Osnago: cammini in Europa e accessibilità. La storia e i sogni di Pietro Scidurlo
Si è parlato di accessibilità giovedì sera al cine-teatro “Sironi” di Osnago con Pietro Scidurlo, fondatore di Free Wheels Odv, associazione che dal 2012 aiuta tutte le persone a intraprendere esperienze di viaggio lento lungo gli itinerari della fede e della cultura in Europa. Classe 1978 e originario di Somma Lombardo, Pietro è paraplegico dalla nascita, ma vive facendo ciò che da sempre gli è stato negato: camminare.
Dopo aver trascorso il pomeriggio a Osnago dove ha incontrato i ragazzi e le ragazze dell’oratorio e ha risposto alle loro domande, la sera ha dialogato con la dottoressa Daiana Mazzalovo nel corso dell’incontro organizzato dalla parrocchia e dal Centro Culturale “Lazzati”, e patrocinato dal Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone.
L’incontro è iniziato con qualche minuto di ritardo poiché una gomma della carrozzina di Pietro si è bucata. Prontamente molte persone l’hanno però aiutato.
Pietro è partito col raccontare la sua esperienza riguardo a come viene vista la disabilità. “Nei bambini crea curiosità, oggi qui mi hanno fatto tante domande, erano assetati di sapere. Portare quella curiosità negli adulti sarebbe un grande valore” ha detto, spigando che vivere la disabilità negli anni Ottanta è stato diverso rispetto a viverla negli anni Duemila e nel 2024. “Ho sempre pensato che la mia più grande disabilità sia stata essere nato nel paese sbagliato. Sono passati decenni prima che la disabilità non fosse più vista come una malattia o comunque qualcosa di distante. Per me è stato difficile perché intanto la vita va avanti e tu cerchi di viverla come gli altri bambini”. Oggi fortunatamente le cose stanno cambiando e secondo Pietro le persone con una disabilità non sono viste come “diverse”, ma come persone con “bisogni diversi”.
Il fondatore di Free Wheels ha ammesso di non essere mai stato un grande credente, anzi, di essersi sentito arrabbiato poiché Dio non gli rispondeva, e la domanda che più gli batteva dentro era “perché?”. “La prima volta che mi hanno suggerito di fare il Cammino di Santiago ho detto di no, anche perché pensavo fosse una cosa religiosa” ha detto, spiegando che a parlargli del famoso cammino che attraversa il Nord della Spagna e culmina alla cattedrale di Santiago de Compostela dove giacciono le reliquie di San Giacomo il Maggiore, era stato un pellegrino di Usmate Velate che l’aveva recentemente compiuto. “Otto anni dopo invece sono partito per questa esperienza che mi ha cambiato la vita e mi ha riavvicinato alla fede”.
Lungo il cammino, dopo aver già compiuto più di 600 chilometri con la sua handbike, Pietro ha affrontato una salita di 21 chilometri sotto la pioggia. “In quel momento ho iniziato a pedalare, a piangere e pregare. Ho ripensato a tutte le scelte prese, a cosa sarebbe accaduto se ne avessi prese altre, ed è uscito tutto il veleno che avevo accumulato nella vita. Ho capito che potevo prenderlo e farci qualcosa con quel veleno e da lì è cambiato tutto”.
Pietro ha compiuto il Cammino di Santiago per la prima volta a 33 anni e nel 2012 ha fondato l’associazione Free Wheels. “Dopo il cammino mi sono promesso che la disabilità non sarebbe più stata un limite, ma un’opportunità”. Per lui è stata quella di offrire la possibilità a tante persone disabili di compiere esperienze simili. L’associazione infatti si occupa di rilievi e mappatura dei principali percorsi europei e di aiutare, insieme a un gruppo di volontari, persone con esigenze specifiche ad affrontare itinerari a piedi e in bicicletta.
