La terribile lezione di Israele
Molti anni fa, in tempi antesignani rispetto all'attuale doverosa tendenza, avevo portato la mia famiglia ad Auschwitz.
Mi premeva che anche i miei figli più piccoli iniziassero a prendere coscienza di come la Shoah avesse rappresentato il punto più alto della disumanità prodotta dal nazismo e “come può l'uomo arrivare a far subire certi orrori al proprio fratello”.
Quella montagna di occhiali, di capelli, di denti d'oro strappati agli internati è ancora indelebilmente nelle nostre menti.
Come anche il tentativo di annientamento di un intero Popolo Ebraico, dopo varie persecuzioni storiche, principale destinatario della “soluzione finale” preparata cinicamente a tavolino dalle SS tedesche.
Oggi, pur con queste premesse a difesa di quel Popolo, come non essere, usando un eufemismo, perlomeno sconcertati da quanto la dirigenza Israeliana, e purtroppo dalla gran parte del popolo, sta similmente producendo nei confronti del Popolo Palestinese: si è arrivati dopo oltre 34000 morti di inermi civili, soprattutto donne e bambini, a programmare un'altra “soluzione finale”, quella dell'attacco a Rafah, l'unico rifugio rimasto per oltre un milione di Palestinesi.
Di fronte a quella che sembra prefigurarsi come una preordinata strage, ben oltre una pur comprensibile reazione all'inumano massacro del 7 ottobre subito da Israele, e alla riproposizione della sostanziale ignavia del consesso internazionale, a partire dal cosiddetto Occidente, le parole che meglio possono rendere la palese ingiustizia che (nel perdurare dell'assenza di una seria azione di contrasto) si potrebbe concretizzare, sono Vergogna e Ignominia.
Ma come è possibile per chi predica il doveroso primato del Diritto uguale per tutti giustificare nei fatti l'aberrante pianificata azione militare di Israele spacciandola come legittima difesa da un disumano terrorismo se poi essa stessa lo pratica contro migliaia di inermi civili?
Quello che rischia pericolosamente di passare nel terzo millennio è che il diritto della Forza soverchia la forza del Diritto. Con l'aggravante di un abuso della forza usata proprio da coloro che si dicono portatori del grado più alto di democrazia e civiltà. E, ancor peggio, col dubbio fondato che tutto ciò sia causato più da interessi personali di Netanyahu e la sua cricca che da ragioni collettive: una tragedia nella tragedia se messa in relazione all'apparente e scandalosa impotenza del resto del mondo.
Ma è mai possibile che nei confronti di una palese trasgressione umanitaria non ci sia neppure un accenno a sanzioni o reali misure punitive che per altri Paesi sarebbero invece scattate immediatamente? Due pesi e due misure?
Quale credibilità può avere un consesso internazionale che consente di fatto tutto ciò? E perché allora, se purtroppo vigesse di fatto - ancora nel terzo millennio - il primato della forza, non sarebbe giustificabile e forse addirittura, secondo una logica fuorviante, doveroso armarsi o riarmarsi da parte di ogni singola nazione? Sarebbe questo uno dei rischi maggiori: Se prevalesse questo criterio di legittimazione saremmo all'assurdo rovesciamento dei principi di una convivenza umana basata su diritti e doveri reciproci.
Ora gli Usa – udite, udite - minacciano di non fornire più armi se ci sarà l'attacco a Rafah ma ciò stesso non rappresenta la miglior dimostrazione che se realmente ci fosse la volontà di contrasto il conflitto cesserebbe?
E non è ormai sintomo di offuscamento delle menti se il pur doveroso interesse tutelativo per decine di ostaggi israeliani sembra dover contare più della vita di migliaia di inermi Palestinesi?
E le giuste proteste in particolare del mondo universitario, che coinvolge ormai vari Stati, perché si arriva a bollarle come estremismo filo-palestinese quando semmai si potrebbero definire come un moderato fronte filo-umanitario?
Non è che dietro contorsionismi giustificativi si sta smarrendo il comune senso di Umanità? Quell'Umanità a cui fa incessante appello, purtroppo sinora inascoltato, un Papa profetico come Francesco.
Ma se prevalesse quello che sembra ancora profilarsi in questi giorni una sola parola potrebbe rendere l'idea di questo generale asimmetrico impazzimento: IPOCRISIA!
Quello che più dispiace è che così facendo Israele si sta dimostrando come il peggior antisemita.
Quindi non ci rimane che sperare oltre che in un impegno effettivo del consesso internazionale, a partire dagli Usa ( e in una riforma dell'ONU che pure si sta giustamente battendo per una equa soluzione), nella ripresa di una forte resistenza interna in Israele che sappia ribaltare l'attuale intollerabile leadership. E ben venga, quantomeno in coerenza con quanto sancito per Putin, un mandato di cattura internazionale nei confronti dei vertici del governo israeliano.
Un certo don Lorenzo Milani sosteneva che in presenza di un ordine manifestatamente ingiusto delle autorità militari ( e l'attacco a Rafah non potrebbe che essere tale, visto peraltro che i vertici di Hamas non risiedono certamente lì) l'unica cosa da fare da parte dei sottoposti sarebbe quella di legarli saldamente e consegnarli alla Giustizia.
E un certo mons. Arnulfo Romero di fronte alla repressione nei confronti del proprio popolo salvadoregno aveva avuto il coraggio di sfidare apertamente, sacrificando la sua stessa vita, la prepotenza dei governanti: il non prenderne le distanze non potrebbe che farci diventare tutti complici!
Come sono certo che i deportati ad Auschwitz, se avessero potuto avere degna sepoltura, ora si starebbero rigirando sdegnati nella tomba.
