Sull'uso termini di genere femminile negli atti pubblici
Sembra uno scherzo di cattivo gusto: impedire l’utilizzo del genere femminile negli atti pubblici, multando con 5.000 euro l’utilizzo di parole come Sindaca, Rettrice, Avvocata, ecc. Invece nell’Italia della Presidente Meloni (che si fa chiamare Il Signor Presidente Giorgia Meloni, in barba a ogni regola della lingua italiana) questo divieto ha tragicamente trovato spazio in una vera e propria proposta di Legge, il cui primo firmatario è il Senatore leghista Manfredi Potenti.
Ci auguriamo che questa vergogna, di cui la stessa Lega ha già annunciato la marcia indietro, possa durare solo il tempo di una “barzelletta”. Vedremo.
Intanto, non possiamo tacere di fronte all’ennesimo triste episodio che fa riflettere su quanto sia ancora lunga e tortuosa nel nostro paese la strada verso la parità.
Pur di non riconoscere alle donne i ruoli che ricoprono all’interno della società e delle istituzioni, si nega anche la grammatica, che, come noto, prevede il maschile e il femminile. La stessa Accademia della Crusca, che evidentemente non conduce battaglie ideologiche, ha da tempo invitato a ricorrere alla declinazione femminile di professioni e cariche.
Quindi qual è l’obiettivo della proposta leghista? Affermare una mentalità misogina e cancellare attraverso il linguaggio le conquiste sociali, culturali e politiche che sono state fino ad oggi raggiunte dalle donne, alimentando la discriminazione di genere, gli stereotipi e le disparità?
Riteniamo che una società equa, rispettosa di tutti e tutte, passi anche dal linguaggio. Le parole non sono mai neutre, ma agiscono sul piano simbolico e sulla rappresentazione del mondo.
Raggiungere la parità e rompere il cosiddetto “soffitto di cristallo” è un obiettivo che vale tutto il nostro impegno e quello di tutti gli uomini che come noi si riconoscono in un mondo giusto, inclusivo, femminista, che metta al centro la cultura della pace e la cura delle persone e del pianeta.
Nessuna di noi tornerà indietro, il Senatore Potenti e la Lega se ne facciano una ragione.
Ci auguriamo che questa vergogna, di cui la stessa Lega ha già annunciato la marcia indietro, possa durare solo il tempo di una “barzelletta”. Vedremo.
Intanto, non possiamo tacere di fronte all’ennesimo triste episodio che fa riflettere su quanto sia ancora lunga e tortuosa nel nostro paese la strada verso la parità.
Pur di non riconoscere alle donne i ruoli che ricoprono all’interno della società e delle istituzioni, si nega anche la grammatica, che, come noto, prevede il maschile e il femminile. La stessa Accademia della Crusca, che evidentemente non conduce battaglie ideologiche, ha da tempo invitato a ricorrere alla declinazione femminile di professioni e cariche.
Quindi qual è l’obiettivo della proposta leghista? Affermare una mentalità misogina e cancellare attraverso il linguaggio le conquiste sociali, culturali e politiche che sono state fino ad oggi raggiunte dalle donne, alimentando la discriminazione di genere, gli stereotipi e le disparità?
Riteniamo che una società equa, rispettosa di tutti e tutte, passi anche dal linguaggio. Le parole non sono mai neutre, ma agiscono sul piano simbolico e sulla rappresentazione del mondo.
Raggiungere la parità e rompere il cosiddetto “soffitto di cristallo” è un obiettivo che vale tutto il nostro impegno e quello di tutti gli uomini che come noi si riconoscono in un mondo giusto, inclusivo, femminista, che metta al centro la cultura della pace e la cura delle persone e del pianeta.
Nessuna di noi tornerà indietro, il Senatore Potenti e la Lega se ne facciano una ragione.
La Conferenza delle Donne Democratiche della provincia di Lecco