Beverate: padre Antonio Formenti e Marta raccontano la loro missione tra gli ultimi della Colombia

Nella serata di venerdì 19 luglio padre Antonio Formenti ha fatto nuovamente visita alla comunità di Beverate, insieme alla nipote Marta Formenti, per raccontare le loro missioni in Colombia.
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Il religioso ha esordito ringraziando i numerosi presenti, che gli permettono di mantenere un legame con la sua terra natale. “Per noi che viviamo lontano è facile sentirsi stranieri una volta tornati nel proprio paese. La casa rimane un ricordo lontano mentre la comunità di missione diventa quella famigliare. È invece fondamentale tenere strette le proprie radici e le proprie origini, perché per me sono proprio i beveratesi a dare la forza per ripartire anche quando le energie mancano”. Il Padre negli ultimi 44 anni trascorsi nella frazione El Tablazo della capitale Bogotà, ha ricoperto diverse mansioni: direttore di istituzione, formatore, superiore, parroco e maestro, tutte per sostenere e infondere fede nella comunità, ma soprattutto nei bambini più in difficoltà, orfani e vittime di abusi e droghe.
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Ora si trova in un’istituzione di padri somaschi, chiamata “Hogar Familia San Jeronimo”, che partendo da 12 bambini vuole diventare un punto di riferimento per le famiglie bisognose. Una struttura completamente rinnovata che ospita i giovani dai 6 ai 18 anni per attività di dopo scuola, laboratori e lezioni per orientarli verso il mondo lavorativo e guadagnare autonomia. Informatica, meccanica, cucito e panetteria sono solo alcuni esempi di possibilità aperte ai ragazzi, che non solo imparano un mestiere in un ambiente sicuro, ma possono condividere momenti di gioco e svago con i coetanei, godendo di un’infanzia tranquilla in un paese dove la criminalità e il disagio sono all’ordine del giorno. Il sogno del missionario è quello di poter arrivare ad accogliere più di 100 bambini per poter offrir loro un futuro migliore. “Circa il 70% dei ragazzi che ospitiamo dopo i 18 anni non ricadono nelle situazioni pericolose dalle quali sono stati prelevati o non entrano nelle gang armate, bensì continuano i propri studi in università o trovano una prima occupazione”.
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Marta Formenti ha invece trascorso del tempo nel quartiere “Paraiso” di Bogotà, un luogo che di paradisiaco ha ben poco. Una zona a 3.000 metri dove la fondazione dei padri somaschi, dove la ragazza ha operato, si mostra come un’oasi serena tra un mare di baracche, povertà e conflitti. Un centro che forma sia i bambini che le donne capo famiglia, per aiutarle a guadagnare la propria indipendenza e l’accesso ad un ambito professionale. Marta ha mostrato un video in cui intervistava dipendenti ed ospiti del centro, per far conoscere le persone dietro al suo racconto. Una delle domande poste riguardava il significato per ognuno della parola felicità, concetto che per tutti è risultato legato a un genitore, a un famigliare o ad amici. Padre Antonio ha difatti sottolineato come la famiglia e gli affetti siano ciò che più influenzano la crescita di una persona. Proprio per questo motivo queste realtà non sradicano gli ospiti dalle loro case, al contrario, viene mantenuto un contatto costante per poter permettere ai giovani di riconoscere la loro situazione, dalla quale non possono scappare e nella quale devono vivere, cercando di essere dei cittadini migliori.
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Padre Antonio ha invitato i presenti a partire in missione per poter comprendere realmente la differenza che si può portare ad una popolazione in difficoltà. “Abbiamo bisogno di nuova linfa per poter continuare ad ingrandire i nostri centri, Marta ne è l’esempio, solo partendo si può capire la situazione disastrosa di queste persone e come con poco si possa infondere molta speranza”. Molti beveratesi stanno già aiutando il compaesano nel suo progetto, offrendo un contributo economico annuale che va a sostegno dell’educazione dei giovani dell’Hogar, ricevendo in cambio due volte all’anno una lettera di ringraziamento, che riflette la gratitudine e l’affetto che questi bambini provano per loro. Anche i padri somaschi sono drasticamente calati, dei 15 compagni partiti con Padre Antonio ne sono rimasti solo 4. Nonostante le difficoltà la voglia di fare è però tanta, portando avanti il messaggio dei somaschi: “Accogliere è aprire ed aprirsi, allargare le braccia, lo sguardo e il cuore”.
I.Bi.
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