Mandic: la Messa nei 40 anni dalla canonizzazione di san Leopoldo. Il ricordo delle figlie dell'uomo miracolato
“Era una domenica, tutti piangevano. Ci hanno detto che non c'era più nulla da fare. Lo avevano aperto e poi richiuso, la situazione era disperata, senza ritorno. Poi nostra mamma è andata al convento di Sabbioncello e lì le hanno dato una medaglietta di un frate, Leopoldo Mandic, di cui da qualche tempo si era sparsa la fama e di cui lei era devota. È tornata, l'ha messa sul torace del papà. È andata nella cappella a pregare, c'era suor Caterina che le ha detto di tornare a casa che ci avrebbero pensato loro”.
Dopo cinque giorni di agonia, con i medici che ormai avevano decretato l'irreversibilità delle sue condizioni, Paolo Castelli si sveglia d'improvviso: prima urla che sta per morire, cade riverso sul letto, poi torna a prendere colore, si tranquillizza. Sta bene. Era il 1962.
Colpito da «trombosi nel territorio della mesenterica superiore con esteso infarto dell’intestino tenue e gran parte dei visceri interessati da necrosi, torna a casa dopo qualche giorno e si mette a zappare nell'orto.
I medici dell'ospedale cittadino non sanno dare spiegazioni scientifiche per quella guarigione.
Del fatto vengono informate le autorità ecclesiastiche e mediche e inizia così l'iter, che porterà questa guarigione ad essere considerata miracolosa e a contribuire alla canonizzazione del frate cappuccino per volere di Papa Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1983. Nello stesso anno prima con delibera del comitato di gestione dell'USSL n. 14 e poi con approvazione dell'assemblea dei sindaci si decideva per l'intitolazione dell'ospedale a Leopoldo Mandic.
Quest'oggi nella cappella del presidio è stata celebrata una santa Messa solenne, animata pregevolmente dal coro di Ruginello, per fare memoria della ricorrenza. Ad officiarla, con don Biagio Fumagalli, è stato don Paolo Fontana responsabile del servizio diocesano della Pastorale della salute.
“San Leopoldo aveva desiderato essere missionario ma in Oriente, dove avrebbe voluto andare, non fu mandato. Così il suo Oriente lo trovò nel confessionale. Egli desiderava spendersi per l'unità dei cristiani. Ciascuno di noi, proprio come san Leopoldo, è chiamato ad essere missionario della porta accanto”. Poi facendo riferimento al miracolo avvenuto a Merate, che ha portato all'intitolazione dell'ospedale stesso, ha detto che “san Leopoldo si è fatto garante che qui venisse testimoniata la vita. È diventato il canale attraverso cui il Dio della vita, che ha passione per l'uomo, potesse manifestarsi con un segno grande e tangibile”.
Al termine della celebrazione, alla quale erano presenti anche le figlie e i parenti del signor Paolo Castelli, è stata impartita la benedizione con la reliquia del Santo che è custodita nella cappellania.
Dopo cinque giorni di agonia, con i medici che ormai avevano decretato l'irreversibilità delle sue condizioni, Paolo Castelli si sveglia d'improvviso: prima urla che sta per morire, cade riverso sul letto, poi torna a prendere colore, si tranquillizza. Sta bene. Era il 1962.
Colpito da «trombosi nel territorio della mesenterica superiore con esteso infarto dell’intestino tenue e gran parte dei visceri interessati da necrosi, torna a casa dopo qualche giorno e si mette a zappare nell'orto.
I medici dell'ospedale cittadino non sanno dare spiegazioni scientifiche per quella guarigione.
Del fatto vengono informate le autorità ecclesiastiche e mediche e inizia così l'iter, che porterà questa guarigione ad essere considerata miracolosa e a contribuire alla canonizzazione del frate cappuccino per volere di Papa Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1983. Nello stesso anno prima con delibera del comitato di gestione dell'USSL n. 14 e poi con approvazione dell'assemblea dei sindaci si decideva per l'intitolazione dell'ospedale a Leopoldo Mandic.
Quest'oggi nella cappella del presidio è stata celebrata una santa Messa solenne, animata pregevolmente dal coro di Ruginello, per fare memoria della ricorrenza. Ad officiarla, con don Biagio Fumagalli, è stato don Paolo Fontana responsabile del servizio diocesano della Pastorale della salute.
“San Leopoldo aveva desiderato essere missionario ma in Oriente, dove avrebbe voluto andare, non fu mandato. Così il suo Oriente lo trovò nel confessionale. Egli desiderava spendersi per l'unità dei cristiani. Ciascuno di noi, proprio come san Leopoldo, è chiamato ad essere missionario della porta accanto”. Poi facendo riferimento al miracolo avvenuto a Merate, che ha portato all'intitolazione dell'ospedale stesso, ha detto che “san Leopoldo si è fatto garante che qui venisse testimoniata la vita. È diventato il canale attraverso cui il Dio della vita, che ha passione per l'uomo, potesse manifestarsi con un segno grande e tangibile”.
Al termine della celebrazione, alla quale erano presenti anche le figlie e i parenti del signor Paolo Castelli, è stata impartita la benedizione con la reliquia del Santo che è custodita nella cappellania.
S.V.