Mandic: i sindaci incontrano il DG sul caso della morte fetale. Protocollo rispettato, il PS ha operato da "manuale"
“Nel grande dolore di questa vicenda, il Pronto soccorso del Mandic si è dimostrato capace di affrontare le emergenze per le competenze e il ruolo che possiede. L'interazione tra i due presidi è stata da manuale”. Il direttore generale Marco Trivelli ha concluso così l'incontro con la stampa che ha fatto seguito alla riunione avuta con i sindaci delle conferenze del meratese e casatese unitamente alla direttrice sanitaria Alessandra Grappiolo, al direttore dell'unità complessa di ostetricia e ginecologia dottor Antonio Pellegrino, al direttore del dipartimento materno infantile dottor Roberto Bellù e al direttore del pronto soccorso di Merate dottor Giovanni Buonocore.
Oltre due ore di un incontro chiesto dagli amministratori, a seguito della morte fetale avvenuta il 19 agosto scorso di una bambina nel grembo di una mamma alla 34^ settimana di gravidanza, per comprendere l'adeguatezza del presidio in tali emergenze.
A ripercorrere i fatti è stato il dottor Bellù.
Giunta autonomamente a Merate per una grave emorragia, la signora è stata caricata in ambulanza e trasferita a Lecco, dove c'è “un punto nascite di adeguato livello per far fronte a una situazione che in quel momento non rappresentava un rischio acuto di vita per la donna. La signora è stata gestita dai colleghi del PS con la valutazione di una trasportabilità verso un altro centro”.
In pochi minuti è stata vista ed è stato allertato il sistema di trasporto dedicato, per trasferirla al presidio di riferimento per affrontare questo tipo di situazione classificata da codice giallo.
L'arrivo al PS di Lecco ha evidenziato, attraverso una diagnosi di morte intrauterina fetale che la bambina era già deceduta.
Tra l'arrivo della donna a Merate e l'invio a Lecco, i colleghi del PS hanno attivato uno degli altri aspetti della procedura e cioè la comunicazione con il centro di Lecco dove, quando la paziente è arrivata, ha trovato la sala operatoria pronta per far fronte a una potenziale situazione di emergenza.
Il dottor Bellù ha sottolineato più volte la rapidità dei tempi e ha ribadito come “i colleghi di Merate abbiano operato con la presunzione che la bambina fosse ancora viva, con il massimo dell'allertamento. C'era da pensare al doppio esito, della donna e del bambino. È stato fatto tutto in modo tale da salvaguardare la sicurezza del bambino e della donna”.
La diagnosi di mancanza di battito fatta a Lecco risulta però impossibile da collocare temporalmente: difficile dire da quanto il feto fosse morto, se già lo fosse prima dell'arrivo al Mandic (“probabile – possibile” ha detto il dottor Bellù).
L'urgenza si è così spostata sulla donna, per via del sospetto clinico di distacco passivo di placenta, poi rivelatosi esatto con sanguinamento interno e non esterno. Sono state messe in atto una serie di procedure per poter salvarle sia la vita che la fertilità. E così è stato e dopo tre giorni ci sono state le dimissioni.
“Il rispetto della procedura è stato assoluto, in una maniera esemplare. Auspichiamo che tutte le prossime volte questa procedura venga applicata così perchè, nonostante l'esito del caso in questione, è quella che garantirà una sicurezza dei prossimi pazienti. Non sono autore ma approvatore di quella procedura ma mi sento di ringraziare chi l'ha stesa perchè garantisce il massimo della sicurezza che si può avere in condizioni di questo tipo. Alternative a questo non ce ne sono. Alcune delle cose sentite non sarebbero state migliorative: la donna avrebbe potuto essere sottoposta a delle pratiche improprie che avrebbero potuto comportare un rischio anche per lei. La scelta dell'ospedale di riferimento è una cosa importante e fare altre scelte probabilmente avrebbe messo a rischio la situazione della donna senza portare a casa nulla in termini di risultato per il bambino”.
A riprendere la parola il direttore generale Trivelli. “Il compito del Pronto Soccorso è gestire al meglio il paziente che si autopresenta. Merate si è mosso bene. Può gestire in autonomia la grandissima maggioranza degli accessi. Ma ci sono dei casi dove si deve trasferire in centri specialistici per sicurezza. Non si tratta di debolezza ma di un segnale di capacità e buon funzionamento. I nostri trasferimenti sono meno del 2% ma questo tipo di casi gravissimi lo si tratta solo nei centri di riferimento che per noi sono Lecco e Monza. L'interazione tra i due presidi è stata da manuale e ha seguito perfettamente le regole. Manifestando grande dolore e vicinanza alla famiglia, Merate si è rivelato un pronto soccorso capace di affrontare l'emergenza per le competenze e il ruolo che ha”.
