Brivio: Luigi Rossignoli e la Frutta Antica da preservare
“Sono nato il 1° marzo 1932, lo stesso giorno della povera Liz Taylor”. Ci sono storie che si nascondono in luoghi in cui tu non penseresti mai di trovarle. Quella di Luigi Rossignoli è custodita in una dimora dispersa nel verde lungo Via Alessandro Volta a Brivio, sede dell’azienda agricola FruttaAntica. È una storia di lavoro duro e passioni ardenti.
“Sono un discendente della famiglia Rossignoli, gli storici costruttori di biciclette milanesi. Mio padre era Mario Rossignoli, figlio di Giorgio, colui che aprì la prima officina a inizio Novecento. Durante la guerra andavo a scuola a Pavia perché a Milano c’erano i bombardamenti. Avevo undici anni e facevo 40 chilometri in bicicletta tutti i giorni. Era dura” ci ha raccontato l’anziano, seduto nel portico della sua abitazione in una splendida giornata di sole.
“Mio padre aveva comprato un terreno lungo il naviglio pavese, vicino a Binasco. La terra più fertile di tutta la Lombardia. Sono cresciuto lì, in campagna. Mi alzavo alle sei del mattino, andavo in stalla a mungere le mucche e poi a scuola. Era faticoso ma almeno non ci è mai mancato da mangiare”. All’epoca, il duro lavoro non era una scelta ma un dato di fatto, anche per i bambini. Era un altro mondo, c’era la guerra. Un dramma grave ma non a tal punto da frenare le passioni più profonde.
“Sono cresciuto tra le piante e nell’orto. Del resto, la mia famiglia costruiva le bici per i garzoni degli Ingegnoli, storici produttori di sementi. Mio padre si arrabbiava molto quando vedeva che ero più bravo di lui a cogliere il melo di San Giovanni. È un frutto estivo che va raccolto al momento giusto. Non deve essere di colore troppo paglierino” ha proseguito Rossignoli sorridendo.
Piccoli gesti da cui è germogliato un sentimento: l’amore per le piante. “Correvo in bicicletta ma a inizio anni Cinquanta mi sono ritirato dopo un litigio come mio padre. Lì mi sono allontanato dalla famiglia. Ho conosciuto mia moglie Luisa, figlia di contadini. È stato un colpo di fulmine. Nel 1957 ci siamo sposati e siamo andati in Valle Imagna dove ho aperto il mio primo macello” ha aggiunto Rossignoli. “All’epoca quello era un settore difficile. Producevo pochi polli ma di alta qualità, allevati a terra. A inizio anni Sessanta un rappresentante della Bianchetti, una ditta milanese specializzata in mangimi, mi ha detto di un macellaio a Brivio lungo l’Adda. Sono venuto qui e piano piano mi sono ambientato. Il mio pollo era quotato. A inizio anni duemila grazie al macello a catena si producevano millecinquecento capi a settimana”.
Nonostante una scelta professionale diversa, quell’antica passione per le piante, germogliata in giovane età, è rimasta viva nell’animo del novantunenne milanese, padre di tre figli. “Quando sono andato in pensione ho ripreso a frequentare l’Oltrepò pavese, la zona in cui era nato mio nonno. Lì crescevano delle mele meravigliose come la genovese, buonissima. Io sono un osservatore. Sono molto curioso” ha sottolineato Rossignoli.
Attraverso un lungo lavoro di ricerca, egli è riuscito a trovare e coltivare circa 400 varietà di frutta, incluse alcune ormai disperse sotto il peso della grande distribuzione. Un autentico patrimonio che deve essere preservato. Anche per Luigi Rossignoli, infatti, l’età inevitabilmente avanza. “Qui c’è un tesoro che va salvaguardato in qualche modo. Abbiamo già coinvolto alcuni professori universitari: Virginia Ughini della Cattolica di Piacenza, Anna Spinardi della Statale di Milano e Maurizio Rinaldi, membro dell’accademia dei Georgofili oggi in pensione. Ora siamo alla ricerca di aziende agricole disponibili a coltivare alcune di queste varietà. Ne abbiamo già trovata una, l’azienda agricola Tutti I Frutti di Marino Crippa a Cornate d’Adda” ci ha detto Lodovico Anghileri, appassionato coltivatore di vecchie varietà fruttifere con un passato nell’amministrazione comunale di Valgreghentino.
Un invito che, in un territorio come il nostro non dovrebbe essere difficile da accogliere. “Nonostante l’età, queste piante ancora mi rispondono. Ci vuole la testa per fare questo lavoro. Tutta la frutta se la cogli al momento giusto ha le sue virtù. Perché i giovani di oggi non possono mangiare la frutta che ho sempre mangiato io? Le schifezze che ci fanno mangiare oggi non piacciono neanche alle mosche” ha concluso Rossignoli.
“In Trentino le piante producono casse di mele ma se uno va poi ad assaggiare una di quelle mele sente la chimica in bocca. Qui c’è un autentico tesoro ma ci vuole la testa per coltivare queste piante. Se lo si fa con criterio, poi la clientela rimane nel tempo come è successo a me”. Parole oneste e genuine su cui bisognerebbe solo riflettere in silenzio.
A.Bes.