Disposto il carcere per i marocchini della rissa con machete a Olgiate; domiciliari per il camionista che ha sparato a Brivio
L’ultimo provvedimento, autorizzato dal Tribunale di Lecco, è stato eseguito una manciata di ore fa, a carico di un 33enne di Olginate resosi responsabile di una serie di condotte che avevano ingenerato apprensione in paese come nella vicina Valgreghentino, arrivando a rapinare... la propria tabaccaia di fiducia, facendosi consegnare dalla donna, sotto minaccia, una serie di Gratta e Vinci prima di defilarsi, senza nemmeno preoccuparsi di provare a indossare un cappellino o qualcosa per celare all’esercente la propria identità.
Per lui la Procura di Lecco ha chiesto (e ottenuto) la custodia in carcere, in riferimento per l’appunto alla rapina e a due precedenti episodi di tentato furto su auto, con finestrini mandati in frantumi per cercare di racimolare qualcosa nell’abitacolo, escludendo dal pacchetto presentato al giudice a sostegno della necessità di “restringere” il giovanotto, altre situazioni che lo hanno visto “protagonista”, tra cui l’incursione in chiesa, la vigilia di Natale, con un grosso catenaccio tra le mani con cui aveva... minacciato Gesù Bambino.
Ed in carcere sono stati tradotti – sempre negli ultimi giorni – pur essendo il fattaccio a loro ascritto risalente al 18 febbraio, due magrebini tacciati di rissa e porto d’arma, ritenuti dai Carabinieri della Compagna di Merate partecipi, con un altro connazionale, su cui pende la stessa ordinanza di custodia cautelare ma al momento irrintracciabile, del parapiglia scoppiato all’esterno della stazione ferroviaria di Olgiate. Quella sera, forse alla presenza di un altro soggetto ancora, i tre - tra i 37 e i 25 anni, uno solo regolare - si sarebbero affrontati a colpi di machete, ferendosi reciprocamente, tanto da necessitare poi di cure presso il pronto soccorso dell’Ospedale di Merate e di altri nosocomi bergamaschi, con prognosi tra i 30 e i 35 giorni. I referti medici, insieme ai filmati estratti dai sistemi di videosorveglianza, hanno così permesso di restringere il cerchio sui tre, per i quali il GIP ha autorizzato la traduzione in cella. Un ingresso in carcere non nuovo per due di loro, già destinatari nell’autunno scorso di altra ordinanza di custodia cautelare, all’esito dell’Operazione Lecco City, l’inchiesta della Squadra Mobile della Questura di Lecco che ha portato a eradicare un giro di spaccio nel capoluogo, documentando complessivamente qualcosa come 7.000 cessioni di stupefacente. Un “precedente” che lascia ipotizzare che l’aggressione di Olgiate sia riferibile a conti in sospeso o al controllo del territorio, come spiegato dal Procuratore Ezio Domenico Basso, soffermandosi anche sul fatto che, rimessi in libertà da poco, i due marocchini si siano subito macchiati di un altro reato. Evidentemente, ha sottolineato il magistrato, la prima misura non ha avuto alcun effetto deterrente. Portando dunque a reiterare con convinzione la richiesta in riferimento alle nuove accuse.
E il pugno duro, infine, è stato usato dalla Procura, anche nei confronti dell’autotrasportatore 59enne che lo scorso 15 marzo, a Brivio, ha sparato ad un collega romeno, ferendolo fortunatamente solo ad un braccio. L’uomo, un comasco incensurato, è stato nei giorni scorsi posto agli arresti domiciliari, come da disposizione del GIP del Tribunale di Lecco. Un provvedimento forte, pur essendo lo stesso, il giorno del fatto di sangue a lui addebitato, di fatto, tornato sui propri passi “consegnandosi” ai Carabinieri nel frattempo intervenuti presso la sede della ditta dove sia lui che il ferito lavoravano. Un provvedimento legato però alla contestazione dell’aggravante dei futili motivi: il 59enne avrebbe infatti estratto la pistola – una semiautomatica detenuta (da tempo, pare) illegalmente, non trovata in sede di perquisizione domiciliare – dopo l’ennesimo diverbio con il collega, per questioni banali del tipo “il tuo camion è più bello del mio”.
"Si tratta di tre episodi che, in ottica di valutazione singola e sganciata dal contesto hanno rilevanza limitata. Non sono accomunati da una unica matrice" ha puntualizzato il dottor Basso, lasciando al Capitano Giovanni Casamassima, alla testa della Compagnia di Merate, la descrizione delle tre vicende. "Li accomuna il territorio, ovvero la Brianza, che è critico per la sicurezza urbana" ha sostenuto, affiancato dal Comandante Provinciale dell'Arma Alessio Carparelli, ricordando come, proprio nei giorni scorsi, siano stati chiesti ben 10 anni di carcere per il presunto responsabile della sparatoria (con schianto finale) avvenuta nel febbraio 2023 a Bulciago, per sottolineare come singoli fatti di questa portata siano in grado di destare allarme sociale, contribuendo a generare un clima di insicurezza già acuito da un fenomeno ormai "storico e radicato" come quello dei furti. A inquietare, poi, anche il continuo susseguirsi di risse, anche per motivi banali, tra giovanotti che in un amen arrivano alle mani, "perché - ha detto il Procuratore - uno può trovarcisi in mezzo senza andarsela a cercare". Come - ha rimarcato - deve far riflettere la sparatoria sul posto di lavoro, ambiente dove simpatie e antipatie sono da mettere in conto, non l'estremizzazione arrivando ad un tal - irragionevole - comportamento.
