Anno 2019, Panzeri (Lega): il Mandic non va salvato ma va valorizzato. E ora cosa dice?
È sotto gli occhi di tutti che l’ospedale sia gravemente malato e la sua cartella clinica si aggrava di giorno in giorno; la patologia si chiama cattiva politica. Evidentemente chi lo sta curando (sia la politica locale sia quella regionale) non è in grado di farlo, oppure non vuole che il malato guarisca. Noi crediamo più nella seconda ipotesi. Correva l’anno 2019 e l’allora candidato sindaco Massimo Panzeri strillava che sull’ospedale Mandic si faceva un allarmismo inutile. Ecco le sue parole: “Posto che i numeri, inteso come utenti, siano la discriminante per la sopravvivenza di un presidio ospedaliero su un territorio, cosa da cui dissento, siamo convinti che il continuo allarmismo rispetto all'ipotetica chiusura di alcuni reparti faccia del bene al nostro ospedale? Che creando sfiducia e incertezze ai cittadini si migliorino questi famigerati numeri? A mio parere no, anzi si induce la gente, nel dubbio, a rivolgersi altrove.” Signor Sindaco, a distanza di anni, ne sono passati 4, non sono i cittadini che se ne sono andati dal Mandic, ma i medici, gli infermieri, i primari, con un’accelerata in quest’ultimo anno. Evidentemente nessuno di loro è stato tutelato nella sua funzione all’interno del presidio medico e molti sono stati invogliati a lasciare il pubblico per il privato. Ma torniamo alle parole del Sindaco: “Per quanto ci riguarda il tema dell'ospedale sarà certamente uno dei punti - non il solo - del nostro programma elettorale. Lo sarà però in un'ottica di valorizzazione del presidio, per quanto possa essere di competenza dell'amministrazione comunale, di un supporto ed una collaborazione fattiva con la dirigenza ospedaliera e di un confronto, se necessario anche critico, con la Regione stessa.” Signor Sindaco, vista la più che probabile chiusura del reparto nascite, l’ortopedia rimasta orfana del primario, il pronto soccorso in mano ai gettonisti privati, l’annuncio che se ne andranno anche quattro pediatri, preceduti da altri ortopedici, psichiatri, rianimatori a un ritmo medio di uno al giorno, siamo fortemente dubbiosi sull’efficacia dei suoi sforzi in Regione Lombardia. Forse, per non disturbare la parte politica, la sua, che da anni ha in mano il pallino della sanità pubblica e privata, le sue critiche saranno state appena sussurrate. Un bisbiglio che si è perso nei corridoi del Comune spegnendosi già in Piazza Prinetti, figuriamoci se sentito dal direttore generale dell’Asst di Lecco e all’Assessorato alla Sanità lombarda a Milano. Allora ci chiediamo cosa abbia fatto per cercare di fermare l’emorragia in questi anni dato che sono di pochi giorni fa le parole del Favini che ribadiscono le chiarissime intenzioni sulla cartella clinica del Mandic: “A Merate non si può continuare a vivere pensando a com’eravamo cinquant’anni fa, lo sguardo va rivolto al presente e al futuro che ci danno indicazioni precise.” Noi, al contrario, uno sguardo al passato lo vogliamo fissare. Cinquant’anni fa non era ancora in atto la privatizzazione della sanità lombarda da parte della politica ma personaggi come Roberto Formigoni (Popolo delle Libertà) Roberto Maroni (Lega nord) Attilio Fontana (Lega) hanno iniziato la predazione del patrimonio sanitario che continua inesorabilmente. Dunque, sia la cattiva politica regionale che quella locale, hanno creato le condizioni per depotenziare l’Ospedale Mandic ignorando che la Costituzione Italiana recita all’articolo 32: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.”
Movimento 5 Stelle – Merate