Che il Signore illumini le menti di tutti gli uomini di buona volontà!
Mi premeva che anche i miei figli più piccoli iniziassero a prendere coscienza di come la Shoah avesse rappresentato il punto più alto della disumanità prodotta dal nazismo e “come può l'uomo arrivare a far subire certi orrori al proprio fratello”.
Quella montagna di occhiali, di capelli, di denti d'oro strappati agli internati è ancora indelebilmente nelle nostre menti.
Come anche il tentativo di annientamento di un intero Popolo Ebraico, dopo varie persecuzioni storiche, principale destinatario della “soluzione finale” preparata cinicamente a tavolino dalle SS tedesche.
Oggi, pur con queste premesse a difesa di quel Popolo, come non essere, usando un eufemismo, perlomeno sconcertati da quanto la dirigenza Israeliana, e purtroppo dalla gran parte del popolo, sta similmente producendo nei confronti del Popolo Palestinese: si è arrivati dopo oltre 34000 morti di inermi civili, soprattutto donne e bambini, a programmare un'altra “soluzione finale”, quella dell'attacco a Rafah, l'unico rifugio rimasto per oltre un milione di Palestinesi.
Di fronte a quella che sembra prefigurarsi come una preordinata strage, ben oltre una pur comprensibile reazione all'inumano massacro del 7 ottobre subito da Israele, e alla riproposizione della sostanziale ignavia del consesso internazionale, a partire dal cosiddetto Occidente, le parole che meglio possono rendere la palese ingiustizia che (nel perdurare dell'assenza di una seria azione di contrasto) si potrebbe concretizzare, sono Vergogna e Ignominia.
Ma come è possibile per chi predica il doveroso primato del Diritto uguale per tutti giustificare nei fatti l'aberrante pianificata azione militare di Israele spacciandola come legittima difesa da un disumano terrorismo se poi essa stessa lo pratica contro migliaia di inermi civili?
Quello che rischia pericolosamente di passare nel terzo millennio è che il diritto della Forza soverchia la forza del Diritto. Con l'aggravante di un abuso della forza usata proprio da coloro che si dicono portatori del grado più alto di democrazia e civiltà. E, ancor peggio, col dubbio fondato che tutto ciò sia causato più da interessi personali di Netanyahu e la sua cricca che da ragioni collettive: una tragedia nella tragedia se messa in relazione all'apparente e scandalosa impotenza del resto del mondo.
Ma è mai possibile che nei confronti di una palese trasgressione umanitaria non ci sia neppure un accenno a sanzioni o reali misure punitive che per altri Paesi sarebbero invece scattate immediatamente? Due pesi e due misure?
Quale credibilità può avere un consesso internazionale che consente di fatto tutto ciò? E perché allora, se purtroppo vigesse di fatto - ancora nel terzo millennio - il primato della forza, non sarebbe giustificabile e forse addirittura, secondo una logica fuorviante, doveroso armarsi o riarmarsi da parte di ogni singola nazione? Sarebbe questo uno dei rischi maggiori: Se prevalesse questo criterio di legittimazione saremmo all'assurdo rovesciamento dei principi di una convivenza umana basata su diritti e doveri reciproci.
Ora gli Usa – udite, udite - minacciano di non fornire più armi se ci sarà l'attacco a Rafah ma ciò stesso non rappresenta la miglior dimostrazione che se realmente ci fosse la volontà di contrasto il conflitto cesserebbe?
E non è ormai sintomo di offuscamento delle menti se il pur doveroso interesse tutelativo per decine di ostaggi israeliani sembra dover contare più della vita di migliaia di inermi Palestinesi?
E le giuste proteste in particolare del mondo universitario, che coinvolge ormai vari Stati, perché si arriva a bollarle come estremismo filo-palestinese quando semmai si potrebbero definire come un moderato fronte filo-umanitario?
Non è che dietro contorsionismi giustificativi si sta smarrendo il comune senso di Umanità? Quell'Umanità a cui fa incessante appello, purtroppo sinora inascoltato, un Papa profetico come Francesco.
Ma se prevalesse quello che sembra ancora profilarsi in questi giorni una sola parola potrebbe rendere l'idea di questo generale asimmetrico impazzimento: IPOCRISIA!
Quello che più dispiace è che così facendo Israele si sta dimostrando come il peggior antisemita.
Quindi non ci rimane che sperare oltre che in un impegno effettivo del consesso internazionale, a partire dagli Usa ( e in una riforma dell'ONU che pure si sta giustamente battendo per una equa soluzione), nella ripresa di una forte resistenza interna in Israele che sappia ribaltare l'attuale intollerabile leadership. E ben venga, quantomeno in coerenza con quanto sancito per Putin, un mandato di cattura internazionale nei confronti dei vertici del governo israeliano.
Un certo don Lorenzo Milani sosteneva che in presenza di un ordine manifestatamente ingiusto delle autorità militari ( e l'attacco a Rafah non potrebbe che essere tale, visto peraltro che i vertici di Hamas non risiedono certamente lì) l'unica cosa da fare da parte dei sottoposti sarebbe quella di legarli saldamente e consegnarli alla Giustizia.
E un certo mons. Arnulfo Romero di fronte alla repressione nei confronti del proprio popolo salvadoregno aveva avuto il coraggio di sfidare apertamente, sacrificando la sua stessa vita, la prepotenza dei governanti: il non prenderne le distanze non potrebbe che farci diventare tutti complici!
Come sono certo che i deportati ad Auschwitz, se avessero potuto avere degna sepoltura, ora si starebbero rigirando sdegnati nella tomba.
Che il Signore illumini le menti di tutti gli uomini di buona volontà!
Germano Bosisio