Lomagna: la pandemia raccontata dai medici

Si è conclusa giovedì 11 aprile, con la serata "Per una Medicina Umana", la seconda edizione della rassegna "Lomagna Si-Cura" organizzata dal Comune e dalla Consulta politiche sociali.
Un incontro che ha visto protagonisti il dottor Vittorio Fontana, geriatra in servizio presso l'ospedale Bassini di Cinisello, il dottor Guido Nosari, psichiatra al Policlinico di Milano e il dottore di medicina generale Jakob Panzeri, tre degli autori del libro “Emozioni Virali”, un’opera curata della dottoressa Luisa Soldano che riunisce i racconti nati da un gruppo Facebook composto da 100.000 medici, creato allo scoppio dell’epidemia di Covid con lo scopo di scambiare informazioni professionali. Partendo dalle emozioni vissute durante la pandemia, gli esperti si sono interrogati e hanno dato risposta sul senso della medicina, della sanità e del vivere comune. Un’opera stesa a trentadue mani per delineare l’evoluzione di un lavoro di confronto online, della nascita di uno spazio libero dove esternare stati d’animo, il dolore, l’angoscia e la fatica, ma anche il coraggio e la forza.
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Lo psichiatra Guido Nosari, il geriatra Vittorio Fontana e il dottore di medicina generale Jakob Panzeri

La volontà era quella di dare voce alle migliaia di professionisti impegnati in prima linea nell’assistenza dei pazienti e ricordare coloro venuti a mancare in servizio. 383 è il numero di medici deceduti durante le prime fasi della diffusione del virus, per onorare il loro sacrificio, i ricavati dell’opera sono stati – e verranno – devoluti alle loro famiglie, come a quella di Roberto Stella, primo medico a perire a causa del Covid a Busto Arsizio, il dottor Ivan Mauri, medico di medicina generale a Brivio e il dottor Italo Nosari diabetologo all’Humanitas Gavazzeni di Bergamo, rievocato dal figlio durante la serata. Nel li  bro, il dottor Panzeri torna all’anno 2020, al tempo in cui stava terminando la specializzazione di medicina generale tra le strutture di Bergamo e Treviglio, facendo un via via in uno dei territori più colpiti dal virus. Come in un diario, il medico esprime le emozioni e i pensieri provati durante due settimane di ricovero per una polmonite bilaterale, sottolineando come i libri e la sua fiducia nella sanità l’abbiano aiutato a superare i giorni di convalescenza.
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“Non amo le metafore di guerra” è il titolo della storia del dottor Vittorio Fontana, che ispirandosi al film Platoon di Oliver Stone, ricostruisce l’atmosfera quasi annebbiata dei primi giorni di pandemia, tra mascherine, visiere, incertezze e preoccupazioni. Una rapida narrazione piena di analogie tra il film e la vita reale, che sotto molti aspetti sono venuti a combaciare. “Sono voluto rimanere lontano dalla retorica dell’eroe che al tempo andava molto per la maggiore, noi siamo servitori civili, non eroi, rischiare la vita non è previsto nella nostra professione”. Una descrizione dei tipi umani che il geriatra ha incontrato in questa particolare situazione, concentrandosi soprattutto sui coraggiosi che non si sono tirati indietro anche al costo di nuocere alla propria salute o addirittura perdere la vita. Nel suo ultimo scritto “Di verità solo l'ombra, storie di sanità pubblica” il focus non è più puntato sui professionisti sanitari, bensì si è spostato sulle esperienze dei pazienti. Un testo che intende restituire dignità e umanità a persone che spesso vengono solamente inquadrate per la loro malattia, rischiando di perdere la loro identità nella massa di casi clinici affini. Un report di storie raccolte nel periodo trascorso da Fontana in una RSA e poi in un pronto soccorso alla periferia di Milano, per rendere giustizia a queste vite insieme a quelle di coloro che li hanno assistiti giornalmente. 
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A prendere la parola è stato dunque il dottore Guido Nosari, che ha riportato la duplice esperienza di operatore al tempo della pandemia e di figlio, che ha assistito con impotenza alla perdita improvvisa del padre a causa del virus. Il dottore Italo Nosari venne ricoverato una settimana dopo l’istituzione della prima zona rossa, che non permetteva alcun tipo di contatto tra le strutture sanitarie e il mondo esterno. Quando lo psichiatra venne a conoscenza della morte del padre, leggendo nella sua casella mail, scoprì che il diabetologo si era occupato dei suoi pazienti da remoto, fino al giorno del suo trasferimento in ospedale, nonostante fosse a conoscenza delle sue precarie condizioni da salute. Da quel momento, nello psichiatra, scattò il bisogno di rendersi utile, nell’attesa che la scienza, verso la quale non perse mai fiducia, trovasse una soluzione ad un male che al tempo non si capiva ancora come contrastare. A fine marzo decise dunque di andare in Val Brembana, in prossimità di una Rsa, per andare in aiuto ai malati, che si rivelarono essere la chiave per superare questa fase di incertezza. In un periodo di isolamento assoluto per i pazienti, il dottor Guido Nosari si rese conto che il contatto umano poteva rappresentare il sollievo più importante. “Mio padre, per aiutarmi a superare un momento di sconforto, un tempo mi aveva scritto: ‘puoi sempre fare qualcosa. Un giorno capirai cosa vuol dire”. Questo messaggio, che al tempo lo psichiatra non era riuscito ad interpretare, ha trovato significato nel suo rapporto con i pazienti, che gli hanno insegnato, come dice uno psicologo francese, che “la miglior medicina che puoi somministrare in qualunque momento sei sempre te stesso”.
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Una serata che ha fatto riflettere sulla fragilità dell’esistenza, emersa soprattutto dal momento in cui la medicina ha smesso di essere considerata come onnisciente, ma verso la quale, nel suo processo di continua evoluzione e ricerca, occorre mantenere fiducia. Il sindaco Cristina Citterio ha ringraziato i relatori per il loro prezioso intervento, tutti i presenti per l’interesse dimostrato verso una tematica così importante e la Consulta politiche sociali, che ha sempre operato attivamente in paese anche tramite la raccolta di generi alimentari per le emergenze in Ucraina ed Emilia Romagna, in collaborazione con la Caritas e l’associazione Ale G., quest’ultima ricordata con affetto in memoria del suo fondatore Isidoro Galbusera, venuto a mancare pochi giorni fa.
I.Bi.
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