Retesalute: sulla “pronuncia” della Procura della Corte dei Conti e quello che il sindaco di Merate non ha detto in Aula

Con l’espressione di chi la sa lunga e che a differenza degli “osservatori attenti”, lui sì che ha lo scoop, Massimo Augusto Panzeri, in coda alla eccellente presentazione di Retesalute svolta dal direttore dottor Luca Rigamonti, ha informato il Consiglio comunale di Merate dell’intervento del Procuratore della Corte dei Conti all’inaugurazione dell’anno giudiziario  con una citazione della vicenda dell’Azienda Speciale Pubblica, che sarebbe culminata con l’accertamento di un danno di 2 milioni di euro che dovrà essere risarcito. Non pago dello scoop ha improvvidamente aggiunto che “. . .i fatti danno ragione a noi . . .” e consacrano come ineluttabile la nostra scelta di porre in liquidazione volontaria la società (salvo poi rianimarla dopo i canonici 9 mesi).

La comunicazione ha colto di sorpresa la sonnacchiosa minoranza e in particolare il suo capogruppo che dava l’impressione di essere sul punto di assopirsi. E solo una volta rianimatosi il consigliere Perego, avvocato, si è reso conto che a denunciare l’ammanco è la Procura, cioè la pubblica accusa; ma le sentenze le emette il tribunale dopo aver ascoltato le arringhe difensive. Ma ormai era tardi per intervenire.

Altrimenti sarebbe bastato un esempio: la Procura di Lecco aveva rinviato a giudizio il signor sindaco con l’accusa di aver indicato durante una diretta FB a un cittadino come aggirare le norme imposte dal lockdown, ma poi il giudice lo aveva assolto (anche se non si conoscono le motivazioni).

E messo così lo scoop perde assai di valore. Anche perché la citazione è nota e è nelle mani pure di questo giornale nella sua versione integrale.

In realtà si giocherà a luglio, dopo il primo rinvio di febbraio, il successo o meno dell’azione risarcitoria della Procura della Corte dei Conti in merito alla vicenda dei “debiti” di Retesalute.

Più di due milioni di euro da versare ai Comuni nella seguente articolazione: 439.074,60 euro ciascuno in capo all’ex presidente del CdA Alessandro Salvioni, all’ex direttore generale Simona Milani e all’ex Revisore dei Conti Giovanni Perego, mentre per   Anna Ronchi, allora responsabile del settore economico la richiesta di condanna raggiunge la somma iperbolica di 879.949,11 euro. Un’impiegata che, immaginiamo, non percepisse più di 2mila euro al mese . . . .!!!

Questa comunque è la richiesta del Sostituto Procuratore Generale Francesco Foggia al Presidente della Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti della Lombardia.
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 Il titolo della slide illustrata in Consiglio comunale “Fattispecie di occultamento di perdite di Azienda Speciale- Danno erariale contestato di circa 2 milioni di euro”, riporta questo passaggio della relazione annuale della Corte dei Conti, lasciando così spazio a diverse interpretazioni. E che, all’uditore meno attento o con scarsa conoscenza delle procedure giuridiche, suona quasi come una sentenza di condanna.

Ovviamente non è così, c’è tutta la fase dibattimentale. Spetterà infatti ai legali dei chiamati in causa controbattere alle accuse dinnanzi alla Sezione Giurisdizionale.

Come, peraltro, hanno già fatto con successo in sede civile e penale. Diverse accuse sono già state oggetto di cause decise dal Tribunale di Lecco con sentenze favorevoli alle imputate; sentenze passate in giudicato per mancata impugnazione da parte dell’Assemblea dei Soci.

La formulazione delle accuse da parte del Pubblico Ministero pare in gran parte basarsi su fatti oggetto di una sentenza del tribunale ordinario che ha visto i liquidatori soccombere e Retesalute addirittura condannata   per uso improprio dell’azione giudiziaria. Con indennizzo di 11mila euro ciascuno alle due imputate. Indennizzo che ora il PM avrebbe inserito persino tra i danni subiti dall’Azienda Speciale.

Di assolutamente interessante nella formulazione della Procura ci sono due elementi sottaciuti dal Sindaco di Merate: 1) I servizi venivano acquistati dai comuni nella loro doppia veste di soci e clienti a prezzi troppo bassi e ciò inevitabilmente generava perdite; 2) Gli stessi comuni e i loro organismi di controllo evidentemente non hanno controllato a sufficienza limitandosi ad assumere i dati forniti loro da Retesalute.

Del resto c’è da chiedersi come mai la perdita sbandierata di 4-5 milioni sia stata riconsiderata a livello di danno in “soli” 2 milioni.

E, infine, ancora non è stata presa in considerazione la delibera dell’assemblea dei soci con cui veniva bocciato il piano di risanamento e rilancio dell’ottobre 2018. La cui approvazione, probabilmente, avrebbe evitato tutti i successivi disastri.
Claudio Brambilla
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