Olgiate: diffonde in chat un video pedoporno raccapricciante. Il nigeriano ora a processo sostiene la tesi dell'errore di invio
Ha ricevuto un video inequivocabilmente dal contenuto pedopornografico e - a suo dire per errore - lo ha condiviso nel gruppo WhatsApp del lavoro. Per l'accaduto, risalente al marzo 2020, un cittadino nigeriano residente a Olgiate Molgora è chiamato a rispondere al cospetto del collegio giudicante del Tribunale di Lecco della diffusione, per l'appunto, di materiale pedopornografico. A denunciarlo un ex collega che, aperto il filmato, dopo essersi consultato con la fidanzata, si è rivolto alla Polizia Postale, disgustato da quanto visto e sentito e dunque dalle immagini e dell'audio "di un adulto che stupra, sotto i pianti, un neonato o comunque un bambino piccolo piccolo".
Originato a Milano, il fascicolo è stato ora affidato al sostituto procurate Giulia Angeleri che nel pomeriggio odierno ha portato in Aula, quali testimoni della pubblica accusa, gli operanti che si sono occupati dell'attività investigativa, ottenendo il cellulare dell'imputato - sul quale a distanza di un paio di mesi dell'inoltro incriminato il video era ancora presente - con il contenuto poi cristallizzato agli atti.
Rendendo esame, lo straniero, passato anche dal centro d'accoglienza di Airuno e ora attivo anche nel campo del volontariato, ha raccontato di aver effettivamente ricevuto quel video da una connazionale, di averlo visto e di aver pensato di girarlo a un amico per "condannarne" il contenuto. Il passaggio nella chat "aziendale" - condivisa con 37 colleghi - sarebbe stato un mero errore di cui avrebbe preso contezza solo dopo le reazioni schifate dei colleghi. Buttato fuori dal gruppo, non avrebbe poi avuto possibilità di spiegarsi. Ma - a dire il vero - come rilevato dal Presidente Bianca Maria Bianchi interrogando l'africano, mancava anche in partenza un commento di accompagnamento, quale presa di distanza rispetto alle immagini in questione.
Non ha dubbi sulla colpevolezza del nigeriano il PM, arrivato a chiedere la condanna dell'uomo a 3 anni e 3.000 euro di multa.
Di diverso avviso, chiaramente, l'avvocato Roberta Valmachino del Foro di Pavia che ha evidenziato come il suo assistito si sia immediatamente reso disponibile con i poliziotti, sbloccando e consegnando il cellulare, fornendo agli operanti subito la stessa spiegazione resa oggi in aula. La volontà poi di far vedere il video a un conoscente - sbagliando chat - è giustificabile con la stessa reazione avuta dal denunciate che, sconvolto, lo ha mostrato alla convivente. Poi l'italiano, forse più istruito, ha fatto il passo in più, rivolgendosi alla Polizia, mentre per l'africano - descritto tra l'altro dallo stesso collega come irreprensibile - la questione si sarebbe chiusa lì. Chiesta dunque l'assoluzione con la formula ritenuta più opportuna.
La sentenza è ora prevista per il prossimo 29 novembre
Originato a Milano, il fascicolo è stato ora affidato al sostituto procurate Giulia Angeleri che nel pomeriggio odierno ha portato in Aula, quali testimoni della pubblica accusa, gli operanti che si sono occupati dell'attività investigativa, ottenendo il cellulare dell'imputato - sul quale a distanza di un paio di mesi dell'inoltro incriminato il video era ancora presente - con il contenuto poi cristallizzato agli atti.
Rendendo esame, lo straniero, passato anche dal centro d'accoglienza di Airuno e ora attivo anche nel campo del volontariato, ha raccontato di aver effettivamente ricevuto quel video da una connazionale, di averlo visto e di aver pensato di girarlo a un amico per "condannarne" il contenuto. Il passaggio nella chat "aziendale" - condivisa con 37 colleghi - sarebbe stato un mero errore di cui avrebbe preso contezza solo dopo le reazioni schifate dei colleghi. Buttato fuori dal gruppo, non avrebbe poi avuto possibilità di spiegarsi. Ma - a dire il vero - come rilevato dal Presidente Bianca Maria Bianchi interrogando l'africano, mancava anche in partenza un commento di accompagnamento, quale presa di distanza rispetto alle immagini in questione.
Non ha dubbi sulla colpevolezza del nigeriano il PM, arrivato a chiedere la condanna dell'uomo a 3 anni e 3.000 euro di multa.
Di diverso avviso, chiaramente, l'avvocato Roberta Valmachino del Foro di Pavia che ha evidenziato come il suo assistito si sia immediatamente reso disponibile con i poliziotti, sbloccando e consegnando il cellulare, fornendo agli operanti subito la stessa spiegazione resa oggi in aula. La volontà poi di far vedere il video a un conoscente - sbagliando chat - è giustificabile con la stessa reazione avuta dal denunciate che, sconvolto, lo ha mostrato alla convivente. Poi l'italiano, forse più istruito, ha fatto il passo in più, rivolgendosi alla Polizia, mentre per l'africano - descritto tra l'altro dallo stesso collega come irreprensibile - la questione si sarebbe chiusa lì. Chiesta dunque l'assoluzione con la formula ritenuta più opportuna.
La sentenza è ora prevista per il prossimo 29 novembre
A.M.