Merate: diffamò l’ex sindaco Panzeri con un post su FB. Multa per Francesco Scorzelli




Francesco Scorzelli, dirigente sindacale USB, è stato condannato dal Tribunale di Lecco per diffamazione nei confronti dell'ormai ex sindaco di Merate Massimo Panzeri.

Una pena pecuniaria pari a 600 euro di multa (concessa la sospensione condizionale della pena e non menzione) e un risarcimento del danno non patrimoniale per 2500 euro, oltre al pagamento delle spese processuali proprie e per conto della costituita parte civile: è questa la sentenza pronunciata questa mattina dal giudice monocratico Gianluca Piantadosi.
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Massimo Panzeri e Francesco Scorzelli

La vicenda, come si ricorderà, risale temporalmente all'anno 2020 quando l'ex caposala del pronto soccorso aveva pubblicato, come da impianto accusatorio, due post sulla bacheca facebook a lui riconducibile per l’attività sindacale svolta.

Il primo la mattina del 7 marzo e con destinataria la giunta dell'allora sindaco Massimo Panzeri per i cui membri si ipotizzava la possibilità di un clistere con candeggina per guarire dal coronavirus, così come affermato dal presidente Trump.

Il secondo post, finito al centro del processo giudiziario, era indirizzato al sindaco alpino che, mentre infermieri e operatori sanitari quel giorno si apprestavano al cambio di turno in un ospedale, ridotto a un lazzaretto, bardati da capo a piedi, prendeva parte alla riapertura del supermercato di via Bergamo.

Per quel gesto, il post lo definiva un "coglione".

Nel corso della scorsa udienza il pubblico ministero aveva chiesto la condanna per il reato di diffamazione a quattro mesi, ritenendo provata la colpevolezza.

Colpevole lo ha ritenuto chiaramente anche l'avvocato di parte civile, Elena Barra, che nel corso della sua arringa ha fatto presente più volte come il post non sia mai stato rimosso nè l'imputato ne abbia mai preso le distanze. Importante l'impatto mediatico raggiunto dai post, vista anche la notorietà del sindaco Panzeri, e dunque impossibile parlare di un risarcimento simbolico.

Si è invece appellata alla Cassazione l'avvocato Stefania Scotto della difesa che ha ripreso dalla suprema Corte come il termine "coglione" inserito in un determinato contesto e indicante una persona sprovveduta e inesperta non sia da considerarsi offensivo.

Oltre a questo, secondo il difensore, mancava la prova che il post fosse stato realmente scritto dall'imputato e non da una delle tante persone che si occupavano di gestire la bacheca.

Il giudice Gianluca Piantadosi ha chiuso la vicenda di primo grado sentenziando la penale responsabilità di Scorzelli.
F.F.
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