Andrà tutto bene?
Agricoltori in rivolta, aumento delle disuguaglianze, guerre, crisi climatica, precarietà dilagante …
molti sono gli oggettivi motivi di grande preoccupazione del nostro vivere.
Quali le possibili alternative a questo cosiddetto modello di sviluppo che indubitabilmente sta mostrando tutti i propri limiti?
E' su questi importanti temi che un agile e recente libretto ( gennaio 2023) pone la sua attenzione che ritengo assai degna di approfondimento da parte di tutti coloro che non si rassegnano a questo stato di fatto.
Ecco perché riporto di seguito la breve ma significativa introduzione de “La rivoluzione della cura” di Marco Bersani, ed. Alegre:
“Andrà tutto bene!”, avevano annunciato i governi quando un microscopico organismo, il Covid-19,
inceppando tutti i meccanismi della globalizzazione, aveva rinchiuso in casa più di metà della popolazione mondiale e bloccato tutti i flussi economici, produttivi, dei trasporti e della comunicazione.
E' andata così bene che dopo oltre cinquecentoventi milioni di contagi, più di sei milioni di morti e due anni di restrizioni della vita sociale, siamo precipitati dentro una guerra al centro dell'Europa, provocata dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia ma alimentata da molteplici attori istituzionali, statuali e militari, nessuno dei quali sembra volervi mettere fine, e che rischia di far precipitare tutte e tutti dentro l'orizzonte di una terza guerra mondiale.
Pandemia e guerra si innestano altresì dentro un'epoca ormai scandita solo da periodi che, a partire da un evento scatenante, dischiudono orizzonti emergenziali globali.
Come in un tempo sospeso, in questi ultimi quindici anni siamo passati da una crisi finanziaria a una crisi sociale, da una pandemia a una guerra, senza soluzione di continuità.
Mentre ci troviamo immersi in una crisi eco-climatica che già travolge la nostra quotidianità e che rischia di pregiudicare nell'arco di un tempo sempre più prossimo le stesse condizioni della vita umana sulla Terra.
Ciascuna di queste crisi viene raccontata come priva di contesto, come episodio a sé stante, senza antecedenti né causalità.
Ed è così che le nostre giornate transitano da un bombardamento mediatico sul debito pubblico e relativi bollettini sull'andamento dello spread, a uno sull'irruzione della pandemia e relativo report di contagi, ricoveri e decessi, per poi passare alla guerra e conseguenti conteggi su stragi, morti e devastazioni, alla crisi eco-climatica con relativo elenco di incendi, calamità, siccità e alla crisi del gas con conseguenti scenari di bollette alle stelle e razionamenti dell'energia.
Sembra di vivere dentro una dimensione atemporale e astorica, un eterno presente fatto di emergenze cui bisogna rispondere, con l'angosciante sensazione che quella attuale non sarà l'ultima e che sembra essersi innescato un circolo vizioso, senza alcuna via d'uscita.
In questa dimensione di immediatezza, con un futuro sempre meno immaginabile e un passato altrettanto rimosso, “crisi” ed “emergenza” - le cifre esistenziali del nuovo secolo- sembrano aver sostituito il “conflitto”, cifra che ha scandito il ventesimo secolo, spesso con esiti tragici – basti pensare alle due guerre mondiali- ma accompagnati anche da grandi trasformazioni sociali.
Il fatto che per praticare un conflitto occorre possedere una lettura degli accadimenti e trasformare in un film con una sua trama quelle che all'apparenza appaiono singoli fotografie staccate l'una dall'altra; occorre leggere il presente come un transito fra un prima e un poi e mettere in campo le energie per determinare un differente esito di quest'ultimo.
Se al contrario il presente diviene un puro susseguirsi di crisi giustapposte l'una all'altra, senza alcuna consequenzialità, passato e futuro scompaiono e resta solo una rassegnata adesione all'esistente o la fuga dentro letture complottistiche – e consolatorie – della storia e dei diversi accadimenti.
C'è un'altra possibile strada: cercare di comprendere i profondi significati che ciascuna di queste “crisi” porta con sé e di leggere cosa comportano in termini di riflessione sulla società presente e sulle scelte da mettere in campo per invertire la rotta e ridare a tutte e a tutti noi una possibilità di futuro.
Perché niente è andato bene e prenderne atto significa iniziare a cambiare.
Dentro un presente fatto di frammentazione dei legami sociali e di solitudine competitiva, la dimensione esistenziale sembra attraversata da un panico che immobilizza e che per reazione produce rancore.
Riannodare i legami sociali e combattere la solitudine aiuta a trasformare il panico in preoccupazione ( la fase che precede l'occuparsi) e il rancore in rabbia e speranza.
Soprattutto permette di immaginare un diverso orizzonte e di iniziare a camminare.
Le pagine che seguono vogliono essere un contributo all'avviarci tutte e tutti, prima possibile, in questa direzione.”.
