Io ex carabiniere, ricordo: a Carlo Giuliani un'Aula, a Mario Placanica l'oblio

Gentile direttore,
nel mio scorrere di quotidiani cartacei e online, mi sono imbattuto, in un contributo di un Suo lettore, “Carlo Giuliani, un ragazzo di 23 anni” di sabato 20 luglio, al quale vorrei raccontare l’altra faccia della medesima medaglia.
Ci tengo a precisare che una morte, soprattutto di un ragazzo così giovane è da considerarsi senza alcun dubbio un dramma, è una vita preziosa che va in fumo, per il quale esprimo imperitura umana pietà. Riconosco con gratitudine le lotte fatte, da uomini e donne, accennate nell’articolo, che ci hanno preceduto nella storia e che grazie ai loro sacrifici, ora possiamo vivere in una democrazia pacifica, grazie alla quale i cambiamenti possono essere portati avanti, senza necessariamente imbracciare le armi.
Devo però, assolutamente, biasimare, il suo lettore, quando si riferisce alla morte di Giuliani, come assassinio, perché l’evento ricostruito dai fatti oggettivi e giuridici, hanno riconosciuto il giovane carabiniere Mario Placanica, nella condizione di poter scegliere, diversamente dai fatti appellandosi alla legittima difesa, di non sparare e di perdere la propria vita e del collega che ha difeso, o forse nella migliore delle ipotesi rimanere invalido per il resto della propria vita. Pertanto occorre sottolineare che in relazione al fatto, il carabiniere Mario Placanica è stato prosciolto dalla giustizia italiana e da quella europea avendo agito per legittima difesa contro Giuliani che, a volto coperto, tentava di colpirlo con un estintore. Al fine di comprendere l’accaduto occorre però ricordare il contesto, di “guerra civile” di quei giorni, in cui il fatto specifico viene circoscritto.
Alcune riflessioni legate ai miei vent'anni e al mio servizio militare nell'Arma dei Carabinieri prestato in un battaglione mobile, il VI Btg “Toscana” a Firenze e che per pochi mesi, non mi ha visto inviato, con i colleghi di allora, al G8 di Genova. Ricordo ancora, lo stato emotivo che ci pervadeva, durante i servizi di ordine pubblico, dove in certe situazioni, la pressione del sangue la senti nella testa che ti fischia nel casco, attento agli ordini dei superiori per non ritrovarti da solo o per non lasciare solo il collega e sei concentrato a parare colpi, perché chi ti è di fronte, vuole solo farti male, ed è così difficile capire che dietro alla tua divisa e alla sua rabbia, ci sono esattamente due ragazzi.
I fatti, a Genova, hanno raccontato un vero inferno, c’erano cassonetti e macchine in fiamme, visi coperti e quelli scoperti era insanguinati. Immagino idealmente quanto ha spinto Placanica ad arruolarsi, magari proprio come me, quando a 11 anni, dopo aver visto una vecchia pellicola di, “Salvo D'Acquisto” del 1974 dove un giovane Massimo Ranieri interpretava il Vice brigadiere dei Carabinieri, ho detto a mia mamma: “da grande voglio diventare un carabiniere”, perché il senso di giustizia di sacrificio e di difesa delle persone, potesse essere tutto ciò che mi rappresentava, così come i ragazzi che erano in caserma con me o con Mario, alcuni dei quali ancora oggi carabinieri effettivi in servizio. Ed ecco però che alla storia è stato consegnato incredibilmente Carlo Giuliani a cui è stata intitolata l’aula del Senato, mentre la solitudine è stato il destino scelto per il giovane Mario Placanica.
Appare incredibile come oggi, con il senno del poi e con le sentenze emesse ancora possiamo non vedere l'oggettività delle cose.
Concludo ringraziando il suo lettore per l’occasione data di aver potuto esprimere il mio pensiero e a lei per lo spazio concesso.
Bianchini Enrico carabiniere in congedo
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