scoraggiante intensità. E non è mai facile da gestire. In un articolo pubblicato tre anni fa, prendendo spunto dalla mia piccola pianta di fico, avevo raccontato della frustrazione e vi invito a tornare a rileggere quanto avevo scritto se vi fa piacere (qui), soprattutto se come me state attraversando un periodo in cui proprio la frustrazione mi ha costretta a fare i conti con un’altra emozione non proprio facile da accettare, la vulnerabilità.
La vulnerabilità è quella strana paura che proviamo nel momento in cui ci troviamo indifesi e fragili di fronte a qualcosa o qualcuno che non vorremmo affrontare
. Arriva quando meno la aspettiamo e il primo istinto è quello di nasconderla a noi stessi e a chi ci circonda, perdendo così l’occasione preziosa di ascoltarla, darle un senso e un significato. Mostrarsi vulnerabili significa rivelare paure e limiti mai rivelati fino a quel momento.   In realtà concedersi di essere vulnerabili, è un grande privilegio e rivela tanto coraggio, soprattutto in questo momento storico in cui vince solo chi è più performante. Ammettere di sentirsi vulnerabili non ha niente a che fare con la debolezza, anzi
“Essere vulnerabili richiede coraggio, passione, forza, amore e umanità.”
Edoardo Hensemberger
Ma il coraggio di fare cosa?  Non tanto di rischiare e fare un passo in avanti, ma di riconoscere che per fare quel passo in avanti abbiamo bisogno di essere aiutati e sostenuti, anzi alle volte dobbiamo proprio ammettere che qualcun altro lo deve fare al posto nostro.
Solo così possiamo pensare di costruire relazioni autentiche e sincere.
susimobiletto.jpg (100 KB)Da quando è mancato mio marito, pensare di potercela fare da sola è sempre stato uno degli obiettivi che mi sono posta e chi mi conosce penso che possa affermare quanto in questi quattro anni io mi sia impegnata per cercare di riuscire in questo intento.
Ma ho capito che quando si mette di mezzo l’orgoglio a impedirmi di chiedere aiuto, per fortuna interviene il mio corpo dandomi segnali evidenti.
Ed è allora che allargando lo sguardo che fino a quel momento avevo tenuto fisso e ripiegato su di me, che mi accorgo di quante persone non vedevano l’ora di darmi una mano.
Ogni volta che permettiamo alle persone di aiutarci, offriamo loro l’occasione di dirci quanto ci vogliono bene. Il termine vulnerabile deriva da latino e significa “che può essere ferito”. Sentirci in una condizione di poter essere feriti ci rende fragili agli occhi del mondo e la paura più grande è che qualcuno possa approfittare di questa fragilità. Ma alle volte è proprio il contrario. E proprio scoprendo quanto siamo vulnerabili, che scopriamo quanto siamo amati. Perché non basta scoprirsi vulnerabili, bisogna anche smettere di tenerlo nascosto. Alle volte mi capita di osservare Gregorio, Camilla e Elia, i figli dei miei nipoti e di rimanere stupita dalla determinazione e la spavalderia con cui affrontano il  loro percorso di crescita, e riconosco che hanno superato la paura di affrontare il mondo perché hanno consegnato inconsapevolmente la loro vulnerabilità nelle mani delle persone che più li amano al mondo: i loro genitori. Una tendinite a me ha raccontato che va bene voler dimostrare di farcela da sola, ma imparare a chiedere aiuto è un bagno di umiltà che fa bene al cuore, è come potersi sedere un momento dopo aver a lungo camminato, accettare una coccola, un sostegno che ci meritiamo. Guardare dalla finestra Samuele che taglia il prato del mio giardino, osservare in silenzio compiaciuta Susanna che monta un piccolo mobile, mi invita a stare dentro questo momento faticoso, cercando di leggerlo come un’occasione di riflessione sul valore che hanno gli affetti nella mia vita, più di molto altro. Amiche mie, raccontatemi quando e quanto vi sentite vulnerabili e, ditemi che non sono sola a navigare dentro questo sentimento complicato da accettare.
Aspetto le vostre storie sempre a questo indirizzo mail gio.fumagalli66@gmail.com e alla prossima. Un abbraccio.  “Prendiamocene cura, la vulnerabilità è un valore”.

Giovanna Fumagalli Biollo
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