I Sindaci e la salute

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Uno degli effetti collaterali (positivi) della pandemia Covid è stato quello di una maggiore sensibilizzazione dei Sindaci sul loro ruolo riguardo alla salute dei propri concittadini.
Nella prima fase della pandemia non era difficile vedere Sindaci ed Amministratori insieme a medici, infermieri, volontari, uno a fianco all'altro, impegnati nello sforzo comune per allestire con grande fatica i primi centri vaccinali di prossimità per la popolazione anziana.
Anche oggi direttamente o mediante i propri organi di rappresentanza i Sindaci e gli Enti locali più in generale, hanno sviluppato questo ruolo sia per azioni dirette (per es. il supporto nella individuazione dei luoghi per gli ambulatori medici) o indirette, attivandosi per sensibilizzare le istituzioni pubbliche sanitarie (il caso del Mandic ne è un esempio).
Alla vigilia del rinnovo di alcuni vertici della rappresentanza degli Enti Locali nelle istituzioni sanitarie (come la Conferenza dei Sindaci), può essere il momento di qualche considerazione a riguardo.
L’approccio che prevede al verificarsi di una “criticità” sanitaria, una reazione/sollecitazione (lettere, interpellanze, interrogazioni, richieste di incontri, etc.) a cui fa seguito di solito la rassicurazione delle autorità sanitarie che tutto è risolto, pur essendo un passaggio istituzionale doveroso ed obbligato, sta mostrando i suoi limiti.  Specialmente se queste azioni, restando sul piano della forma istituzionale, non incidono a livello strutturale e si ripropongono a cadenza periodica magari su problematiche sostanzialmente simili. Rischiando, pertanto, di essere recepite dai cittadini come ritualità formali.
Si sente forte la necessità di “piani strutturali operativi chiari e condivisi” tra chi è stato scelto per tutelare la salute (Sindaci) e chi deve mettere in pratica azioni concrete perché questo avvenga (istituzioni sanitarie). Piani ed azioni in cui la definizione degli obiettivi e delle tempistiche devono essere vincolanti per tutti con un obbligo di trasparenza verso tutti i cittadini.
I Distretti che con la loro nuova impostazione potrebbero essere i riferimenti più diretti in campo sanitario, in cui gli Enti Locali sono presenti attraverso le Assemblee di Ambito dei Sindaci, non sembrano al momento avere quella incisività necessaria per essere elementi in grado di dare “risposte concrete e strutturate essendo più vicine ai bisogni”, forse anche per le difficoltà dei loro Direttori ad avere maggiore autonomia.
 In questa ottica vanno viste le novità introdotte nel sistema sanitario dal PNRR. Si è declinato in maniera importante il concetto di “comunità e territorio” (Case, ospedale, centrali operative), ma l’impressione è che chi della “comunità” detiene la rappresentanza (democratica) e ne è l’interprete più attento dei bisogni e alle necessità, abbia poche opportunità per far valere questo ruolo.
Anni fa (si parlava allora di Presidi territoriali, una anticipazione delle Case della Comunità) era sorta una esperienza pilota nel territorio dell'olgiatese. Questa era partita da una conferenza dei sindaci della zona che insieme ad altri soggetti (medici, associazioni, volontariato, etc.) avevano sottoscritto un documento comune con obiettivi e tempistiche.
Oggi intorno alle “Case della Comunità” si fa fatica a vedere tracce della “Comunità”.  Queste, per diversi motivi, stanno prendendo sempre più la forma di punti di erogazione di prestazioni (un già visto) piuttosto che un luogo dove si “produce salute e benessere in maniera proattiva per e, non ultimo, con i cittadini”.
Bisognerebbe lavorare affinché prima di essere luoghi fisici possano essere dei “modelli di collaborazione tra diversi soggetti”.
Nel dicembre 2021, pur con tutti i problemi del periodo, si era visto uno sforzo congiunto di Comuni, ATS, ASST, professionisti della salute, volontariato ed associazioni per delineare una ipotesi di percorso per costruire un modello di Case della Comunità in grado di dare risposte concrete. Purtroppo, quella proposta giace in qualche cassetto: forse è da lì che si potrebbe ripartire.
