Cernusco: in tanti alla Serata Lilla sui disturbi alimentari
Nella serata di venerdì 15 marzo, in occasione della Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, la consulta politiche sociali dell’assessorato all’inclusione ha organizzato, presso il cineteatro San Luigi, un incontro informativo con esperti per sensibilizzare sui disturbi del comportamento alimentare.
Dal 2020, a partire dal periodo di emergenza pandemica, si è registrato un aumento del 40% dei casi, prevalentemente nel genere femminile, con un’età di insorgenza sempre più precoce, già al di sotto dei 14 anni, rappresentando la seconda causa di morte giovanile dopo gli incidenti stradali. I pazienti in carico all’ambulatorio di Lecco erano 286 nel 2020, nel 2023 sono stati 409. Difficile è individuare le cause di queste psicopatologie, che possono nascere dal ruolo sempre maggiore dei social network nel veicolare una cultura ossessionata dalla magrezza, da cambiamenti corporei in fase adolescenziale, da mutamenti sociali e famigliari talvolta legati al COVID.
La dietista Ilaria Spada ha invitato a fare attenzione a commenti apparentemente innocui su peso e quantità di cibo, che possono trasformarsi dannosi se sommati a insicurezze derivate da ideali diffusi dalla cultura della dieta, secondo la quale solo un corpo tonico e magro è accettato. Nel 1950 Il “Minnesota Starvation Experiment” è stato lo studio più importante che ha valutato gli effetti della restrizione alimentare calorica e della perdita di peso nelle persone normopeso. Lo studio è stato condotto da Ancel Keys e collaboratori nell’Università del Minnesota. 36 uomini con le migliori condizioni di salute fisica e psicologica furono selezionati per l’esperimento e per i primi tre mesi vennero osservati mantenendo un normale regime alimentare, mentre nel corso dei sei mesi successivi, i partecipanti furono sottoposti a una restrizione calorica del 50%, che non solo portò ad una perdita del 25% del peso iniziale, ma soprattutto a netti cambiamenti a livello psicologico e sociale, che spesso non sparirono a seguito della riabilitazione nutrizionale. I maggiori disturbi insorti furono: apatia, ansia, rabbia, irritabilità, sbalzi di umore e cambiamenti di personalità, fino ad arrivare all’isolamento sociale.
Il corpo diventa dunque lo strumento per sfogare il proprio male interiore, un comportamento autolesionista che spesso passa inosservato. Valentina Francescatti ha portato l’esperienza dei gruppi AMA (Auto Mutuo Aiuto), che ha condotto nel Comune in cinque incontri per dialogare con le famiglie su questi difficili argomenti. La psicologa ha portato le toccanti testimonianze di due genitori e di una mamma intervenuta direttamente durante l’incontro, che hanno raccontato la difficile navigazione di questi mali, che non portano sofferenza solo alla persona affetta, bensì a tutta la famiglia, che spesso si ritrova impreparata a gestire la situazione per mancanza di una rete di comunicazione che possa indicare il percorso da intraprendere.
Fondamentale è dunque creare una rete di supporto, non solo formata dai numerosi specialisti, ma da tutti i cittadini, istaurando incontri, momenti di dialogo e riflessione per sensibilizzare ed aiutare a prevenire queste patologie, aiutando a riconoscere i numerosi campanelli d’allarme che segnalano l’inizio di una condizione dalla quale è difficile uscire.
Trent’anni fa il Fiocco Lilla è nato in America per indicare la lotta e consapevolezza contro i disturbi del comportamento alimentare. In Italia viene introdotto per la prima volta nel 2012, diventando ufficiale nel marzo 2018 grazie a Stefano Tavilla, ora presidente dell'associazione “Mi Nutro di Vita”, fondata in onore della figlia Giulia, deceduta il 15 marzo 2011 di bulimia. Durante la serata, il neuropsichiatra Ottaviano Martinelli, responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria Infantile e Adolescenziale di Lecco, la dietista Ilaria Spada, la socio-terapeuta Serenella Pesarin e la psicologa Valentina Francescati, hanno fornito le loro competenze e punti di vista diversi su una tematica la cui criticità risulta preoccupante per tutti.
