Mandic: festa per il 45° di ordinazione sacerdotale del cappellano don Biagio che celebra la sua 24.939^ Messa
Sul tableau che annunciava l'ordinazione dei nuovi sacerdoti, con tanto di fotografie e nomi, c'era scritta la frase: “Per dire all'uomo che Dio ha un volto”.
Un volto che per don Biagio Fumagalli da tanti anni a questa parte ha le rughe della sofferenza e del dolore, ma anche della gioia e della speranza che derivano dalla guarigione portata dalla medicina e dall'umanità di chi opera negli ospedali.
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Sabato pomeriggio nella cappella del san Leopoldo Mandic, gremita all'inverosimile tanto che in molti hanno dovuto assistere alla funzione rimanendo nell'atrio, è stata celebrata la Messa solenne in occasione del 45° di ordinazione sacra del sacerdote. Sull'altare, oltre al festeggiato, il prevosto di Merate don Luigi Peraboni, prossimo alla partenza, e il vicario episcopale don Gianni Cesena.
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Famigliari, amici, ex parrocchiani come quelli del coro di Rugginello che ha animato l'Eucaristia, ma anche medici, affezionati alla comunità ospedaliera, nonché il direttore generale dottor Marco Trivelli, il dottor Paolo Brusadelli e la vicesindaca Valeria Marinari. Presenze istituzionali queste ultime che da tanti anni non si vedevano più in ospedale e che non hanno mancato di far pensare (e sperare) a un nuovo corso.
Con l'umanità e la profondità che tutti gli riconoscono don Biagio ha ripercorso un po' di questi suoi 45 anni a servizio della Chiesa e, non senza suscitare stupore, ha confessato di stare celebrando la
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24939^ Messa dal giorno dell'ordinazione. Record che ha mosso anche un po' di invidia nel vicario che, con un breve calcolo, alla fine della Messa si è detto distante almeno 5mila lunghezze.
Rifacendosi al motto della sua “classe”, il cappellano del Mandic ha ricordato a se stesso e ai fedeli che “Dio usa le mia mani per aiutare, i miei piedi per incontrare, i miei occhi e i miei orecchi per scoprire i bisogni del prossimo, la mia bocca per incoraggiare” e si è soffermato poi su tre parole ritrovate nella liturgia.
La prima è Alleanza da vedersi come volontà di unire e di legare insieme e il cui fine ultimo deve essere la Pace.
La seconda parola è Fede quale riconoscimento del primato di Dio nella persona di Gesù che si è annientato per dire che l'amore è dono totale.
Infine il terzo vocabolo che è stato meritevole di una riflessione è “luce”, quale spinta che viene dal Vangelo. “Non sempre sono stato riflesso di questa Luce, ma sempre la mia vita personale ne è stata abbagliata”.
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Al termine della Messa gli auguri sono arrivati dai concelebranti e dalla comunità del Mandic che lo ha anche omaggiato di un dono. Chiusa la funzione religiosa, dopo le foto ricordo tutti si sono spostati nella mensa per un breve e conviviale rinfresco. ,
Un volto che per don Biagio Fumagalli da tanti anni a questa parte ha le rughe della sofferenza e del dolore, ma anche della gioia e della speranza che derivano dalla guarigione portata dalla medicina e dall'umanità di chi opera negli ospedali.
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Don Luigi, don Biagio e mons. Cesena
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Sabato pomeriggio nella cappella del san Leopoldo Mandic, gremita all'inverosimile tanto che in molti hanno dovuto assistere alla funzione rimanendo nell'atrio, è stata celebrata la Messa solenne in occasione del 45° di ordinazione sacra del sacerdote. Sull'altare, oltre al festeggiato, il prevosto di Merate don Luigi Peraboni, prossimo alla partenza, e il vicario episcopale don Gianni Cesena.
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Il dottor Brusadelli per la direzione medica. il DG Trivelli. la vicesindaca Valeria Marinari e alle spalle una rappresentanza di Aido
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Famigliari, amici, ex parrocchiani come quelli del coro di Rugginello che ha animato l'Eucaristia, ma anche medici, affezionati alla comunità ospedaliera, nonché il direttore generale dottor Marco Trivelli, il dottor Paolo Brusadelli e la vicesindaca Valeria Marinari. Presenze istituzionali queste ultime che da tanti anni non si vedevano più in ospedale e che non hanno mancato di far pensare (e sperare) a un nuovo corso.
Con l'umanità e la profondità che tutti gli riconoscono don Biagio ha ripercorso un po' di questi suoi 45 anni a servizio della Chiesa e, non senza suscitare stupore, ha confessato di stare celebrando la
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24939^ Messa dal giorno dell'ordinazione. Record che ha mosso anche un po' di invidia nel vicario che, con un breve calcolo, alla fine della Messa si è detto distante almeno 5mila lunghezze.
Rifacendosi al motto della sua “classe”, il cappellano del Mandic ha ricordato a se stesso e ai fedeli che “Dio usa le mia mani per aiutare, i miei piedi per incontrare, i miei occhi e i miei orecchi per scoprire i bisogni del prossimo, la mia bocca per incoraggiare” e si è soffermato poi su tre parole ritrovate nella liturgia.
La prima è Alleanza da vedersi come volontà di unire e di legare insieme e il cui fine ultimo deve essere la Pace.
La seconda parola è Fede quale riconoscimento del primato di Dio nella persona di Gesù che si è annientato per dire che l'amore è dono totale.
Infine il terzo vocabolo che è stato meritevole di una riflessione è “luce”, quale spinta che viene dal Vangelo. “Non sempre sono stato riflesso di questa Luce, ma sempre la mia vita personale ne è stata abbagliata”.
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Istituzioni
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Famigliari
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Coro
Al termine della Messa gli auguri sono arrivati dai concelebranti e dalla comunità del Mandic che lo ha anche omaggiato di un dono. Chiusa la funzione religiosa, dopo le foto ricordo tutti si sono spostati nella mensa per un breve e conviviale rinfresco. ,
S.V.