L’ Autonomia che differenzia ancor più l’Italia

Dei 400 Deputati, 237 sono di Maggioranza (Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e Noi Moderati), 163 sono di Minoranza (Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra, Azione, Italia Viva e gruppo Misto). La votazione finale sulla Autonomia Differenziata, effettuata con il favore delle tenebre, ha visto 172 voti a favore e 99 contrari, per un totale di 271 votanti su 400. Sono mancati all’appello 129 Deputati, 65 della Maggioranza e 64 della Minoranza.

Appare evidente che, anche se fossero stati presenti tutti i Deputati della Minoranza, questa legge sarebbe comunque passata, ma su una riforma così dirimente per il futuro del Paese sarebbe stato opportuno che tutti i Deputati si fossero assunti le proprie responsabilità.  

Ora la Legge è al vaglio del Presidente della Repubblica per l’eventuale promulgazione e la successiva pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

L’Autonomia Differenziata rappresenta il riconoscimento, da parte dello Stato, della possibilità per una Regione a statuto ordinario di esercitare l’autonomia legislativa su materie di competenza concorrente rispetto a quella dello Stato. Oltre a queste competenze, le Regioni possono trattenere il gettito fiscale, che non verrebbe più redistribuito a livello nazionale in base alle necessità collettive.

La nuova normativa, peraltro molto complessa e di difficile comprensione, garantirebbe maggiori finanziamenti alle regioni del Nord, che dispongono di più risorse e hanno una spesa storica più alta, e minori finanziamenti a quelle del Sud, che dispongono di meno risorse e hanno una spesa storica più bassa. In questo modo, le disuguaglianze tra le due aree del paese si accentuerebbero ulteriormente.

Va ricordato che la porta all’Autonomia Differenziata è stata aperta, nel 2001, dalla frettolosa modifica del Titolo V effettuata dal Centrosinistra con una maggioranza risicata. Una revisione dettata da motivazioni partitiche e non da una lungimirante visione politica, seguita da continue modifiche approvate a colpi di maggioranza, in particolare quelle del 2005, 2016 e 2019. 

Le Revisioni Costituzionali dovrebbero avere, invece, la massima condivisione!

La nuova normativa prevede 23 materie di legislazione concorrente che saranno oggetto di trattativa fra Stato e Regioni per possibili trasferimenti di competenza. 

Perplessità suscitano alcune materie trasferibili che dovrebbero competere allo Stato nella sua unitarietà; ad esempio i rapporti internazionali ed il commercio con l’estero (ci sarebbero 20 staterelli impegnati su temi di politica internazionale con possibili interferenze e sovrapposizioni). Inoltre sarebbero devolute alle Regioni materie afferenti alla sanità, all’istruzione ed alla cultura che dovrebbero rivolgersi uniformemente a tutti i Cittadini, al di là della collocazione regionale; analogamente riguardo all’ ambiente, all’ energia, ai trasporti pubblici.

Al fine di salvaguardare la pari dignità sociale ed uguaglianza la Legge prevede i cosiddetti “Livelli essenziali delle prestazioni” (Lep) che dovrebbero garantire un minimo di diritti civili e sociali da tutelare uniformemente per tutti i Cittadini.

La definizione e la quantificazione dei Lep sono alquanto difficili per cui sono sottoposte all’esame di un’apposita “Cabina di regia”.

Autorevoli istituzioni, quali la Commissione Europea, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio e la Banca d’Italia, che sono state consultate dal Parlamento, hanno ritenuto probabile il rischio di un aumento del divario fra Regioni ricche e povere.

L’ ANPI si attiverà nella raccolta di almeno 500.000 firme per la richiesta di un Referendum abrogativo.




Nota a margine




Singolare il cambiamento della posizione politica di Fratelli d’Italia che, nel 2014, presentò una Proposta di Legge Costituzionale, da parte dei Deputati Edmondo Cirielli e Giorgia Meloni, dal titolo:

“Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, in materia di soppressione delle regioni e delle province e di costituzione di trentasei nuove regioni”.

Questa Proposta, su suggerimento della “Società geografica italiana” (?), prevedeva una riconfigurazione territoriale portando il numero delle Regioni da 20 a 36. Ad esempio, con una proposta strampalata, il territorio della Provincia di Lecco avrebbe fatto parte di una fantomatica Regione Insubria. 

La soppressione delle Province è stata evitata dall’esito del Referendum Costituzionale del 2016, ma la Legge Delrio (56/2014) le ha, comunque, depotenziate prevedendo, per Presidente e Consiglieri l’elezione indiretta, detta di secondo grado; ovvero i Cittadini non votano più per la Provincia.
ANPI Sezione Brianza Meratese
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