Nel 2015 Pietro ha anche pubblicato la guida “Santiago per tutti”, scritta a quattro mani con Luciano Callegari ed edita da “Terre di mezzo”. Per realizzarla, nonostante la sua esperienza Pietro ha studiato esattamente cosa si intendesse per “accessibilità”. Si è trasferito per 80 giorni in Spagna e ha analizzato oltre 600 strutture lungo il cammino, gli ambulatori e i centri dialisi, per poter consigliare davvero il percorso più accessibile a tutti.
Anche la dottoressa Mazzalovo si occupa di accessibilità. Nel corso della serata ha lanciato un invito agli spettatori. “Quando siete in giro nei prossimi giorni, pensate veramente a quanti luoghi siano accessibili a tutti”. Pietro ha ricordato che quando si parla di accessibilità si pensa alla disabilità fisica, non a caso il simbolo che raffigura la disabilità è la carrozzina. “Quel simbolo risale al 1969. Le disabilità in realtà sono diverse”.
Ha infine rivelato che il suo sogno è che l’associazione Free Wheels non finisca con lui, ma che possa continuare a crescere ed essere supportata da sempre più persone. “Pretendere e offrire accessibilità è dignitoso per chi la riceve, ma anche per chi la offre” ha concluso.
Al termine dell’incontro Pietro ha risposto alle domande del pubblico, tra cui quella del presidente del Parco di Montevecchia, Marco Molgora, che ha chiesto qual è l’aspetto fondamentale dal punto di vista del sedime perché un cammino sia accessibile a tutti. Pietro ha spiegato che la mobilità ridotta è l’anello più debole in questo senso, per cui un sedime compatto è la cosa migliore. “Chi ha mobilità ridotta e decide di affrontare un cammino ne sceglie uno regolare, oppure ha un ausilio” ha spiegato. Lui per esempio aggancia un propulsore elettrico alla sua carrozzina. Questo aiuta, ma non sempre. La strada deve comunque non presentare più del 5/6% di pendenza. Pietro si è detto disposto a collaborare qualora il Parco desideri attrezzare un percorso accessibile a tutti al suo interno.
In chiusura l’ospite si è concesso al firma copie del suo libro “Per chi vuole non c’è destino”. Il ricavato dalla vendita del libro viene devoluto a Free Wheels.
Dopo aver trascorso il pomeriggio a Osnago dove ha incontrato i ragazzi e le ragazze dell’oratorio e ha risposto alle loro domande, la sera ha dialogato con la dottoressa Daiana Mazzalovo nel corso dell’incontro organizzato dalla parrocchia e dal Centro Culturale “Lazzati”, e patrocinato dal Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone.
L’incontro è iniziato con qualche minuto di ritardo poiché una gomma della carrozzina di Pietro si è bucata. Prontamente molte persone l’hanno però aiutato.
Pietro è partito col raccontare la sua esperienza riguardo a come viene vista la disabilità. “Nei bambini crea curiosità, oggi qui mi hanno fatto tante domande, erano assetati di sapere. Portare quella curiosità negli adulti sarebbe un grande valore” ha detto, spigando che vivere la disabilità negli anni Ottanta è stato diverso rispetto a viverla negli anni Duemila e nel 2024. “Ho sempre pensato che la mia più grande disabilità sia stata essere nato nel paese sbagliato. Sono passati decenni prima che la disabilità non fosse più vista come una malattia o comunque qualcosa di distante. Per me è stato difficile perché intanto la vita va avanti e tu cerchi di viverla come gli altri bambini”. Oggi fortunatamente le cose stanno cambiando e secondo Pietro le persone con una disabilità non sono viste come “diverse”, ma come persone con “bisogni diversi”.
