Brivio: la prof.ssa M. Scimmi chiude il ciclo “Generare Dio”

Che volto avrebbe la Parrocchia di Brivio e Beverate se si pensasse in modo poliedrico? È con questa domanda, apparentemente complessa, che la professoressa Moira Scimmi, teologa-consacrata O.V. Diocesi di Milano, ha chiuso il ciclo “Generare Dio”. È stata lei infatti l’ultima ospite della rassegna organizzata dalla parrocchia – nelle persone di Ugo Panzeri e don Emilio Colombo – che ha visto giungere tra Brivio e Beverate in quattro diverse serate suor Cristina Lombardi (Madre generale delle suore Marcelline), la dottoressa Manuela Beretta, la dottoressa Claudia Alberico (Direttore generale Consultori "don Silvano Caccia”) e la professoressa Claudia Crevenna per riflettere insieme attorno al concetto del “generare” – così come fatto dal filosofo Massimo Cacciari, autore del volume “Generare Dio”

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La professoressa Moira Scimmi

La professoressa Scimmi ha proposto una riflessione estesa su più livelli riguardo al “generare”, ovvero generare Dio in una chiesa, generare Dio in una chiesa di donne e generare Dio in una chiesa di donne e uomini. “Che cosa ci sta a fare la chiesa nel tempo?” ha domandato la teologa. “Perché possa raggiungere nel tempo e nello spazio tutte le generazioni e tutte le genti; parole che entrambe hanno la stessa radice di generare”. Per accompagnare la riflessione è stata proiettata una celebre fotografia scattata durante delle manifestazioni del 2016 negli Stati Uniti, che immortala una ragazza di colore disarmata davanti a dei militari. “Amore disarmato. La chiesa è chiamata a presentarsi in questo modo” ha proseguito la professoressa, spiegando che già Dio in sé è amore disarmato. 

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Per fare questo, è importante “scorporare”, un atto ben più forte del suo contrario, incorporare. “Oggi purtroppo il consumismo è diventato più forte, ma lo sforzo che bisogna fare è quello di scorporare. E anche il ruolo della chiesa non dev’essere più quello di accompagnare in modo paternalistico o catechizzare l’essere umano, ben sì quello di risvegliare la vita, in modo che le persone si sentano accettate, allegre e possano mostrare la loro creatività”. 

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Ugo Panzeri


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Parlando di “Generare Dio in una chiesa di donne”, la professoressa Scimmi ha voluto condividere la poesia “Vietnam” di Wisława Szymborska, premio Nobel nel 1996, che parla di una donna apparentemente priva di identità, ma madre di alcuni figli. “L’idea generale della donna e del suo ruolo è questa, come Maria, madre e sposa. Gli uomini a contrario sono sempre pensati come forti. Queste immagini però sono in dissonanza con la società di oggi. Inquadrare la donna in ruoli predefiniti è una cosa non più sopportabile. Ma come è possibile nella chiesa di oggi pensare a questo?” ha domandato la professoressa. “È necessario rileggere ciò che è avvenuto nel passato, ma facendosi guidare da Cacciari, perché la parte materna e femminile è stata attirata solo su Maria, non su Dio. Nel nostro immaginario in Maria si condensa la fragilità, in Dio la forza. Bisogna riportare il linguaggio del generare (concetto legato alla donna ndr) in Dio, ma tenendo presente che il linguaggio del generare non è né maschile né femminile. Il parto è umano, è divino. Abbiamo bisogno di uomini e donne generativi in questo tempo”. Parlando di questo, la professoressa Scimmi ha specificato un altro concetto: “Si può essere generativi anche essendo vergini”. A sostegno di questo, ha citato un verso di Alda Merini: “La sua verginità era così materna che tutti i figli del mondo avrebbero voluto confluire nelle sue braccia”. 

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Don Emilio Colombo


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Infine, parlando di generare Dio in una chiesa di donne e uomini, la teologa ha proposto di osservare l’immagine delle “opere di misericordia” di Sieger Köder ascoltando il “credo” nella versione della  S.I.R.T, la Società italiana per la ricerca teologica. Quindi ha avanzato una riflessione su donne e uomini, fratelli e sorelle, ovvero “adelfos”, che in greco significa “nati dallo stesso grembo”. “Siamo tutti membra, senza distinzioni di ruoli e per una chiesa così, Papa Francesco offre un modello preciso: quello del poliedro. Non una chiesa piramidale, neanche con il modello sferico. Bensì un poliedro, che ci uniforma, e in cui ogni punto è equidistante. Questo è il passaggio da fare” ha detto la professoressa, spiegando che non servono neanche “gruppi”, poiché c’è il rischio che si chiudano. “È necessaria una chiesa che inizi a pensarsi in questo modello, anche una pastorale che si pensi cosi”.

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In una chiesa poliedrica, è stato spiegato, sono inseriti tutti non è escluso nessuno. Ognuno ne fa parte con le proprie idee. “Vi faccio questa domanda: che volto avrebbe la Parrocchia di Brivio e Beverate se si pensasse in modo poliedrico?”. 
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