Church pocket/20. Il Vaticano in subbuglio: la ribellione di Viganò
Nelle scorse settimane Mons. Carlo Maria Viganò è apparso sui quotidiani di tutto il mondo. Chi è questo prelato, di cui si è tanto letto e sentito, molto noto alle cronache vaticaniste?
Nato a Varese il 16 gennaio 1941, nel 1968 è ordinato presbitero dal vescovo Carlo Allorio per la diocesi di Pavia. Nel 1992 viene nominato Nunzio Apostolico(1) in Nigeria e dà li ha avvio la sua carriera nella diplomazia ecclesiastica. Nel 1998 torna in Italia per entrare nella Segreteria di Stato della Santa Sede)2). Nel 2009 viene trasferito all'ufficio di segretario del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano3().
Nel periodo del Governatorato, Mons. Viganò inizia a farsi notare per la sua propensione alle indagini su presunti appalti irregolari nella Chiesa, ma anche per la creazione di qualche debito. Possiamo dire che il vescovo era tanto bravo nella trasparenza dei procedimenti quanto poco capace nella gestione delle finanze, stando alle cronache, mai confermate da procedimenti e processi giudiziari canonici o vaticani a suo carico. Secondo li racconti, in alcuni documenti fatti uscire fuori dalla vicenda di “Vatileaks(4)”, l’operato di Viganò non era piaciuto a molti, tanto da indurre Benedetto XVI a rimuoverlo dal Governatorato per nominarlo Nunzio Apostolico negli Stati Uniti. Per quanto la sede della Nunziatura degli Stati Uniti (5) fosse di alta caratura, per Mons. Viganò è stata un promoveatur ut amoveatur, una locuzione latina molto in voga nella Chiesa: promuovere per rimuovere. Viganò vede questa nomina come un demansionamento. Voci di corridoio romane mi hanno riferito che all’epoca aspirava alla guida del Governatorato e non ad una nuova nunziatura. Dopo la decisione del trasferimento, Viganò scrive a Benedetto XVI per manifestare «profondo dolore e amarezza» per una decisione che sente come una punizione nei suoi confronti. L’incarico era comunque prestigioso e Viganò lo regge per cinque anni fino al pensionamento nel 2016. Intanto Roma vive il terremoto politico – ecclesiasticamente parlando – delle dimissioni di Papa Benedetto XVI e la salita al trono di Pietro di Papa Francesco. Questo cambio al vertice genera la frattura finale tra Viganò e la Santa Sede. Papa Francesco aveva deciso di nominare vari arcivescovi negli Stati Uniti, basandosi non sulla proposta del Nunzio Apostolico, come consuetudine canonica prevede, ma sui consigli del Cardinal McCarrick, Arcivescovo Emerito – cioè in pensione - metropolita di Washington. Il Cardinal McCarrick nel 2018 è protagonista di accuse circa abusi omosessuali sia su adulti sia su minori tanto che lo stesso Papa Francesco, per evitare l’imbarazzo di doverlo punire, lo costringe, in virtù della loro amicizia, a dimettersi da tutti gli incarichi cardinalizi e ha disposto la sua sospensione dall'esercizio di qualsiasi ministero pubblico, insieme all'obbligo di restare in una casa comunicata dalla Santa Sede stessa, per una vita di preghiera e di penitenza, fino a quando le accuse che gli vengono rivolte siano chiarite dal regolare processo canonico. Dopo un anno, Papa Francesco, sotto pressione dai mass media statunitensi e per non far scendere la sua popolarità, è costretto a infliggergli la scomunica e gli comunica la sua dimissione dallo stato clericale, ossia viene “spretato” con un procedimento giuridico, per la gioia di Mons. Viganò. Ma torniamo proprio al nostro Viganò.
Abbiamo capito che tra il Vescovo lombardo e il Papa c’era già della maretta. Il Papa della Misericordia non aspettava altro che un passo falso del Vescovo diplomatico per poterlo far fuori. E il passo falso è arrivato. Il presule, seppur protetto da vecchi amici in Vaticano, ha iniziato a sostenere l'illegittima elezione di Papa Francesco. Inoltre, negli ultimi mesi, addirittura, è trapelata una notizia - mai negata da Viganò nonostante la sua presenza mediatica - che riguarderebbe una sua non meglio precisata riconsacrazione episcopale ad opera di ambienti scismatici.
