Osnago: Gabriele Fontana racconta la soluzione finale nei campi, 'morire di lavoro'

Sabato 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, lo storico Gabriele Fontana ha presentato presso l'Arci LaLoCo di Osnago un tema spesso poco trattato e conosciuto: "L'altra soluzione finale: Morire di lavoro nel sistema concentrazionario del Nazionalsocialismo". A sostenere la narrazione di Fontana, Massimo e Vilma dell'Arci hanno riprodotto canzoni e poesie simboli del ricordo di quegli avvenimenti.
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Gabriele Fontana

Come noto, i campi di concentramento furono luoghi di morte per i deportati. Sebbene siano ben documentati i maltrattamenti e le condizioni di vita estreme, meno noto è il ruolo significativo che i prigionieri hanno giocato nell'economia tedesca. Per comprendere come il lavoro nei campi di concentramento divenne comune, è necessario considerare un precedente: l'impiego di lavoratori stranieri in Germania. Questi lavoratori, che partono spinti dalla speranza di guadagni migliori, sebbene volontari, non sono liberi poiché sono soggetti a stretti controlli da parte della polizia e delle SS. Nel 1939, prima dell'aggressione alla Polonia, la Germania richiede ulteriori lavoratori ai paesi alleati e confinanti, continuando questa pratica negli anni successivi. Di conseguenza, alcuni governi come Ungheria, Cecoslovacchia, Italia, Polonia e Jugoslavia avviano una mobilitazione forzata di manodopera. Il Ministro del Lavoro del Reich emette un appello urgente al Ministro dei Trasporti tedesco e al Direttore Generale delle ferrovie per facilitare il trasporto dei lavoratori, che sono previsti arrivare in primavera: tra la metà e la fine di marzo 1939, partiranno treni speciali dai paesi alleati con migliaia di lavoratori volontari diretti in Germania.
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Con lo scatenarsi e il protrarsi della guerra, le fabbriche tedesche affrontano una crisi crescente. Ogni giorno si registra una perdita di personale sempre maggiore. I volontari stranieri sono ormai soggetti a un rigido controllo militare e vengono affiancati da lavoratori forzati trasferiti in Germania dai governi dei paesi occupati. Tuttavia, ciò non è sufficiente. Oswald Pohl, un ex commissario della Marina con una lunga esperienza nell'apparato nazista, l'1 febbraio 1942 riorganizza tutti i servizi burocratici delle SS nel WVHA (Wirtschafts-Verwaltungshauptamt), ufficio centrale economico e amministrativo delle SS. Poiché i campi di concentramento sono sotto il controllo delle SS, l'obiettivo del WVHA è chiaro: sfruttare al massimo il lavoro dei detenuti. Il 30 aprile 1942, Pohl formalizza con una circolare il carattere produttivo dei campi, ribadendo che la manodopera detenuta può essere noleggiata alle industrie e deve essere sfruttata senza restrizioni. Pohl presenta le nuove direttive a Himmler, capo della polizia, che nel 1943, vista la maggior parte degli operai maschi al fronte, decide di ricorrere all'unica fonte abbondante e gratuita a sua disposizione: i prigionieri dei campi. Per loro è prevista la regola dell'annientamento attraverso il lavoro. I prigionieri rappresentano un'opportunità inaspettata per i piani nazisti: sebbene poco produttiva, questa manodopera è facilmente rimpiazzabile.
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Le aziende private che intendono usufruire di manodopera gratuita devono presentare una richiesta all'Ispettorato dei campi (IKL) di Oranienburg, vicino a Berlino. Diverse grandi imprese nazionali ne approfittano, tra cui Siemens, Volkswagen e Knorr. Nel 1944 la BMW istituisce uno stabilimento sotterraneo nel campo di Flossenbürg per la produzione di motori per veicoli corazzati; nello stesso periodo, la filiale tedesca della Ford fa costruire ai detenuti alcuni camion nel campo di Buchenwald. La produzione industriale riceve un nuovo impulso e molte aziende stipulano contratti con le SS per l'utilizzo della manodopera carceraria. Alcune aziende come la IG Farben, principale conglomerato chimico mondiale, creano "succursali" nei campi per supervisionare la produzione controllata dalle SS, mentre altre richiedono un numero limitato di prigionieri da impiegare nelle proprie fabbriche e istituiscono campi minori ad hoc. Nascono così centinaia di sotto-campi vicino ai luoghi di produzione, contribuendo alla creazione di una rete di vie di comunicazione per supportare l'economia statale. Praticamente ogni settore industriale in Germania sfrutta il lavoro dei prigionieri dei campi di concentramento.
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Milioni di individui, tra ebrei, politici, prigionieri di guerra e molti altri, furono così costretti a lavori forzati, in condizioni sempre più sfiancanti e crudeli. Ad esempio, nel campo di concentramento di Mauthausen, i prigionieri dovevano trasportare pesanti massi percorrendo ripide scale. Durante l'invasione dell'Unione Sovietica nel 1941, i nazisti causarono la morte di milioni di prigionieri di guerra sovietici attraverso la negligenza deliberata. Successivamente, utilizzarono i prigionieri sovietici anche per il lavoro forzato in industrie belliche. Tra il 1942 e il 1944, circa tre milioni di cittadini sovietici furono deportati in Germania e nei territori occupati per questo scopo. Alla fine della guerra, milioni di profughi non-tedeschi, tra cui decine di migliaia di ebrei sopravvissuti alla "Soluzione Finale", si trovavano in Germania, tutti vittime della deportazione nazista per il lavoro forzato.
M.Pen.
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