Verderio: Yara strappata alla vita a 5 anni dalla leucemia. Il ricordo della mamma. “Dopo la morte di un figlio si sopravvive”
Ci sono voluti 8 mesi a una dannata malattia, la leucemia, per strappare la piccola Yara alla vita. Ma nonostante l'aggressività e la crudeltà con cui il male si è abbattuto sulla bimba di nemmeno 6 anni e nonostante la brevità del suo passaggio su questa Terra, il tempo trascorso con famigliari e amici è stato così profondo che ancora oggi a distanza il suo ricordo è vivo e pulsante.E per fare memoria di una delle caratteristiche della bimba, l'istinto di protezione che aveva nei confronti dei più deboli, in sua memoria da cinque anni viene organizzato a Paderno, durante l'estate, un torneo di volley i cui proventi vanno a sostenere le attività di ricerca e tutto quanto gravità attorno al Maria Letizia Verga di Monza, realtà che si occupa dei bambini malati e delle loro famiglie.
Così è stato anche quest'anno e come sempre tra i volontari che indossavano la maglietta col volto sorridente della loro piccola, c'erano anche i genitori di Yara, mamma Marinella e papà Marco.
Quinta figlia di una famiglia allargata, Yara era nata il 25 marzo del 2011. Circondata dall'affetto delle sorelle Gloria e Nicole e dei fratelli Alex e Paolo, la bimba viveva a Verderio.
Particolarmente grande e “fisicata” (come si direbbe nello slang giovanile) per la sua età, Yara era una esplosione di allegria e entusiasmo. Amava giocare come tutti i bambini e tra i suoi eroi c'era Frozen: vestiti, maschere, gadget costellavano le sue giornate di fantasia e storie.
Yara era ciò che legava tutta la famiglia: nessuno poteva fare a meno di un suo sorriso, di un abbraccio, di una coccola. E poi c'era quel suo istinto protettivo, quasi materno verso chi era in difficoltà, verso chi aveva bisogno. All'asilo Yara si prendeva a cuore chi restava indietro, chi non riusciva a portare a termine qualcosa. La sua sensibilità e dolcezza la portavano a occuparsi dell'amico in crisi, mettendo se stessa in secondo piano.
Un giorno di giugno i sintomi di un malessere che sembra essere tipico dei bambini con mal di pancia, stanchezza, male alle ossa e alle gambe ma che non vuole passare, spingono i genitori a portare la piccola in ospedale per un controllo più approfondito.
Al Mandic, però, i medici comprendono subito che la situazione è grave. La sottopongono a una serie di esami e contattano il Maria Letizia Verga di Monza.
Il 20 giugno 2016 è il giorno del primo ricovero di Yara. Ed è il giorno in cui le lancette della vita della sua famiglia iniziano a scandire un tempo diverso, fino a fermarsi qualche mese dopo.
“A Monza ci hanno detto che era leucemia. Hanno rifatto gli esami che erano già stati eseguiti a Merate e che avevano tratteggiato i primi timori. Purtroppo è arrivata la conferma” ha raccontato mamma Marinella “Yara dopo quel primo ricovero si può dire che sia sempre stata a casa, a parte una influenza a Natale e delle permanenze programmate in reparto. Sono stati otto mesi in cui la mia bimba è riuscita a vivere comunque circondata da tanto affetto e ne ha dato ancora di più. Si è dimostrata la bambina che già conoscevamo: protettiva e direi quasi materna verso i bimbi malati come lei ma che magari soffrivano di più o avevano delle difficoltà. Lei li abbracciava, li teneva stretti, li aiutava. Sorrideva, era sempre positiva”.
Otto mesi dove la bambina insegna tanto agli adulti e dimostra una forza che nessuno si sarebbe mai aspettato.
“I bambini non vivono la malattia come noi grandi” ha proseguito la mamma “Riescono a essere sempre gioiosi e pieni di speranza e fiducia, vivono bene ogni momento, non lo sprecano. In quelle settimane è stata Yara a darci la forza di affrontare il percorso della malattia. La sua forza è il testamento che ci ha lasciato e ogni anno torniamo per questo evento in sua memoria, per portare avanti quello che lei è stata negli anni, pochi ma intensi, che ha vissuto con noi”.Il 3 febbraio Yara viene ricoverata in ospedale per una febbre dopo una chemioterapia. E' l'inizio dei suoi ultimi giorni. Il suo fisico debilitato non è più in grado di smaltire le tossine e crolla. Il 23 febbraio 2017 Yara chiude gli occhi. Non aveva ancora compiuto sei anni.