La voce che negli ambienti romani già girava da qualche mese è ora una notizia rilanciata da alcuni siti tradizionalisti: Monsignor Carlo Maria Viganò è stato ri-consacrato vescovo da monsignor Richard Williamson, il vescovo inglese ordinato illecitamente da Monsignor Marcel Lefebvre nel 1988.
Cari lettori,
qua la storia diventa davvero un disagio. Devo fare una digressione su Mons. Lefebvre ma cercherò di essere breve e chiaro.
Mons. Lefebvre è stato uno dei maggiori oppositori del Concilio Vaticano II, in particolare della liturgia della Celebrazione Eucaristica di Paolo VI, sostenendo che non fosse lecita e celebrando con il vecchio ordine di Pio V, la famosa “messa in latino”. Il rito di Pio V non è solo una messa in latino ma una ritualità diversa dal rito riformato di Paolo VI. Per mantenere viva la tradizione liturgica di Pio V e della tradizione della Chiesa, ha fondato nel 1970 la Fraternità sacerdotale “San Pio X”, una società di vita apostolica(6) tradizionalista cattolica. La rottura con la Chiesa di Roma fu graduale: Papa Giovanni Paolo II non voleva creare uno scisma, sostenuto dall’allora Cardinale Ratzinger. Nel 1988 ci fu una pace sancita da Lefebvre e il cardinale Ratzinger, che firmarono un protocollo d'intesa per l'utilizzo dei libri liturgici approvati nel 1962, prima di quelli di Paolo VI. Il Vescovo Lefebvre chiese ancora di più: la possibilità di ordinare vescovi. Giovanni Paolo II gli concesse di ordinare un solo vescovo per la festa dell’Assunzione del 15 agosto 1988. Lefebvre rispose che ne ordinerà non uno bensì quattro nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo, il 29 giugno. Il Papa chiese al Vescovo di non procedere con tale atto scismatico, di divisione dalla Chiesa Cattolica di Roma. Lefebvre ordinò lo stesso i quattro vescovi il 29 giugno, nonostante le preghiere di Ratzinger di non staccarsi dalla Chiesa. Di conseguenza, sia Lefebvre sia i vescovi da lui consacrati incorsero ipso facto – in quello stesso momento – nella scomunica latae sententiae, cioè una scomunica senza una sentenza, il cui ritiro è di competenza della Sede Apostolica. Ratzinger, una volta diventato Benedetto XVI, con il motu proprio Summorum Pontificum concede la celebrazione della messa tradizionale e il 24 gennaio 2009 rimuove la scomunica a Lefebvre, ormai morto, e ai quattro vescovi ordinati, seppur dichiarandone l’ordinazione valida ma non legittima. Con la fine del pontificato di Benedetto e l’avvento del modernismo di Francesco, cade tutto il lavoro di riconciliazione con le frange radicali della Chiesa Cattolica e quindi riparte la guerra alla Tradizione e la caccia alle streghe dei merletti e del latino. Con il motu proprio Traditionis custodes Francesco cancella il Summorum Pontificum, chiudendo completamente con quella parte di Chiesa. Questa mossa (falsa) del Papa ha generato tanti focolai di crisi nella Chiesa e quella di Viganò è solo mediaticamente la più rumorosa.
Di conseguenza, aderendo a questo tipo di Chiesa, Viganò si è scavato la fossa da solo.
Le esternazioni di Viganò credo siano senza dubbio sincere, ma con toni e contenuti che purtroppo mettono in luce quanto a questo punto si sia andati oltre una legittima “partigianeria” agli errori che oramai sono all’ordine del giorno nella Curia Romana, dal Papa al ex Sant’Uffizio stesso. E questo, nella tradizione della Chiesa, significa scisma, cioè separazione. Per quanto difficile da sostenere e difendere, Mons. Viganò è stato punto di riferimento di un certo tipo di ribellione anti-Francesco che ha visto nel ex nunzio un punto di riferimento.
