Nebbia di morte, solo terrore e macerie. Sento solo l’urlo di Thanatos. Sono in trance ma a Gaza il cielo è una nube grigia
Sono in uno stato profondo di trans. Ho perso la dimensione dello spazio, del tempo. Le immagini, i suoni, gli ambienti si associano in modo casuale dando forma a delle storie. Il trans è uno stato sonnambolico che capita qualche volta, di solito è più leggero e risponde a delle domande introspettive. Lo stato di trans capovolge qualsiasi concetto della fisica classica, del razionalismo dominante. Nel cervello avvengono dei processi bio-psicologici interessanti.
Mi trovo, a causa di un fenomeno di bilocazione, con una coperta sporca di polvere. Un tavolato e un pezzo di cemento armato formano una bolla angolare che proteggono il mio corpo. Da un angolo della protezione vedo un mare di polvere fitta simile alla nebbia della pianura padana che avvolge piante, case, ponti e accarezza l’acqua dell’Adda che scorre.
La cosa più curiosa della nebbia è il gioco dell’irriconoscibilità, la persona che ti passa accanto, fino all’ultimo, è un’incognita. E’ la stessa sensazione piacevole che provavo da studente universitario quando nel tardo pomeriggio, dopo aver terminato le lezioni, quatto quatto andavo a bere un ombra per disintossicarmi passando sotto i bassi, screpolati e crepuscolari porticati di Padova. La fitta nebbia azzittiva gli sguardi e le voci.
Qui a Gaza la polvere infernale nasconde lo sventramento, il cedimento delle case. Il paesaggio urbano è sconvolto, non c’è più una forma definibile. La polvere nebbia nasconde l’odore terribile e insopportabile dei morti avvolti da un telo bianco o lasciati in strada alla mercé di qualche animale. La polvere nebbia nasconde i volti terrorizzati e traumatizzati dei bambini che cercano una mano da stringere per farsi coraggio. Le mani sono mani diverse da quelle della madre o del fratello o del parente, sono mani sconosciute, sono mani che si agitano nel vuoto e si disperdono.
Le persone si muovono come se camminassero su onde impazzite di un maremoto. La terra, l’asfalto da troppi giorni vibrano in un costante terremoto. Sono passati mesi e il terrore continua. I bombardamenti uccidono le piante di limone, di olivi. Il grano e l’avena sono stati schiacciati e marchiati dai pesanti cingolati.
Il cielo è una nube grigia che si spezza per il rumore assordante delle bombe. Le poche nuvole che si vedono si frantumano. L’acqua è scomparsa. Le persone, i bambini si aggirano tra i cunicoli con piccole taniche o secchi di plastica alla ricerca di una fonte.
Polvere, distruzione, desolazione si estendono e si dilatano. Le urla angosciate di donne, bambini, uomini, il latrare dei cani e il rimbombo delle bombe dentro la polvere nebbia malefica e distruttiva richiamano il fantasma della morte.
Lì, fuori da quel buco, da quel cunicolo protettivo, con fare potente e arrogante si aggira soltanto lei, la morte. E’ talmente prepotente che non cerca nemmeno di mascherarsi, è sfacciatamente pronta a impadronirsi di tutte le cose. E’ così ingorda che vuole portare con sé tutto ciò che trova sul suo cammino: neonati, vecchi, alberi, case, giocattoli, sogni, illusioni, futuri. Tutto è nelle sue mani maniacali.
La morte quando ci si mette è ossessivamente maniacale e intransigente, non guarda in faccia nessuno, si appropria del tuo corpo, del tuo inconscio, lo divora; ti toglie la luce dagli occhi, la lingua per parlare e il cervello per sognare. E’ lì che aspetta la pallottola, il boato del cannone, il ronzio di una zanzara che sgancia bombe.
Con coraggio esco dal mio cunicolo protettivo e dal trans. Mi accorgo di essere seduto in poltrona con un pezzo di giornale tra le mani. Sto leggendo un articolo di fondo sulla guerra in Palestina. Due popoli infelici sono costretti per vicissitudini storiche e misteriose a soffrire.
“Eppure il vento soffia ancora/spruzza l’acqua alle navi sulla prora/ e sussurra canzoni tra le foglie/ e bacia i fiori li bacia e non li coglie/ eppure sfiora le campagne/ accarezza sui fianchi le montagne/e scompiglia le donne fra i capelli/ corre a gara in volo con gli uccelli … “ (Pierangelo Bertoli).
Al posto di ascoltare Thanatos è possibile ascoltare la voce di Eros.