Per lui la Procura di Lecco ha chiesto (e ottenuto) la custodia in carcere, in riferimento per l’appunto alla rapina e a due precedenti episodi di tentato furto su auto, con finestrini mandati in frantumi per cercare di racimolare qualcosa nell’abitacolo, escludendo dal pacchetto presentato al giudice a sostegno della necessità di “restringere” il giovanotto, altre situazioni che lo hanno visto “protagonista”, tra cui l’incursione in chiesa, la vigilia di Natale, con un grosso catenaccio tra le mani con cui aveva... minacciato Gesù Bambino.
Ed in carcere sono stati tradotti – sempre negli ultimi giorni – pur essendo il fattaccio a loro ascritto risalente al 18 febbraio, due magrebini tacciati di rissa e porto d’arma, ritenuti dai Carabinieri della Compagna di Merate partecipi, con un altro connazionale, su cui pende la stessa ordinanza di custodia cautelare ma al momento irrintracciabile, del parapiglia scoppiato all’esterno della stazione ferroviaria di Olgiate. Quella sera, forse alla presenza di un altro soggetto ancora, i tre - tra i 37 e i 25 anni, uno solo regolare - si sarebbero affrontati a colpi di machete, ferendosi reciprocamente, tanto da necessitare poi di cure presso il pronto soccorso dell’Ospedale di Merate e di altri nosocomi bergamaschi, con prognosi tra i 30 e i 35 giorni. I referti medici, insieme ai filmati estratti dai sistemi di videosorveglianza, hanno così permesso di restringere il cerchio sui tre, per i quali il GIP ha autorizzato la traduzione in cella. Un ingresso in carcere non nuovo per due di loro, già destinatari nell’autunno scorso di altra ordinanza di custodia cautelare, all’esito dell’Operazione Lecco City, l’inchiesta della Squadra Mobile della Questura di Lecco che ha portato a eradicare un giro di spaccio nel capoluogo, documentando complessivamente qualcosa come 7.000 cessioni di stupefacente. Un “precedente” che lascia ipotizzare che l’aggressione di Olgiate sia riferibile a conti in sospeso o al controllo del territorio, come spiegato dal Procuratore Ezio Domenico Basso, soffermandosi anche sul fatto che, rimessi in libertà da poco, i due marocchini si siano subito macchiati di un altro reato. Evidentemente, ha sottolineato il magistrato, la prima misura non ha avuto alcun effetto deterrente. Portando dunque a reiterare con convinzione la richiesta in riferimento alle nuove accuse.
E il pugno duro, infine, è stato usato dalla Procura, anche nei confronti dell’autotrasportatore 59enne che lo scorso 15 marzo, a Brivio, ha sparato ad un collega romeno, ferendolo fortunatamente solo ad un braccio. L’uomo, un comasco incensurato, è stato nei giorni scorsi posto agli arresti domiciliari, come da disposizione del GIP del Tribunale di Lecco. Un provvedimento forte, pur essendo lo stesso, il giorno del fatto di sangue a lui addebitato, di fatto, tornato sui propri passi “consegnandosi” ai Carabinieri nel frattempo intervenuti presso la sede della ditta dove sia lui che il ferito lavoravano. Un provvedimento legato però alla contestazione dell’aggravante dei futili motivi: il 59enne avrebbe infatti estratto la pistola – una semiautomatica detenuta (da tempo, pare) illegalmente, non trovata in sede di perquisizione domiciliare – dopo l’ennesimo diverbio con il collega, per questioni banali del tipo “il tuo camion è più bello del mio”.
"Si tratta di tre episodi che, in ottica di valutazione singola e sganciata dal contesto hanno rilevanza limitata. Non sono accomunati da una unica matrice" ha puntualizzato il dottor Basso, lasciando al Capitano Giovanni Casamassima, alla testa della Compagnia di Merate, la descrizione delle tre vicende. "Li accomuna il territorio, ovvero la Brianza, che è critico per la sicurezza urbana" ha sostenuto, affiancato dal Comandante Provinciale dell'Arma Alessio Carparelli, ricordando come, proprio nei giorni scorsi, siano stati chiesti ben 10 anni di carcere per il presunto responsabile della sparatoria (con schianto finale) avvenuta nel febbraio 2023 a Bulciago, per sottolineare come singoli fatti di questa portata siano in grado di destare allarme sociale, contribuendo a generare un clima di insicurezza già acuito da un fenomeno ormai "storico e radicato" come quello dei furti. A inquietare, poi, anche il continuo susseguirsi di risse, anche per motivi banali, tra giovanotti che in un amen arrivano alle mani, "perché - ha detto il Procuratore - uno può trovarcisi in mezzo senza andarsela a cercare". Come - ha rimarcato - deve far riflettere la sparatoria sul posto di lavoro, ambiente dove simpatie e antipatie sono da mettere in conto, non l'estremizzazione arrivando ad un tal - irragionevole - comportamento.
A.M.