È il dramma profondo che sta vivendo la Chiesa Cattolica, in particolar modo sotto questo cruento pontificato: una crisi provocata, pur partendo da ipotesi giustificabili, nell’illusione di anglicana memoria, di costruirsi una Chiesa a propria misura, un moderno Enrico VIII. Una tale strada è sempre fallimentare, come ci ricorda Papa Benedetto XVI nel 2019: «Cosa dobbiamo fare? Dobbiamo creare un’altra Chiesa affinché le cose possano aggiustarsi? Questo esperimento già è stato fatto ed è già fallito. Solo l’amore e l’obbedienza a nostro Signore Gesù Cristo possono indicarci la via giusta». E questo amore e obbedienza passa dal perseverare nella Verità dentro la Chiesa cattolica. Una critica, una resistenza partigiana è possibile solo all’interno della Chiesa, come San Francesco d’Assisi ha fatto: il Poverello di Assisi ha cambiato dall’interno una Chiesa arrugginita e legata sempre più alla sua dimensione temporale, una Chiesa, quella del Francescano, troppo “del mondo”. Quella di Francesco d’Assisi fu una rivoluzione dal basso, un movimento, figlio dello Spirito Santo, che è sempre rimasto sotto la sottana bianca della Chiesa di Roma, anche quando sembrava impossibile. La vera partigianeria cattolica a questo pontificato la si fa solo e soltanto dall’interno: tutto il resto è scisma. Al Viganò lascerei solo queste parole di consolazione: la tradizione attribuisce a Vincenzo da Lerino questa frase: «Alcuni papi Dio li dona, altri li tollera, altri ancora li infligge». Forse il Padreterno ci ha inflitto questo burrascoso pontificato per aver mal trattato un papa donatoci come Benedetto XVI? Non lo so, ce lo dirà la storia. Sono solo certo che il Sommo Pastore della Chiesa Cattolica resta sempre e soltanto Cristo. Lui non passa mai. Passa questo mondo, passano i papi, solo Cristo non passerà mai.
1 Il nunzio è una figura di diritto della Chiesa che serve per rappresentare la Santa Sede presso gli Stati. È a tutti gli effetti un ambasciatore.
2 È un organo di governo della Santa Sede simile a un ministero degli esteri poiché cura i rapporti con gli Stati e gli organismi internazionali.
3 Organo esecutivo dello Stato della Città del Vaticano. Piccola digressione per chi non conosce il Diritto Vaticano: La Santa Sede e lo Stato della Città del Vaticano sono due entità giudicamene distinte. La Santa Sede, o anche chiamata Sede Apostolica, è la sede episcopale di Roma e fa capo al Papa pro tempore. La Santa Sede ha la sovranità sullo Stato della Città del Vaticano, che è quindi strettamente il territorio a Roma e i territori su cui vige la “extraterritorialità”. La Santa Sede, stando al Trattato, ha “piena proprietà esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana”. Lo Stato della Città del Vaticano ha una funzione limitata, in particolare sostiene la Santa Sede. La Corte di Cassazione italiana ha definito la Santa Sede come l’insieme della rappresentanza della Chiesa Cattolica Universale e lo Stato della Città del Vaticano, anche questi ultimi considerati come due entità giuridiche diverse.
4 È il termine giornalistico con cui si descrive la fuga di notizie riservate o confidenziali dal Vaticano, la prima avvenuta sotto il Pontificato di Benedetto XVI nel 2012.
5 L’ambasciata della Santa Sede presso gli Stati Uniti d’America.
6 Le società di vita apostolica sono forme di comunità i cui membri, senza voti religiosi, perseguono il fine apostolico proprio della società e conducendo vita fraterna in comunità secondo un proprio stile, tendono alla perfezione della carità mediante l'osservanza delle costituzioni.
Nato a Varese il 16 gennaio 1941, nel 1968 è ordinato presbitero dal vescovo Carlo Allorio per la diocesi di Pavia. Nel 1992 viene nominato Nunzio Apostolico(1) in Nigeria e dà li ha avvio la sua carriera nella diplomazia ecclesiastica. Nel 1998 torna in Italia per entrare nella Segreteria di Stato della Santa Sede)2). Nel 2009 viene trasferito all'ufficio di segretario del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano3().
