Monte di Brianza, patrimonio da tutelare tra specie rare di flora e fauna. L’appello di chi se ne prende cura con amore

Camminare immersi nella natura può essere considerata una delle cose più rilassanti in assoluto. Ritrovarsi in un bosco maestoso ad ascoltare solo il rumore dei propri passi e il vento che scorre tra i rami e le foglie è una sensazione unica. Spesso viene da pensare che tutto quello di cui abbiamo bisogno è già sulla Terra – e può essere vero – ma va ricordato che a volte c’è qualcuno che si occupa della tutela di quel “tutto”, della sua manutenzione e della pulizia. Quante volte mentre si cammina per un sentiero che si trova pulito e in ordine ci si chiede chi sia a tenerlo così? Poche volte, se non mai. Ci si gode la passeggiata e basta.
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 Orchidee spontanee. Foto di Alessia Spalma

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Quando si cammina sul Monte di Brianza è il caso di ricordare che è anche grazie all’impegno dell’Associazione Volontari Antincendi Boschivi (AVAIB) di Olgiate Molgora, del CAI di Calco e dell’associazione Monte di Brianza se i sentieri che si stanno percorrendo sono curati. Più che di tre associazioni si tratta di un unico grande gruppo di amici che condivide l’amore e la passione per i boschi e la montagna. Quasi ogni componente di questa grande famiglia porta la “doppia casacca”, essendo iscritto a più di un sodalizio, e tutti hanno un’ottima conoscenza dell’ambiente boschivo. 
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Parlare con loro può essere stimolante e aiuta a scoprire che anche in Brianza la natura sta cambiando, che qualche forma di vita sta lentamente scomparendo dal territorio e altre invece stanno “spuntando”. Un esempio è l’ Amanita caesarea, un apprezzato fungo commestibile diffuso principalmente nel Sud Italia che ora, a causa del cambiamento climatico, ha iniziato a diffondersi anche dalle nostre parti. Nel 2023 infatti – un’annata che è stata considerata eccezionale per la raccolta dei funghi – è stato colto diverse volte nelle zone di Santa Maria Hoé e Campsirago. Sul Monte di Brianza sono stati colti anche “Rossini” (Leccinum rufum) e Leccinum scabrum, volgarmente noti come “Beole”. 
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Alcuni membri delle associazioni

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Oltre che per i funghi, il territorio in autunno è fruito dai visitatori per le castagne. I soci dei sodalizi ricordano che da norma andrebbero colte solo quelle che si trovano sui sentieri, anche perché quasi ogni pezzo di terra nel bosco solitamente appartiene a qualcuno e quando ci si imbatte in castagni particolarmente curati è pressoché certo che siano di proprietà. 
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 Belle fotografie scattate negli anni dal gruppo di amici nel territorio

Parlando di questa pianta, i “veterani” ricordano di quanto fosse preziosa un tempo, poiché – come si dice del maiale – del castagno non si butta via davvero niente. Oltre alla produzione di castagne infatti la pianta veniva (e viene ancora) utilizzata per ricavare ottimo legno, i suoi ricci venivano bruciati e un tempo vi si ricavavano pali per le viti e il tannino per la concia delle pelli. Parlando di castagne e territorio, per i più anziani viene spontaneo ricordare gli antichi seccatoi, i cosiddetti “secaù”, di Aizurro, Monastirolo e Consonno. 
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Parlare di castagne però, purtroppo, fa venire in mente anche una fruizione poco cosciente dei boschi. L’assalto dei visitatori infatti spesso causa, oltre al problema della viabilità, anche quello del poco rispetto della natura. “Fortunatamente negli anni è migliorata la situazione in termini di abbandono rifiuti, ma per esempio ci sono ancora persone che passano in bici anche dove non è consentito o, peggio ancora, con le moto da cross, o con i cani liberi” fanno sapere i soci. Una fruizione errata può mettere a serio rischio flora e fauna e non consente neanche di godere delle rarità che il territorio offre. “L’obbiettivo dei nostri interventi non è solo quello di pulire i sentieri e rimuovere alberi caduti, ma soprattutto quello di salvaguardare la flora. Pochi sanno per esempio che sul Monte di Brianza si contano oltre una decina di diverse e di orchidee spontanee”. Tra i soci, l’appassionata ed esperta di questi fiori è Alessia Spalma, che negli anni ha censito 16 diverse specie di orchidea e nel 2021 ha avvistato vari esemplari di Epipactis microphylla in tre diverse stazioni. Sino ad oggi la sua risulta essere la prima (ed unica) segnalazione in provincia di Lecco. 
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Oltre alle specie vegetali, ci sono anche quelle animali da tutelare. Il Monte di Brianza è dimora di diversi rapaci notturni come civette allocchi e gufi. Tra i soci dell’associazione, l’esperto è senz’altro l’ex presidente Franco Orsenigo, che ciclicamente organizza camminate guidate in notturna per andare ad avvistare questi splendidi animali. Il bosco ospita però anche faine, tassi, scoiattoli, volpi e il gambero di fiume europeo. Proprio quest’ultimi sono purtroppo minacciati dalla “peste del gambero”. Si ricorderà infatti della moria dell’ottobre scorso nel torrente Bevera. “Anche per questo è importante una fruizione consapevole. Noi stessi, o i nostri cani, possiamo essere causa della diffusione di questa peste se non prendiamo qualche accortezza” ha spiegato Orsenigo.  
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A fronte del proprio impegno per la cura dei sentieri e il miglioramento della percorribilità degli stessi, i volontari che da anni e anni si occupano della manutenzione dei boschi gradirebbero solo vedere da parte dei visitatori un po’ di attenzione e accortezza per il territorio. I soci del CAI di Calco – che nel 2024 festeggiano 60 anni di attività – infatti è dagli anni Ottanta che, in qualità di volontari, si occupano di pulizia. Lo stesso vale per i soci dell’AVAIB, associazione che nel 2005 si è vista conferire la civica benemerenza dal Comune di Olgiate Molgora per il grande impegno profuso nella cura del bosco. E altrettanto vale per l’associazione Monte di Brianza, nata proprio con lo scopo di riuscire a istituire un Parco; obiettivo che è stato raggiunto nel 2014 con il riconoscimento da parte della Provincia di Lecco del Parco Locale di Interesse Sovracomunale del Monte di Brianza. L’ultimo passaggio per la quale si è al lavoro è la fusione con il Parco di Montevecchia e della Valle del Curone, consentendo così di diventare parco regionale e ottenere un riconoscimento di valore effettivo. Salvo imprevisti, questo passaggio dovrebbe ufficializzarsi entro quest’anno. 
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Tre esemplari di Amanita caesarea colti nel territorio lo scorso autunno 

Proprio in questi giorni Palazzo Lombardia ha approvato il progetto di legge di ampliamento dei confini dei parchi regionali del Monte Barro e Montevecchia e della Valle del Curone. Più precisamente, entrano nel parco del Monte Barro i Comuni di Garlate e Valmadrera. Faranno invece parte del Parco di Montevecchia-Valle del Curone i Comuni di Airuno, Merate, Olgiate Molgora e Valgreghentino. Nello stesso provvedimento anche una modifica in riduzione del confine del Parco di Montevecchia di due piccole porzioni di territorio nei Comuni di Merate e di Missaglia. In conseguenza dell’ampliamento nel Parco di Montevecchia, i Comuni di Airuno e Valgreghentino entrano a far parte della Comunità del Parco.
E.Ma.
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