Paderno: Oliviero Picco presenta “Impronte tridimensionali”

Si è concluso nel pomeriggio di sabato 18 maggio con la presentazione di Oliviero Picco del suo libro “Impronte tridimensionali”, il primo ciclo di incontri con l’autore organizzato dall’Assessorato alla cultura e la biblioteca.
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La bibliotecaria Marta Fumagalli con l’autore Oliviero Picco

Un’opera nata da una “committenza polemica” di un’amica, ha spiegato l’autore, che di ritorno da una passeggiata per Paderno ha notato da una finestra aperta, la scena di una tavola imbandita senza alcun commensale. La donna ha dunque gettato la sfida a Picco di inventare una storia a partire da questa immagine, che da subito ha ispirato l’idea di un abbandono improvviso, la fuga di fronte a qualcosa di grave che ha spinto le persone riunitesi per il pasto a scappare.

Nel libro, la scomparsa di una donna è ciò che provoca questa improvvisa reazione, in una narrazione senza tempo delle indagini sul caso. Lo scrittore ha difatti rivelato che pur essendo partito da una storia ben lineare e strutturata, l’esigenza è stata poi quella di condizionare il tempo, uno dei privilegi e capacità dello scrittore. Con flashback e flashforward la trama si sviluppa su più piani, in un viaggio su una macchina del tempo che porta in diverse epoche e luoghi, tra Londra, Gerusalemme, Washington e tanti altri, alla scoperta di nuovi personaggi. Questi ultimi non vengono descritti fisicamente e psicologicamente, ma vengono costruiti pezzo per pezzo, per arrivare alla fine del libro a conoscerli a 360 gradi.
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Picco si è ispirato a diversi autori e testi nell’utilizzo di espedienti narrativi come ellissi e cliffhanger e per manipolare la sintassi. James Joyce con il flusso di coscienza nello “Ulysses”, i salti temporali di Thomas Mann in “La montagna incantata”, insieme a Fredric Brown e Beppe Fenoglio, hanno aiutato la costruzione di un romanzo dal genere non definito, un mix di thriller e fantascienza, che come una scatola cinese, ne contiene all’interno diversi altri. Una “messa in abisso” degli argomenti, come dice André Gide, per indicare la reduplicazione di una sequenza di eventi o la collocazione di una sequenza esemplare che condensi in sé il significato ultimo della vicenda in cui è collocata, in una fuga costante dalla realtà. 

L’autore ha paragonato il processo di scrittura alle tre fasi di volo, fondamentali per il successo di un testo: il decollo, che coincide con l’incipit, la fase di crociera, ovvero il raggiungimento del climax, per poi giungere con l’atterraggio al finale. Tre momenti che devono catturare e mantenere l’interesse del lettore fino all’ultima pagina. Il capitolo finale è stato intitolato “Armageddon”, non per significare solamente l’apocalisse, ma soprattutto l’ispirazione che deriva da una stesura drammatica, etica e verosimile degli eventi.
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Diversi sono i personaggi del racconto, tre sono però i principali che viaggiano nel tempo. Il primo è un centurione ispirato a quello di Cafarnao della Bibbia, che pur essendo un uomo abituato alla violenza vuole salvare il suo schiavo malato, sostituito nel romanzo dal figlio. La seconda figura è un lavoratore stagionale, che aiuta un pastore nelle transumanze, mentre il terzo è un medico giapponese di Hiroshima che sopravvive all'attacco nucleare del 1945. Le storie di questi individui completamente diversi si intrecceranno con quelle dei due investigatori del caso ed una scienziata, soggetti che l’autore ha invitato a scoprire tra le pagine della sua pubblicazione.
I.Bi.
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