Il fondatore di Free Wheels ha ammesso di non essere mai stato un grande credente, anzi, di essersi sentito arrabbiato poiché Dio non gli rispondeva, e la domanda che più gli batteva dentro era “perché?”. “La prima volta che mi hanno suggerito di fare il Cammino di Santiago ho detto di no, anche perché pensavo fosse una cosa religiosa” ha detto, spiegando che a parlargli del famoso cammino che attraversa il Nord della Spagna e culmina alla cattedrale di Santiago de Compostela dove giacciono le reliquie di San Giacomo il Maggiore, era stato un pellegrino di Usmate Velate che l’aveva recentemente compiuto. “Otto anni dopo invece sono partito per questa esperienza che mi ha cambiato la vita e mi ha riavvicinato alla fede”.
Lungo il cammino, dopo aver già compiuto più di 600 chilometri con la sua handbike, Pietro ha affrontato una salita di 21 chilometri sotto la pioggia. “In quel momento ho iniziato a pedalare, a piangere e pregare. Ho ripensato a tutte le scelte prese, a cosa sarebbe accaduto se ne avessi prese altre, ed è uscito tutto il veleno che avevo accumulato nella vita. Ho capito che potevo prenderlo e farci qualcosa con quel veleno e da lì è cambiato tutto”.
Pietro ha compiuto il Cammino di Santiago per la prima volta a 33 anni e nel 2012 ha fondato l’associazione Free Wheels. “Dopo il cammino mi sono promesso che la disabilità non sarebbe più stata un limite, ma un’opportunità”. Per lui è stata quella di offrire la possibilità a tante persone disabili di compiere esperienze simili. L’associazione infatti si occupa di rilievi e mappatura dei principali percorsi europei e di aiutare, insieme a un gruppo di volontari, persone con esigenze specifiche ad affrontare itinerari a piedi e in bicicletta.
Nel 2015 Pietro ha anche pubblicato la guida “Santiago per tutti”, scritta a quattro mani con Luciano Callegari ed edita da “Terre di mezzo”. Per realizzarla, nonostante la sua esperienza Pietro ha studiato esattamente cosa si intendesse per “accessibilità”. Si è trasferito per 80 giorni in Spagna e ha analizzato oltre 600 strutture lungo il cammino, gli ambulatori e i centri dialisi, per poter consigliare davvero il percorso più accessibile a tutti.
Anche la dottoressa Mazzalovo si occupa di accessibilità. Nel corso della serata ha lanciato un invito agli spettatori. “Quando siete in giro nei prossimi giorni, pensate veramente a quanti luoghi siano accessibili a tutti”. Pietro ha ricordato che quando si parla di accessibilità si pensa alla disabilità fisica, non a caso il simbolo che raffigura la disabilità è la carrozzina. “Quel simbolo risale al 1969. Le disabilità in realtà sono diverse”.
Ha infine rivelato che il suo sogno è che l’associazione Free Wheels non finisca con lui, ma che possa continuare a crescere ed essere supportata da sempre più persone. “Pretendere e offrire accessibilità è dignitoso per chi la riceve, ma anche per chi la offre” ha concluso.
Al termine dell’incontro Pietro ha risposto alle domande del pubblico, tra cui quella del presidente del Parco di Montevecchia, Marco Molgora, che ha chiesto qual è l’aspetto fondamentale dal punto di vista del sedime perché un cammino sia accessibile a tutti. Pietro ha spiegato che la mobilità ridotta è l’anello più debole in questo senso, per cui un sedime compatto è la cosa migliore. “Chi ha mobilità ridotta e decide di affrontare un cammino ne sceglie uno regolare, oppure ha un ausilio” ha spiegato. Lui per esempio aggancia un propulsore elettrico alla sua carrozzina. Questo aiuta, ma non sempre. La strada deve comunque non presentare più del 5/6% di pendenza. Pietro si è detto disposto a collaborare qualora il Parco desideri attrezzare un percorso accessibile a tutti al suo interno.
In chiusura l’ospite si è concesso al firma copie del suo libro “Per chi vuole non c’è destino”. Il ricavato dalla vendita del libro viene devoluto a Free Wheels.
E.Ma.