Church pocket/5 - Speciale Triduo Pasquale

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«Gran giorno, immenso gaudio! Le genti si rallegrino: Gesù ha redento i popoli, ha risanato gli uomini».

Queste le parole che liturgia ambrosiana usa per farci entrare nella Grande Settimana, nella Settimana Autentica, nella Settimana Santa. Questa settimana è il cuore della cristianità, fonte e culmine di tutto l’anno liturgico.

Nella Settimana Santa si celebrano i misteri della Salvezza compiuti da Cristo negli ultimi giorni della sua vita terrena. L’inizio è nella gioia: tutti i vangeli, raccontandoci l’ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme su un asino, concordano col dire che le folle gridava[1], glorificando Dio con le parole del Salmo 118, «Hosanna - che è un’acclamazione di salvezza – Benedetto colui che viene nel nome del Signore». L’inizio è dei migliori, tanto da generare stupore nei discepoli e negli apostoli. Tutto questo però è destinato a cambiare, a capovolgersi nel giro di pochi giorni quando, la stessa folla che acclamava Gesù come un re di pace, urla a Pilato «Via, via: crocifiggilo!»[2].

Tutta questa settimana è, per questo, una settimana di passione. In che senso? L’etimologia della parola ci dà la chiave ermeneutica: passione deriva dal verbo latino patior che tra i diversi significati ha anche quello di “patire”, “soffrire”. Questa quindi è la settimana di grande sofferenza per il Cristo, testimoniata anche dal combattimento interiore che ha la sera del Giovedì Santo nell’Orto degli Ulivi. San Gregorio Nazianzeno, nei suoi discorsi, invita a pensare alla Settimana Santa come imitazione della Passione di Cristo attraverso le sofferenze quotidiane, fa immedesimare il credente nei singoli personaggi della Passione: il Cireneo, Giuseppe D’Arimatea, Nicodemo, le Donne[3].

Scrigno della Settimana Santa e di tutta la Chiesa Cattolica è il Triduo Pasquale, il gruppo di giorni in cui si celebra il grande mistero della fede e della salvezza. Solitamente il triduo in preparazione a una solennità serve a preparare il cattolico, a predisporre corpo e anima alla festa che si celebra. Il Triduo Pasquale non ha questa connotazione: è la Pasqua celebrata in tre giorni, la Pasqua nella sua interezza. Non è la somma di tre celebrazioni distinte bensì una grande celebrazione divisa in tre momenti, in tre giorni, tant’è che nel rito romano, a conclusione della celebrazione della Cena del Signore del giovedì non si fa la benedizione conclusiva. Nella Pasqua si compie il mistero di colui che «pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò sé stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò sé stesso, facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce[4]».

È il giorno cui si fa memoriale della Passione e Morte del Signore. Potrebbe essere definito la continuazione del Giovedì Santo, è un giorno aliturgico: per antichissima tradizione, la Chiesa non celebra l’Eucarestia ma, nel rito romano, si nutre del Corpo e Sangue di Cristo consacrato la sera prima, nella grande Liturgia in Coena Domini, della Cena del Signore. Il colore liturgico è il rosso, che sottolinea l'aspetto sacrificale e non luttuoso. La croce è l’elemento centrale della liturgia: dopo la liturgia della Parola con la lettura della Passione e Morte, l’assemblea adora la croce. La liturgia propone una processione che fa incedere la croce verso l'altare, fermandosi per tre volte. Il celebrante canta per tre volte in tono crescente «Ecce lignum Crucis, in quo salus mundi pependit»[5].

La croce è l’elemento che domina: da segno di morte, come si potrebbe superficialmente pensare, viene presentato e diventa trono regale, espressione massima dell’amore divino e ponte per la grande notte del Sabato Santo. Il Sabato Santo, infine, è giorno di silenzio, di sosta davanti al sepolcro del Signore, giorno in cui ci si astiene dalla celebrazione del Sacrificio Eucaristico fino alla Solenne Veglia. L’attesa quindi lascia il posto alla grande gioia della Pasqua, della Resurrezione. I primi cristiani greci avevano sin da subito un’idea chiara dell’importanza del Triduo: comunemente infatti si salutavano con la frase «Cristo è risorto!», e si rispondeva: «È veramente risorto!». Con queste parole auguro a tutti una Pasqua Santa: Χριστός Ανέστη, Christòs Anesti, Alithòs Anésti! 

Buona Pasqua a tutti. 


 
[1] Cfr.: Matteo 21, 9 – Marco 11, 9 – Luca 19, 37 – Giovanni 12, 13.
[2] Giovanni 19, 15.
[3]Cfr.:San Gregorio Nazianzeno, Discorso 44,24.
[4] Filippesi 2,6-8.
[5] “Ecco il legno della Croce al quale fu appeso il Cristo, Salvatore del mondo”, Traduzione dal Messale Romano.

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Pietro Santoro, nato a Caserta il 29 dicembre 1990. Primo di tre figli, ho vissuto la mia infanzia e adolescenza alle pendici del Monte Tifata, tra San Tammaro, Santa Maria Capua Vetere e Capua, dove ho frequentato il Liceo Scientifico “L. Garofano”. Nel 2009 mi sono iscritto presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, la sez. San Luigi, conseguendo nel 2014 il Baccellerato in Sacra Teologia, con la valutazione di magna cum laude. Negli stessi anni ho frequentato il Pontificio Seminario Campano Interregionale di Posillipo, il Seminario Maggiore per le arcidiocesi e diocesi della Campania e del meridione d'Italia che ne hanno affidato la direzione alla Compagnia di Gesù (Gesuiti). È il luogo che la Chiesa Cattolica istituisce per la formazione del futuro clero diocesano. Ho frequentato la Pontifica Università della Santa Croce in Roma per la Licenza in Diritto Canonico. Vivo in Lombardia dal 4 novembre 2015 e a Osnago dal 2019. Ho insegnato Religione Cattolica dal 2015 al 2023 presso alcune scuole del meratese ma soprattutto presso la Scuola Primaria “G. Rodari” di Cernusco Lombardone, di cui sono stato Responsabile di Plesso dal 2018 al 2023. Ad oggi sono istruttore amministrativo presso i Servizi Demografici -Ufficio Elettorale – del Comune di Merate, frequento il primo anno della Facoltà di Giurisprudenza della Università degli Studi “G. Marconi”.
Rubrica a cura di Pietro Santoro
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