Spesso ci si focalizza sulle strutture, organizzazioni, ruoli, piani operativi ma non dobbiamo dimenticare che questi sono solo degli “strumenti” per un obiettivo unico che è quello di dare risposta ai bisogni reali di salute e di benessere dei cittadini.
E per fare questo è necessario conoscerli ed analizzarli. La ATS Brianza dispone di un servizio di epidemiologia che, anche recentemente, ha pubblicato sul proprio sito una analisi dello stato della situazione sanitaria della popolazione della provincia di Lecco, con anche uno spaccato per singolo Comune. Informazioni preziose per qualsiasi attività programmatoria. Purtroppo, tutto questo è poco conosciuto e, soprattutto poco utilizzato. Il rischio dietro l’angolo è fare programmazione guardando più le situazioni contingenti interne della propria organizzazione che i bisogni esterni a cui dare risposta.
Considerare quindi il Territorio (che poi è un insieme di Comunità) come un luogo che ha dinamiche proprie, dove agiscono professionisti, come i Medici di Famiglia che, anche se a fatica, danno una prima risposta ai bisogni ma che hanno l’impressione di venire oggi “poco valorizzati” da una impostazione forse troppo “ospedalocentrica” quando, l’esperienza ci insegna, che solo la convergenza e collaborazione paritaria tra tutti i soggetti, incluse le farmacie e il volontariato, permetterebbe di individuare le risposte più appropriate.
A questo riguardo la “casa come primo luogo di cura”, uno degli aspetti sottolineati dal PNRR, deve essere declinato verso una popolazione allargata nei diversi aspetti: sanitario, sociale, assistenziale. E questo richiede una facilità di collaborazione tra i diversi soggetti coinvolti che oggi si fa fatica a intravedere
I bisogni di salute ormai nella maggior parte dei casi si intrecciano con il sociale, peraltro già di competenza dei Comuni. Sarebbe quindi utile dare una struttura ed incentivare l’interazione tra chi ha ruoli sanitari ed i bracci operativi sociali dei Comuni (Ambito, Uffici di Piano, assessorati) in quanto i due elementi, sociale e sanitario, sono oggi interconnessi e concatenati.
Sarebbe anche utile che queste sfide potessero essere supportate da elementi di innovazione tecnologica oggi disponibili (televisita, telemonitoraggio, etc.) che oggi, al di là di esperienze sporadiche, non sono ancora strumenti di sistema.
La Provincia di Lecco è sempre stata considerata da Regione Lombardia come un “luogo di sperimentazione di soluzioni innovative”. In questo periodo si ha l’impressione che questa caratteristica stia venendo meno.
Le difficoltà in cui si dibatte il nostro sistema sanitario (SSN) sono sotto gli occhi di tutti e sappiamo che il pubblico fa fatica a reggere le sfide che ha davanti. Il privato può essere un prezioso alleato e non va demonizzato ma sta nel ruolo di ogni amministratore della cosa pubblica difendere e tutelare chi ha meno possibilità e ha nelle strutture pubbliche e nel sistema pubblico l’unico e obbligato riferimento.
La prossima stesura dei “Piani di sviluppo del Polo Territoriale” e dei “Piani di zona” sarà un banco di prova per capire l’impostazione che la nostra ASST ed i Distretti vorranno dare a questa necessità di collaborazione e coprogettazione con tutti gli attori del sistema.
 È importante che i Sindaci facciano un passo in avanti in questo percorso che hanno intrapreso, perché oggi più che mai devono essere i bisogni e le necessità di salute a governare i cambiamenti organizzativi e strutturali. Bisogni che sappiamo essere in aumento sia quantitativamente che qualitativamente. Basti pensare all’incremento della popolazione anziana e cosa questo comporta in termini non solo di assistenza ma di iniziative di prevenzione e di supporto.
C’è necessità di dare concretezza al concetto di una “Comunità che si prende cura di sé stessa”: un traguardo da perseguire dove l’Ospedale è un pezzo della Comunità (e non viceversa) e dove ogni attore della salute ricopre un compito ed un tassello in relazione con l’altro.
E tutto questo è a maggior ragione valido nel territorio della provincia di Lecco che, pur con le diversità da zona a zona, ha come caratteristica culturale comune l’attenzione alla propria “comunità”, alla propria gente.
E di questo “tesoro” i Sindaci sono stati delegati dai propri cittadini ad esserne i custodi. 
Marco Magri - Medico
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