Quando siete felici fateci caso e siate riconoscenti

Custodisco questa foto tra i ricordi più cari della mia vita.

E’ stata scattata 17 anni fa, me lo ricordo perfettamente perché celebravamo i primi 50 anni di mio fratello Enrico che è nato il 17 dicembre, pochi giorni prima di Natale.

Credo che sia l’unica foto che ritrae la mia famiglia d’origine al completo e rappresenta un evento più unico che raro, visto che essendo 23 tra figli, generi, nuore e nipoti, era davvero difficile trovare l’occasione perfetta per posare per una foto ricordo.

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Mentre la guardavo, mi è tornato alla mente il titolo di un libro famoso:

“Quando siete felici, fateci caso”.

“Mio zio Alex Vonnegut, un assicuratore che abitava al 5033 di North Pennsylvania Street, mi ha insegnato qualcosa di molto importante. diceva che quando le cose stanno andando a gonfie vele bisogna rendersene conto. Parlava di occasioni molto semplici, non di grandi trionfi. Bere un bicchiere di limonata all’ombra di un albero, magari, o sentire il profumo di una panetteria, o andare a pesca, o sentire la musica che esce da una sala da concerti standosene fuori al buio, oppure, oserei dire, l’attimo dopo un bacio. Mi diceva che era importante, in quei momenti, dire ad alta voce “cosa c’è di più bello di questo?” zio Alex, che è sepolto a Crown hill insieme a James Whitcomb Riley, mia sorella e i miei genitori, i miei nonni, i miei bisnonni e John Dilinger, pensava che fosse uno spreco terribile essere felici e non rendersene conto. e io la penso come lui.”

Facciamo mai caso a quando siamo felici in tanti momenti della nostra vita?

Oppure lo facciamo troppo tardi, quando l’attimo è passato e il futuro si fa incerto?

Quanti momenti belli abbiamo lasciato scivolare via pensando che tanto ne sarebbero seguiti altri e altri ancora e non avrebbe avuto senso soffermarcisi sopra troppo a lungo?

La consapevolezza di aver vissuto una vita ricca, piena e meravigliosa con mio marito l’ho sempre avuta e oggi a pochi giorni dal quarto Natale senza di lui, questa felicità mi manca profondamente, anche se a modo mio ho imparato ad andare avanti, trovando un rinnovato senso nel mio stare al mondo.

E questa consapevolezza mi consente di ricordare senza rimpianti.

Però, dico la verità, a mano a mano che si avvicina il Natale, faccio una gran fatica a scrivere di cose belle.

Sembra quasi che quella malinconia che mi porto dentro e che in qualche modo durante l’anno riesco a tenere quieta, quando arriva il mese di Dicembre, esploda senza che io possa fare niente per fermarla.

Dicembre è il mese dei posti vuoti a tavola, nelle fotografie, nei regali pensati e ricevuti e Iddio solo sa quanti ciascuno di noi ne porta in cuore .

E’il mese del freddo, ma quel freddo che non basta nemmeno la più calda delle coperte a riscaldare, perché arriva da dentro, da tutti i ricordi dei Natali passati.

Dicembre ti obbliga a sorrisi e parole gentili perché nessuno ha voglia di sentir parlare di vuoto e di mancanza.

A Natale è d’obbligo allontanare le fatiche e aprirsi alla gioia.

Ma mica sempre si riesce a fare finta di niente, anzi certi giorni non se ne ha proprio voglia.

E siccome a aprirsi alla gioia significa anche condividere la tavola con qualcuno, prima di salutarvi  vi lascio con una raccomandazione: non lasciate solo nessuno, a Natale.

Guardatevi attorno, liberate la mente da pensieri natalizi e obbligatevi a domandarvi se qualcuno rimarrà indietro quest’anno, e adoperatevi affinché questo non accada.

Certe volte basta un pensiero, una telefonata, un messaggio, un invito per spegnare la solitudine.

E se siete felici, fateci caso, siatene consapevoli e profondamente grate.

Buon Natale a ciascuno di voi, cari lettori e grazie per l’affetto con cui mi seguite e mi scrivete (gio.fumagalli66@gmail.com), grazie a chi mi riconosce per strada, al supermercato, in posta, dal fornaio e si avvicina per salutarmi, per me è davvero un onore conoscervi di persona.

Arrivederci al prossimo anno con storie nuove che come sempre potete trovare anche nel mio blog www.comodamentesedute.com
Rubrica a cura di Giovanna Fumagalli Biollo
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