I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione fanno riferimento ad una persistente alterazione delle modalità di alimentarsi associate a comportamenti che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo, danneggiando significativamente la salute fisica e il funzionamento psicosociale. Le due condizioni più conosciute sono l’Anoressia Nervosa e la Bulimia Nervosa, definite dalla classificazione DSM 5, ovvero il manuale diagnostico e statistico dei disturbi alimentari. L’Anoressia è caratterizzata da una paura di ingrassare che sfocia in una restrizione di calorie, l’assunzione di cibi ipocalorici che porta ad avere un peso inferiore alla norma. La Bulimia, al contrario, è il consumo di grandi quantità di cibo, che trasmette la sensazione di perdere il controllo sull’atto di mangiare e che dunque spinge a ricorrenti ed inappropriate condotte di compenso per prevenire l’aumento di peso: il vomito autoindotto, il ricorso a lassativi, diuretici o estenuanti sessioni di attività fisica. Le abbuffate e le condotte compensatorie devono verificarsi in media almeno 1 volta alla settimana per tre mesi. Al presentarsi di queste patologie i livelli dell’autostima sono fortemente influenzati dal peso e dalla forma del corpo, spingendo così a “soluzioni” sempre più estreme.
Dal 2020, a partire dal periodo di emergenza pandemica, si è registrato un aumento del 40% dei casi, prevalentemente nel genere femminile, con un’età di insorgenza sempre più precoce, già al di sotto dei 14 anni, rappresentando la seconda causa di morte giovanile dopo gli incidenti stradali. I pazienti in carico all’ambulatorio di Lecco erano 286 nel 2020, nel 2023 sono stati 409. Difficile è individuare le cause di queste psicopatologie, che possono nascere dal ruolo sempre maggiore dei social network nel veicolare una cultura ossessionata dalla magrezza, da cambiamenti corporei in fase adolescenziale, da mutamenti sociali e famigliari talvolta legati al COVID.
La dietista Ilaria Spada ha invitato a fare attenzione a commenti apparentemente innocui su peso e quantità di cibo, che possono trasformarsi dannosi se sommati a insicurezze derivate da ideali diffusi dalla cultura della dieta, secondo la quale solo un corpo tonico e magro è accettato. Nel 1950 Il “Minnesota Starvation Experiment” è stato lo studio più importante che ha valutato gli effetti della restrizione alimentare calorica e della perdita di peso nelle persone normopeso. Lo studio è stato condotto da Ancel Keys e collaboratori nell’Università del Minnesota. 36 uomini con le migliori condizioni di salute fisica e psicologica furono selezionati per l’esperimento e per i primi tre mesi vennero osservati mantenendo un normale regime alimentare, mentre nel corso dei sei mesi successivi, i partecipanti furono sottoposti a una restrizione calorica del 50%, che non solo portò ad una perdita del 25% del peso iniziale, ma soprattutto a netti cambiamenti a livello psicologico e sociale, che spesso non sparirono a seguito della riabilitazione nutrizionale. I maggiori disturbi insorti furono: apatia, ansia, rabbia, irritabilità, sbalzi di umore e cambiamenti di personalità, fino ad arrivare all’isolamento sociale.
Il corpo diventa dunque lo strumento per sfogare il proprio male interiore, un comportamento autolesionista che spesso passa inosservato. Valentina Francescatti ha portato l’esperienza dei gruppi AMA (Auto Mutuo Aiuto), che ha condotto nel Comune in cinque incontri per dialogare con le famiglie su questi difficili argomenti. La psicologa ha portato le toccanti testimonianze di due genitori e di una mamma intervenuta direttamente durante l’incontro, che hanno raccontato la difficile navigazione di questi mali, che non portano sofferenza solo alla persona affetta, bensì a tutta la famiglia, che spesso si ritrova impreparata a gestire la situazione per mancanza di una rete di comunicazione che possa indicare il percorso da intraprendere.
Fondamentale è dunque creare una rete di supporto, non solo formata dai numerosi specialisti, ma da tutti i cittadini, istaurando incontri, momenti di dialogo e riflessione per sensibilizzare ed aiutare a prevenire queste patologie, aiutando a riconoscere i numerosi campanelli d’allarme che segnalano l’inizio di una condizione dalla quale è difficile uscire.
I.Bi.