Nel periodo del Governatorato, Mons. Viganò inizia a farsi notare per la sua propensione alle indagini su presunti appalti irregolari nella Chiesa, ma anche per la creazione di qualche debito. Possiamo dire che il vescovo era tanto bravo nella trasparenza dei procedimenti quanto poco capace nella gestione delle finanze, stando alle cronache, mai confermate da procedimenti e processi giudiziari canonici o vaticani a suo carico. Secondo li racconti, in alcuni documenti fatti uscire fuori dalla vicenda di “Vatileaks(4)”, l’operato di Viganò non era piaciuto a molti, tanto da indurre Benedetto XVI a rimuoverlo dal Governatorato per nominarlo Nunzio Apostolico negli Stati Uniti. Per quanto la sede della Nunziatura degli Stati Uniti (5) fosse di alta caratura, per Mons. Viganò è stata un promoveatur ut amoveatur, una locuzione latina molto in voga nella Chiesa: promuovere per rimuovere. Viganò vede questa nomina come un demansionamento. Voci di corridoio romane mi hanno riferito che all’epoca aspirava alla guida del Governatorato e non ad una nuova nunziatura. Dopo la decisione del trasferimento, Viganò scrive a Benedetto XVI per manifestare «profondo dolore e amarezza» per una decisione che sente come una punizione nei suoi confronti. L’incarico era comunque prestigioso e Viganò lo regge per cinque anni fino al pensionamento nel 2016. Intanto Roma vive il terremoto politico – ecclesiasticamente parlando – delle dimissioni di Papa Benedetto XVI e la salita al trono di Pietro di Papa Francesco. Questo cambio al vertice genera la frattura finale tra Viganò e la Santa Sede. Papa Francesco aveva deciso di nominare vari arcivescovi negli Stati Uniti, basandosi non sulla proposta del Nunzio Apostolico, come consuetudine canonica prevede, ma sui consigli del Cardinal McCarrick, Arcivescovo Emerito – cioè in pensione - metropolita di Washington. Il Cardinal McCarrick nel 2018 è protagonista di accuse circa abusi omosessuali sia su adulti sia su minori tanto che lo stesso Papa Francesco, per evitare l’imbarazzo di doverlo punire, lo costringe, in virtù della loro amicizia, a dimettersi da tutti gli incarichi cardinalizi e ha disposto la sua sospensione dall'esercizio di qualsiasi ministero pubblico, insieme all'obbligo di restare in una casa comunicata dalla Santa Sede stessa, per una vita di preghiera e di penitenza, fino a quando le accuse che gli vengono rivolte siano chiarite dal regolare processo canonico. Dopo un anno, Papa Francesco, sotto pressione dai mass media statunitensi e per non far scendere la sua popolarità, è costretto a infliggergli la scomunica e gli comunica la sua dimissione dallo stato clericale, ossia viene “spretato” con un procedimento giuridico, per la gioia di Mons. Viganò. Ma torniamo proprio al nostro Viganò.
Abbiamo capito che tra il Vescovo lombardo e il Papa c’era già della maretta. Il Papa della Misericordia non aspettava altro che un passo falso del Vescovo diplomatico per poterlo far fuori. E il passo falso è arrivato. Il presule, seppur protetto da vecchi amici in Vaticano, ha iniziato a sostenere l'illegittima elezione di Papa Francesco. Inoltre, negli ultimi mesi, addirittura, è trapelata una notizia - mai negata da Viganò nonostante la sua presenza mediatica - che riguarderebbe una sua non meglio precisata riconsacrazione episcopale ad opera di ambienti scismatici.
La voce che negli ambienti romani già girava da qualche mese è ora una notizia rilanciata da alcuni siti tradizionalisti: Monsignor Carlo Maria Viganò è stato ri-consacrato vescovo da monsignor Richard Williamson, il vescovo inglese ordinato illecitamente da Monsignor Marcel Lefebvre nel 1988.
Cari lettori,
qua la storia diventa davvero un disagio. Devo fare una digressione su Mons. Lefebvre ma cercherò di essere breve e chiaro.