La chiusura è andata al sindaco di Merate Mattia Salvioni che, a nome di tutti i colleghi, si è detto soddisfatto per la disponibilità e l'apertura mostrata dall'ASST, nell'ottica di un percorso con un dialogo proficuo e chiaro per guardare a quello che sarà l'ospedale del futuro.
Oltre due ore di un incontro chiesto dagli amministratori, a seguito della morte fetale avvenuta il 19 agosto scorso di una bambina nel grembo di una mamma alla 34^ settimana di gravidanza, per comprendere l'adeguatezza del presidio in tali emergenze.
A ripercorrere i fatti è stato il dottor Bellù.
Giunta autonomamente a Merate per una grave emorragia, la signora è stata caricata in ambulanza e trasferita a Lecco, dove c'è “un punto nascite di adeguato livello per far fronte a una situazione che in quel momento non rappresentava un rischio acuto di vita per la donna. La signora è stata gestita dai colleghi del PS con la valutazione di una trasportabilità verso un altro centro”.
In pochi minuti è stata vista ed è stato allertato il sistema di trasporto dedicato, per trasferirla al presidio di riferimento per affrontare questo tipo di situazione classificata da codice giallo.
L'arrivo al PS di Lecco ha evidenziato, attraverso una diagnosi di morte intrauterina fetale che la bambina era già deceduta.
Tra l'arrivo della donna a Merate e l'invio a Lecco, i colleghi del PS hanno attivato uno degli altri aspetti della procedura e cioè la comunicazione con il centro di Lecco dove, quando la paziente è arrivata, ha trovato la sala operatoria pronta per far fronte a una potenziale situazione di emergenza.
Il dottor Bellù ha sottolineato più volte la rapidità dei tempi e ha ribadito come “i colleghi di Merate abbiano operato con la presunzione che la bambina fosse ancora viva, con il massimo dell'allertamento. C'era da pensare al doppio esito, della donna e del bambino. È stato fatto tutto in modo tale da salvaguardare la sicurezza del bambino e della donna”.
La diagnosi di mancanza di battito fatta a Lecco risulta però impossibile da collocare temporalmente: difficile dire da quanto il feto fosse morto, se già lo fosse prima dell'arrivo al Mandic (“probabile – possibile” ha detto il dottor Bellù).
L'urgenza si è così spostata sulla donna, per via del sospetto clinico di distacco passivo di placenta, poi rivelatosi esatto con sanguinamento interno e non esterno. Sono state messe in atto una serie di procedure per poter salvarle sia la vita che la fertilità. E così è stato e dopo tre giorni ci sono state le dimissioni.
“Il rispetto della procedura è stato assoluto, in una maniera esemplare. Auspichiamo che tutte le prossime volte questa procedura venga applicata così perchè, nonostante l'esito del caso in questione, è quella che garantirà una sicurezza dei prossimi pazienti. Non sono autore ma approvatore di quella procedura ma mi sento di ringraziare chi l'ha stesa perchè garantisce il massimo della sicurezza che si può avere in condizioni di questo tipo. Alternative a questo non ce ne sono. Alcune delle cose sentite non sarebbero state migliorative: la donna avrebbe potuto essere sottoposta a delle pratiche improprie che avrebbero potuto comportare un rischio anche per lei. La scelta dell'ospedale di riferimento è una cosa importante e fare altre scelte probabilmente avrebbe messo a rischio la situazione della donna senza portare a casa nulla in termini di risultato per il bambino”.
A riprendere la parola il direttore generale Trivelli. “Il compito del Pronto Soccorso è gestire al meglio il paziente che si autopresenta. Merate si è mosso bene. Può gestire in autonomia la grandissima maggioranza degli accessi. Ma ci sono dei casi dove si deve trasferire in centri specialistici per sicurezza. Non si tratta di debolezza ma di un segnale di capacità e buon funzionamento. I nostri trasferimenti sono meno del 2% ma questo tipo di casi gravissimi lo si tratta solo nei centri di riferimento che per noi sono Lecco e Monza. L'interazione tra i due presidi è stata da manuale e ha seguito perfettamente le regole. Manifestando grande dolore e vicinanza alla famiglia, Merate si è rivelato un pronto soccorso capace di affrontare l'emergenza per le competenze e il ruolo che ha”.
La chiusura è andata al sindaco di Merate Mattia Salvioni che, a nome di tutti i colleghi, si è detto soddisfatto per la disponibilità e l'apertura mostrata dall'ASST, nell'ottica di un percorso con un dialogo proficuo e chiaro per guardare a quello che sarà l'ospedale del futuro.
S.V.