Quindi un invito ad una buona quanto meditata lettura ma soprattutto ad un sano e costruttivo confronto.
molti sono gli oggettivi motivi di grande preoccupazione del nostro vivere.
Quali le possibili alternative a questo cosiddetto modello di sviluppo che indubitabilmente sta mostrando tutti i propri limiti?
E' su questi importanti temi che un agile e recente libretto ( gennaio 2023) pone la sua attenzione che ritengo assai degna di approfondimento da parte di tutti coloro che non si rassegnano a questo stato di fatto.
Ecco perché riporto di seguito la breve ma significativa introduzione de “La rivoluzione della cura” di Marco Bersani, ed. Alegre:
“Andrà tutto bene!”, avevano annunciato i governi quando un microscopico organismo, il Covid-19,
inceppando tutti i meccanismi della globalizzazione, aveva rinchiuso in casa più di metà della popolazione mondiale e bloccato tutti i flussi economici, produttivi, dei trasporti e della comunicazione.
E' andata così bene che dopo oltre cinquecentoventi milioni di contagi, più di sei milioni di morti e due anni di restrizioni della vita sociale, siamo precipitati dentro una guerra al centro dell'Europa, provocata dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia ma alimentata da molteplici attori istituzionali, statuali e militari, nessuno dei quali sembra volervi mettere fine, e che rischia di far precipitare tutte e tutti dentro l'orizzonte di una terza guerra mondiale.
Pandemia e guerra si innestano altresì dentro un'epoca ormai scandita solo da periodi che, a partire da un evento scatenante, dischiudono orizzonti emergenziali globali.
Come in un tempo sospeso, in questi ultimi quindici anni siamo passati da una crisi finanziaria a una crisi sociale, da una pandemia a una guerra, senza soluzione di continuità.
Mentre ci troviamo immersi in una crisi eco-climatica che già travolge la nostra quotidianità e che rischia di pregiudicare nell'arco di un tempo sempre più prossimo le stesse condizioni della vita umana sulla Terra.
Ciascuna di queste crisi viene raccontata come priva di contesto, come episodio a sé stante, senza antecedenti né causalità.
Ed è così che le nostre giornate transitano da un bombardamento mediatico sul debito pubblico e relativi bollettini sull'andamento dello spread, a uno sull'irruzione della pandemia e relativo report di contagi, ricoveri e decessi, per poi passare alla guerra e conseguenti conteggi su stragi, morti e devastazioni, alla crisi eco-climatica con relativo elenco di incendi, calamità, siccità e alla crisi del gas con conseguenti scenari di bollette alle stelle e razionamenti dell'energia.
Sembra di vivere dentro una dimensione atemporale e astorica, un eterno presente fatto di emergenze cui bisogna rispondere, con l'angosciante sensazione che quella attuale non sarà l'ultima e che sembra essersi innescato un circolo vizioso, senza alcuna via d'uscita.
In questa dimensione di immediatezza, con un futuro sempre meno immaginabile e un passato altrettanto rimosso, “crisi” ed “emergenza” - le cifre esistenziali del nuovo secolo- sembrano aver sostituito il “conflitto”, cifra che ha scandito il ventesimo secolo, spesso con esiti tragici – basti pensare alle due guerre mondiali- ma accompagnati anche da grandi trasformazioni sociali.
Il fatto che per praticare un conflitto occorre possedere una lettura degli accadimenti e trasformare in un film con una sua trama quelle che all'apparenza appaiono singoli fotografie staccate l'una dall'altra; occorre leggere il presente come un transito fra un prima e un poi e mettere in campo le energie per determinare un differente esito di quest'ultimo.
Se al contrario il presente diviene un puro susseguirsi di crisi giustapposte l'una all'altra, senza alcuna consequenzialità, passato e futuro scompaiono e resta solo una rassegnata adesione all'esistente o la fuga dentro letture complottistiche – e consolatorie – della storia e dei diversi accadimenti.
C'è un'altra possibile strada: cercare di comprendere i profondi significati che ciascuna di queste “crisi” porta con sé e di leggere cosa comportano in termini di riflessione sulla società presente e sulle scelte da mettere in campo per invertire la rotta e ridare a tutte e a tutti noi una possibilità di futuro.
Perché niente è andato bene e prenderne atto significa iniziare a cambiare.
Dentro un presente fatto di frammentazione dei legami sociali e di solitudine competitiva, la dimensione esistenziale sembra attraversata da un panico che immobilizza e che per reazione produce rancore.
Riannodare i legami sociali e combattere la solitudine aiuta a trasformare il panico in preoccupazione ( la fase che precede l'occuparsi) e il rancore in rabbia e speranza.
Soprattutto permette di immaginare un diverso orizzonte e di iniziare a camminare.
Le pagine che seguono vogliono essere un contributo all'avviarci tutte e tutti, prima possibile, in questa direzione.”.
Quindi un invito ad una buona quanto meditata lettura ma soprattutto ad un sano e costruttivo confronto.
Germano Bosisio