Mons. Lefebvre è stato uno dei maggiori oppositori del Concilio Vaticano II, in particolare della liturgia della Celebrazione Eucaristica di Paolo VI, sostenendo che non fosse lecita e celebrando con il vecchio ordine di Pio V, la famosa “messa in latino”. Il rito di Pio V non è solo una messa in latino ma una ritualità diversa dal rito riformato di Paolo VI. Per mantenere viva la tradizione liturgica di Pio V e della tradizione della Chiesa, ha fondato nel 1970 la Fraternità sacerdotale “San Pio X”, una società di vita apostolica(6) tradizionalista cattolica. La rottura con la Chiesa di Roma fu graduale: Papa Giovanni Paolo II non voleva creare uno scisma, sostenuto dall’allora Cardinale Ratzinger. Nel 1988 ci fu una pace sancita da Lefebvre e il cardinale Ratzinger, che firmarono un protocollo d'intesa per l'utilizzo dei libri liturgici approvati nel 1962, prima di quelli di Paolo VI. Il Vescovo Lefebvre chiese ancora di più: la possibilità di ordinare vescovi. Giovanni Paolo II gli concesse di ordinare un solo vescovo per la festa dell’Assunzione del 15 agosto 1988. Lefebvre rispose che ne ordinerà non uno bensì quattro nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo, il 29 giugno. Il Papa chiese al Vescovo di non procedere con tale atto scismatico, di divisione dalla Chiesa Cattolica di Roma. Lefebvre ordinò lo stesso i quattro vescovi il 29 giugno, nonostante le preghiere di Ratzinger di non staccarsi dalla Chiesa. Di conseguenza, sia Lefebvre sia i vescovi da lui consacrati incorsero ipso facto – in quello stesso momento – nella scomunica latae sententiae, cioè una scomunica senza una sentenza, il cui ritiro è di competenza della Sede Apostolica. Ratzinger, una volta diventato Benedetto XVI, con il motu proprio Summorum Pontificum concede la celebrazione della messa tradizionale e il 24 gennaio 2009 rimuove la scomunica a Lefebvre, ormai morto, e ai quattro vescovi ordinati, seppur dichiarandone l’ordinazione valida ma non legittima. Con la fine del pontificato di Benedetto e l’avvento del modernismo di Francesco, cade tutto il lavoro di riconciliazione con le frange radicali della Chiesa Cattolica e quindi riparte la guerra alla Tradizione e la caccia alle streghe dei merletti e del latino. Con il motu proprio Traditionis custodes Francesco cancella il Summorum Pontificum, chiudendo completamente con quella parte di Chiesa. Questa mossa (falsa) del Papa ha generato tanti focolai di crisi nella Chiesa e quella di Viganò è solo mediaticamente la più rumorosa.
Di conseguenza, aderendo a questo tipo di Chiesa, Viganò si è scavato la fossa da solo.
Le esternazioni di Viganò credo siano senza dubbio sincere, ma con toni e contenuti che purtroppo mettono in luce quanto a questo punto si sia andati oltre una legittima “partigianeria” agli errori che oramai sono all’ordine del giorno nella Curia Romana, dal Papa al ex Sant’Uffizio stesso. E questo, nella tradizione della Chiesa, significa scisma, cioè separazione. Per quanto difficile da sostenere e difendere, Mons. Viganò è stato punto di riferimento di un certo tipo di ribellione anti-Francesco che ha visto nel ex nunzio un punto di riferimento.