“Alla morte di un figlio si sopravvive, non si vive più” ha risposto a domanda precisa mamma Marinella “La vita va avanti ma in un altro modo, si acquista una visione diversa di tutto e di tutti. Non ci sono più feste, ricorrenze, Natale, compleanni. Ogni cosa è segnata inesorabilmente dalla perdita di Yara. Non è più la stessa vita di prima”.
Così è stato anche quest'anno e come sempre tra i volontari che indossavano la maglietta col volto sorridente della loro piccola, c'erano anche i genitori di Yara, mamma Marinella e papà Marco.
Quinta figlia di una famiglia allargata, Yara era nata il 25 marzo del 2011. Circondata dall'affetto delle sorelle Gloria e Nicole e dei fratelli Alex e Paolo, la bimba viveva a Verderio.
Particolarmente grande e “fisicata” (come si direbbe nello slang giovanile) per la sua età, Yara era una esplosione di allegria e entusiasmo. Amava giocare come tutti i bambini e tra i suoi eroi c'era Frozen: vestiti, maschere, gadget costellavano le sue giornate di fantasia e storie.
Yara era ciò che legava tutta la famiglia: nessuno poteva fare a meno di un suo sorriso, di un abbraccio, di una coccola. E poi c'era quel suo istinto protettivo, quasi materno verso chi era in difficoltà, verso chi aveva bisogno. All'asilo Yara si prendeva a cuore chi restava indietro, chi non riusciva a portare a termine qualcosa. La sua sensibilità e dolcezza la portavano a occuparsi dell'amico in crisi, mettendo se stessa in secondo piano.
Un giorno di giugno i sintomi di un malessere che sembra essere tipico dei bambini con mal di pancia, stanchezza, male alle ossa e alle gambe ma che non vuole passare, spingono i genitori a portare la piccola in ospedale per un controllo più approfondito.
Al Mandic, però, i medici comprendono subito che la situazione è grave. La sottopongono a una serie di esami e contattano il Maria Letizia Verga di Monza.
Il 20 giugno 2016 è il giorno del primo ricovero di Yara. Ed è il giorno in cui le lancette della vita della sua famiglia iniziano a scandire un tempo diverso, fino a fermarsi qualche mese dopo.
“A Monza ci hanno detto che era leucemia. Hanno rifatto gli esami che erano già stati eseguiti a Merate e che avevano tratteggiato i primi timori. Purtroppo è arrivata la conferma” ha raccontato mamma Marinella “Yara dopo quel primo ricovero si può dire che sia sempre stata a casa, a parte una influenza a Natale e delle permanenze programmate in reparto. Sono stati otto mesi in cui la mia bimba è riuscita a vivere comunque circondata da tanto affetto e ne ha dato ancora di più. Si è dimostrata la bambina che già conoscevamo: protettiva e direi quasi materna verso i bimbi malati come lei ma che magari soffrivano di più o avevano delle difficoltà. Lei li abbracciava, li teneva stretti, li aiutava. Sorrideva, era sempre positiva”.
Otto mesi dove la bambina insegna tanto agli adulti e dimostra una forza che nessuno si sarebbe mai aspettato.
“I bambini non vivono la malattia come noi grandi” ha proseguito la mamma “Riescono a essere sempre gioiosi e pieni di speranza e fiducia, vivono bene ogni momento, non lo sprecano. In quelle settimane è stata Yara a darci la forza di affrontare il percorso della malattia. La sua forza è il testamento che ci ha lasciato e ogni anno torniamo per questo evento in sua memoria, per portare avanti quello che lei è stata negli anni, pochi ma intensi, che ha vissuto con noi”.Il 3 febbraio Yara viene ricoverata in ospedale per una febbre dopo una chemioterapia. E' l'inizio dei suoi ultimi giorni. Il suo fisico debilitato non è più in grado di smaltire le tossine e crolla. Il 23 febbraio 2017 Yara chiude gli occhi. Non aveva ancora compiuto sei anni.
“Alla morte di un figlio si sopravvive, non si vive più” ha risposto a domanda precisa mamma Marinella “La vita va avanti ma in un altro modo, si acquista una visione diversa di tutto e di tutti. Non ci sono più feste, ricorrenze, Natale, compleanni. Ogni cosa è segnata inesorabilmente dalla perdita di Yara. Non è più la stessa vita di prima”.
S.V.