Merate: suor Tilde Ravasi racconta la sua casa rifugio per ragazze madri in Etiopia
Sono storie di sofferenza ma anche di rinascita, di violenza e di speranza, di cadute e di ripartenze. Le ha raccontate, con sincerità e semplicità, suor Tilde Ravasi chiamata a testimoniare la sua esperienza nella casa rifugio Emmaus per ragazze madri ad Addis Abeba in Etiopia, durante il quaresimale proposto dalla parrocchia sant'Ambrogio di Merate.
Nativa di Merate, consacrata nella congregazione delle missionarie comboniane, suor Tilde è approdata in terra africana nel 1972 e non l'ha più lasciata, spostandosi solo in base alle esigenze che il suo servizio a favore della popolazione le richiedeva.
Da tre anni, ha raccontato ai fedeli giunti in chiesa per ascoltarla, sfidando la pioggia che imperversava, opera in questa casa che offre accoglienza alle giovani che giungono dal sud del Paese in cerca di lavoro. Smarrite, con pochi mezzi, spesso analfabete, abbandonate dalle famiglie perchè madri di bambini frutto di una violenza, queste donne trovano nelle suore un aiuto sia psicologico che concreto.
Le religiose, infatti, oltre a insegnare loro la lingua, consentono a queste ragazze di frequentare una scuola professionale o comunque di imparare un lavoro, curando in loro figli per il tempo necessario.
Una comunità che diventa per loro una famiglia a tutti gli effetti dove poter crescere assieme ai loro figli (bellissima la scena proiettata a video di un gruppetto di bambini che si aggrappano alla carriola spinta da una suora come fosse un girello per compiere i primi passi, ndr), studiare, lavorare e rendersi autonome.
“Cerchiamo di dare speranza e indipendenza a queste giovani donne” ha spiegato suor Tilde “alcune non ci riescono e tornano nelle loro famiglie di origine, se le accettano. Altre invece ce la fanno e una volta che hanno acquisito una sufficiente stabilità, prendono il volo. Quando arrivano da noi spesso sono denutrite, affamate, non sanno scrivere. Noi le rifocilliamo e poi ci mettiamo accanto a loro e cerchiamo di capire come risolvere il loro problema, costruendo un progetto di vita.
Lavori di cucito, pulizia della casa, assistenza domestica, cura dei bambini, sono le principali occupazioni riservate alle donne e per questo risulta fondamentale l'alfabetizzazione per evitare fenomeni di sopruso e sfruttamento dovuti all'incomprensione.
“La religione non rappresenta né un ostacolo né un motivo di divisione. Noi accogliamo tutti e ci sentiamo parte di questa gente e dei suoi problemi. Sentiamo la sofferenza di queste persone e loro sanno che noi ci siamo e siamo loro vicine”.
Suor Tilde ha poi risposto alle domande poste dall'uditorio tra cui il rapporto con il Governo, le principali attività in cui è impiegata la popolazione, l'accoglienza verso la loro congregazione.
Nativa di Merate, consacrata nella congregazione delle missionarie comboniane, suor Tilde è approdata in terra africana nel 1972 e non l'ha più lasciata, spostandosi solo in base alle esigenze che il suo servizio a favore della popolazione le richiedeva.
Da tre anni, ha raccontato ai fedeli giunti in chiesa per ascoltarla, sfidando la pioggia che imperversava, opera in questa casa che offre accoglienza alle giovani che giungono dal sud del Paese in cerca di lavoro. Smarrite, con pochi mezzi, spesso analfabete, abbandonate dalle famiglie perchè madri di bambini frutto di una violenza, queste donne trovano nelle suore un aiuto sia psicologico che concreto.
Le religiose, infatti, oltre a insegnare loro la lingua, consentono a queste ragazze di frequentare una scuola professionale o comunque di imparare un lavoro, curando in loro figli per il tempo necessario.
Una comunità che diventa per loro una famiglia a tutti gli effetti dove poter crescere assieme ai loro figli (bellissima la scena proiettata a video di un gruppetto di bambini che si aggrappano alla carriola spinta da una suora come fosse un girello per compiere i primi passi, ndr), studiare, lavorare e rendersi autonome.
“Cerchiamo di dare speranza e indipendenza a queste giovani donne” ha spiegato suor Tilde “alcune non ci riescono e tornano nelle loro famiglie di origine, se le accettano. Altre invece ce la fanno e una volta che hanno acquisito una sufficiente stabilità, prendono il volo. Quando arrivano da noi spesso sono denutrite, affamate, non sanno scrivere. Noi le rifocilliamo e poi ci mettiamo accanto a loro e cerchiamo di capire come risolvere il loro problema, costruendo un progetto di vita.
Lavori di cucito, pulizia della casa, assistenza domestica, cura dei bambini, sono le principali occupazioni riservate alle donne e per questo risulta fondamentale l'alfabetizzazione per evitare fenomeni di sopruso e sfruttamento dovuti all'incomprensione.
“La religione non rappresenta né un ostacolo né un motivo di divisione. Noi accogliamo tutti e ci sentiamo parte di questa gente e dei suoi problemi. Sentiamo la sofferenza di queste persone e loro sanno che noi ci siamo e siamo loro vicine”.
Suor Tilde ha poi risposto alle domande poste dall'uditorio tra cui il rapporto con il Governo, le principali attività in cui è impiegata la popolazione, l'accoglienza verso la loro congregazione.
S.V.