È il dramma profondo che sta vivendo la Chiesa Cattolica, in particolar modo sotto questo cruento pontificato: una crisi provocata, pur partendo da ipotesi giustificabili, nell’illusione di anglicana memoria, di costruirsi una Chiesa a propria misura, un moderno Enrico VIII. Una tale strada è sempre fallimentare, come ci ricorda Papa Benedetto XVI nel 2019: «Cosa dobbiamo fare? Dobbiamo creare un’altra Chiesa affinché le cose possano aggiustarsi? Questo esperimento già è stato fatto ed è già fallito. Solo l’amore e l’obbedienza a nostro Signore Gesù Cristo possono indicarci la via giusta». E questo amore e obbedienza passa dal perseverare nella Verità dentro la Chiesa cattolica. Una critica, una resistenza partigiana è possibile solo all’interno della Chiesa, come San Francesco d’Assisi ha fatto: il Poverello di Assisi ha cambiato dall’interno una Chiesa arrugginita e legata sempre più alla sua dimensione temporale, una Chiesa, quella del Francescano, troppo “del mondo”. Quella di Francesco d’Assisi fu una rivoluzione dal basso, un movimento, figlio dello Spirito Santo, che è sempre rimasto sotto la sottana bianca della Chiesa di Roma, anche quando sembrava impossibile. La vera partigianeria cattolica a questo pontificato la si fa solo e soltanto dall’interno: tutto il resto è scisma. Al Viganò lascerei solo queste parole di consolazione: la tradizione attribuisce a Vincenzo da Lerino questa frase: «Alcuni papi Dio li dona, altri li tollera, altri ancora li infligge». Forse il Padreterno ci ha inflitto questo burrascoso pontificato per aver mal trattato un papa donatoci come Benedetto XVI? Non lo so, ce lo dirà la storia. Sono solo certo che il Sommo Pastore della Chiesa Cattolica resta sempre e soltanto Cristo. Lui non passa mai. Passa questo mondo, passano i papi, solo Cristo non passerà mai.
1 Il nunzio è una figura di diritto della Chiesa che serve per rappresentare la Santa Sede presso gli Stati. È a tutti gli effetti un ambasciatore.
2 È un organo di governo della Santa Sede simile a un ministero degli esteri poiché cura i rapporti con gli Stati e gli organismi internazionali.
3 Organo esecutivo dello Stato della Città del Vaticano. Piccola digressione per chi non conosce il Diritto Vaticano: La Santa Sede e lo Stato della Città del Vaticano sono due entità giudicamene distinte. La Santa Sede, o anche chiamata Sede Apostolica, è la sede episcopale di Roma e fa capo al Papa pro tempore. La Santa Sede ha la sovranità sullo Stato della Città del Vaticano, che è quindi strettamente il territorio a Roma e i territori su cui vige la “extraterritorialità”. La Santa Sede, stando al Trattato, ha “piena proprietà esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana”. Lo Stato della Città del Vaticano ha una funzione limitata, in particolare sostiene la Santa Sede. La Corte di Cassazione italiana ha definito la Santa Sede come l’insieme della rappresentanza della Chiesa Cattolica Universale e lo Stato della Città del Vaticano, anche questi ultimi considerati come due entità giuridiche diverse.
4 È il termine giornalistico con cui si descrive la fuga di notizie riservate o confidenziali dal Vaticano, la prima avvenuta sotto il Pontificato di Benedetto XVI nel 2012.
5 L’ambasciata della Santa Sede presso gli Stati Uniti d’America.
6 Le società di vita apostolica sono forme di comunità i cui membri, senza voti religiosi, perseguono il fine apostolico proprio della società e conducendo vita fraterna in comunità secondo un proprio stile, tendono alla perfezione della carità mediante l'osservanza delle costituzioni.
Pietro Santoro, nato a Caserta il 29 dicembre 1990. Primo di tre figli, ho vissuto la mia infanzia e adolescenza alle pendici del Monte Tifata, tra San Tammaro, Santa Maria Capua Vetere e Capua, dove ho frequentato il Liceo Scientifico “L. Garofano”. Nel 2009 mi sono iscritto presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, la sez. San Luigi, conseguendo nel 2014 il Baccellerato in Sacra Teologia, con la valutazione di magna cum laude. Negli stessi anni ho frequentato il Pontificio Seminario Campano Interregionale di Posillipo, il Seminario Maggiore per le arcidiocesi e diocesi della Campania e del meridione d'Italia che ne hanno affidato la direzione alla Compagnia di Gesù (Gesuiti). È il luogo che la Chiesa Cattolica istituisce per la formazione del futuro clero diocesano. Ho frequentato la Pontifica Università della Santa Croce in Roma per la Licenza in Diritto Canonico. Vivo in Lombardia dal 4 novembre 2015 e a Osnago dal 2019. Ho insegnato Religione Cattolica dal 2015 al 2023 presso alcune scuole del meratese ma soprattutto presso la Scuola Primaria “G. Rodari” di Cernusco Lombardone, di cui sono stato Responsabile di Plesso dal 2018 al 2023.
Rubrica a cura di Pietro Santoro