Mandic: cinquemila firme per fermare il declino sono utili ma non bastano. Serve la mobilitazione di uomini e risorse
Si avvia verso le cinquemila firme la petizione lanciata dal tavolo sanità del Partito Democratico all’indomani della conferenza stampa di presentazione delle iniziative a difesa del San Leopoldo Mandic.
Possiamo dire – non senza malcelata, quanto sofferta, soddisfazione – che ora tutti, anzi quasi tutti – hanno preso atto di quanto andiamo sostenendo da anni: che servizio dopo servizio, prestazione dopo prestazione per effetto di chiusure o trasferimenti al Manzoni di Lecco, il presidio è sotto attacco, vittima di un ridimensionamento senza precedenti.
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All’appello mancano ovviamente coloro che sin qui hanno sostenuto il contrario di quanto andavamo denunciando noi (e il collega Daniele De Salvo sul suo giornale): Mauro Piazza, sottosegretario regionale ora in quota Lega (non si sa per quanto) e Massimo Augusto Panzeri, per il quale prima viene la Lega e poi tutto il resto.
Ma le firme da sole non bastano. Per il ritorno di Gregorio Del Boca e Anna Biffi in reparto Ostetricia-Ginecologia sono state superate le mille adesioni. Il risultato, però, gratifica soltanto i due professionisti. Che in quel reparto, ormai morente, non torneranno.
E anche in questo caso le cinquemila firme a oggi non serviranno a fermare l’azione distruttiva in corso. Le dichiarazioni raccolte dai giornali inginocchiati davanti al direttore generale dell’ASST Lecco, sono illuminanti: Paolo Favini, nei due mesi che gli restano alla guida dell’azienda vede per il Mandic un futuro attraverso due reparti, la Pneumologia e la Geriatria. Nessuno dei quali fa parte del Dipartimento Emergenza e Accettazione di 1° livello. Nella logica del Dg, non a caso in cima alla classifica regionale dei migliori top manager, l’ospedale di Merate può perdere i servizi essenziali per un presidio per acuti: la Rianimazione, il Pronto soccorso e di riflesso, il dipartimento chirurgico. Insomma resterebbe un presidio specializzato nelle malattie polmonari e nella cura degli anziani. Un Inrca ma più grande.
Fermare questo processo richiede una mobilitazione di uomini e di risorse. Si fa strada l’ipotesi di una struttura modello Organizzazione di Volontariato (ODV) costituita da persone la cui tendenza politica è del tutto irrilevante ma che hanno contezza della situazione e volontà di invertire la rotta. In grado di intercettare risorse da canalizzare poi su progetti specifici atti a rilanciare i reparti di punta del presidio.
Un embrione di un progetto più vasto. L’importante è muoversi, non restare immobili. Compiere il primo passo.
Possiamo dire – non senza malcelata, quanto sofferta, soddisfazione – che ora tutti, anzi quasi tutti – hanno preso atto di quanto andiamo sostenendo da anni: che servizio dopo servizio, prestazione dopo prestazione per effetto di chiusure o trasferimenti al Manzoni di Lecco, il presidio è sotto attacco, vittima di un ridimensionamento senza precedenti.
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All’appello mancano ovviamente coloro che sin qui hanno sostenuto il contrario di quanto andavamo denunciando noi (e il collega Daniele De Salvo sul suo giornale): Mauro Piazza, sottosegretario regionale ora in quota Lega (non si sa per quanto) e Massimo Augusto Panzeri, per il quale prima viene la Lega e poi tutto il resto.
Ma le firme da sole non bastano. Per il ritorno di Gregorio Del Boca e Anna Biffi in reparto Ostetricia-Ginecologia sono state superate le mille adesioni. Il risultato, però, gratifica soltanto i due professionisti. Che in quel reparto, ormai morente, non torneranno.
E anche in questo caso le cinquemila firme a oggi non serviranno a fermare l’azione distruttiva in corso. Le dichiarazioni raccolte dai giornali inginocchiati davanti al direttore generale dell’ASST Lecco, sono illuminanti: Paolo Favini, nei due mesi che gli restano alla guida dell’azienda vede per il Mandic un futuro attraverso due reparti, la Pneumologia e la Geriatria. Nessuno dei quali fa parte del Dipartimento Emergenza e Accettazione di 1° livello. Nella logica del Dg, non a caso in cima alla classifica regionale dei migliori top manager, l’ospedale di Merate può perdere i servizi essenziali per un presidio per acuti: la Rianimazione, il Pronto soccorso e di riflesso, il dipartimento chirurgico. Insomma resterebbe un presidio specializzato nelle malattie polmonari e nella cura degli anziani. Un Inrca ma più grande.
Fermare questo processo richiede una mobilitazione di uomini e di risorse. Si fa strada l’ipotesi di una struttura modello Organizzazione di Volontariato (ODV) costituita da persone la cui tendenza politica è del tutto irrilevante ma che hanno contezza della situazione e volontà di invertire la rotta. In grado di intercettare risorse da canalizzare poi su progetti specifici atti a rilanciare i reparti di punta del presidio.
Un embrione di un progetto più vasto. L’importante è muoversi, non restare immobili. Compiere il primo passo.
https://www.change.org/p/salviamo-l-ospedale-di-merate
C.B.