Mandic: chiusura temporanea del reparto semi-intensiva Pneumologica Inrca. Grande preoccupazione dei pazienti

“Una certezza avevo nella mia vita: che in caso di emergenza sanitaria avrei portato i miei figli a Merate al reparto di acuzie respiratorie per malati neuromuscolari”.  Inizia così la lettera scritta dalla mamma di due ragazzi con distrofia muscolare nonappena appresa la notizia della chiusura del reparto semi-intensiva Pneumologica gestito dall’INRCA di Casatenovo all’Ospedale San Leopoldo Mandic di Merate. “Da oggi se mio figlio sta male devo solo sperare che il medico del pronto soccorso mi ascolti e non segua le ‘procedure standard’, ma quelle  ‘dell’emergency card per malati neuromuscolari’ di cui i miei figli hanno sempre una copia nella tasca della carrozzina. Devo sperare che capiscano che loro non riescono neanche a sollevare un dito per schiacciare il campanello per chiamare un’infermiera e che quindi non possono essere lasciati da soli”.
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Immagine di repertorio
La chiusura del reparto è stata comunicata nelle scorse ore dal direttore sanitario Riccardo Luzi con una lettera  a tutti i vertici e sarebbe da ricondursi a una “grave criticità di carenza di personale infermieristico venutasi a creare nel reparto di pneumologia per acuti e semi-intensiva Inrca”. In particolare avrebbero lasciato il reparto quattro infermieri. Da qui la decisione di “rimodulare temporaneamente il setting clinico assistenziale Inrca attestando la dotazione complessiva su 20 posti letto di pneumologia (solo acuti)”.

Si tratta dunque di una chiusura temporanea, ma al momento è difficile prevedere quanto durerà. Preoccupato del fatto il presidente dell’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare della provincia di Lecco, Gerolamo Fontana, che ha definito inaccettabile che vengano mandati in fumo così “anni di impegno professionale, sociosanitario, economico, per realizzare una struttura appropriata a prendere in carico le urgenze respiratorie dei nostri ragazzi affetti da Duchenne”. 

In attesa di risposte dalla direzione, il commendatore Fontana ha spiegato: “Si tratta di un centro di Eccellenza che è unico in Italia. Merate è un centro raggiungibile da cinque province in un’ora e mezza. Tutti i distrofici o tutti quelli che potrebbero avere una crisi di acuzia a Merate avrebbero trovato gente specializzata. Potrebbe essere facile la soluzione di fronte a questa chiusura, se c’è la volontà”. Il presidente UILDM, appreso della chiusura, ha anche informato tutti i sindaci del territorio. “Il Meratese corre dei rischi forti e questo non va bene”.

Lettera della mamma di due ragazzi con distrofia muscolare:

Una. Una certezza avevo nella mia vita: che in caso di emergenza sanitaria avrei portato i miei figli a Merate al reparto di acuzie respiratorie per malati neuromuscolari. 


Nella mia vita  quando senti il  primo colpo di tosse ti chiedi: basterà la macchina della tosse e massicce dosi di antibiotico per tenerlo a casa? O se vedi che i battiti cardiaci rallentano e accelerano peggio di un’auto in superstrada nell’ora di punta ti domandi: aspetto ancora tre minuti o chiamo il 118? Ma almeno una certezza l’avevo: che se avessimo avuto bisogno saremmo stati accolti (verbo usato non a caso perché quando tuo figlio sta letteralmente soffocando perché troppo debole o intasato per respirare e il tuo unico desiderio è di poterti letteralmente strappare i tuoi polmoni dal petto per darli a lui, vedere un medico conosciuto che ti dice “ora lasciatelo a noi” è ricominciare a ragionare) al reparto di semi-intensiva pneumologica gestito da INRCA di Casatenovo all’interno dell’ospedale Mantic di Merate.

Bene da oggi stop. Anche su quello mi devo più porre domande, avere dubbi, perplessità. Da oggi se mio figlio sta male devo solo sperare che il medico del pronto soccorso mi ascolti e non segua le “ procedure standard” ma quelle  “dell’emergency card per malati neuromuscolari” di cui i miei figli hanno sempre una copia nella tasca della carrozzina.

Devo sperare che capiscano che loro non riescono neanche a sollevare un dito per schiacciare il campanello per chiamare un’infermiera e che quindi non possono essere lasciati da soli. 

Devo sperare che il medico di turno abbia il tempo di leggersi le linee guida per questo tipo di pazienti e dia le istruzioni giuste a un personale che per caso abbia già avuto in cura un paziente simile e sappia come attuarle. 

Devo sperare che il tutto non succeda quando io o mio marito non ci siamo perché si, noi caregiver familiari abbiamo assurde pretese come quelle di poter andare dal dentista, o al lavoro o persino a mettersi in coda per qualche pratica amministrativa che non si può fare on line. 

Ma io sono stufa di sperare, pregare, dubitare, chiedere, implorare.. I miei figli, e tanti ammalati lombardi queste cose le avevano. Avevamo un posto dove andare, dove medici e infermieri li conoscevano se non per nome per “storia clinica”, dove sanno impostare correttamente i parMetri del respiratore e conoscono la consistenza del cibo da portargli, quali medicinali somministrargli e quali no. 

Ora quel posto non c’è più. A nulla sono valsi gli sforzi di 2 anni per trovare un primario esperto e volonteroso che potesse accettarli nel suo reparto, redigere accordi con Ats, trovare posti letto . Tempo perso.. per tutti: medici che invece avrebbero avuto più tempo per i loro pazienti, personale amministrativo che avrebbe potuto smaltire qualche altra pratica, associazioni dei malati che avrebbero potuto perseguire altri obiettivi, volontari e donatori che avrebbero potuto dedicarsi a qualcosa che non si fosse rivelato un fragile castello di carte. 

Tagli alle spese sanitarie. 

Non c’è abbastanza personale infermieristico e quindi malati e loro famigliari si sono visti sforbiciare speranze e certezze. 

Ricomincia il peregrinare, l’aggiornare la chiavetta con gli ultimi referti medici da tenersi sempre in borsa, pronta peraccompagnarci in non-si-sa-quale pronto soccorso. 

Io sono arrabbiata, delusa e amareggiata. I miei figli spaventati, preoccupati, ulteriormente appesantiti da questo nuovo fardello.
E.Ma.
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