Mandic: la versione del megafono
Due previsioni avevamo formulato nel passato recente. E si sono rivelate entrambe azzeccate. La prima. Con la decisione di “spingere” Gregorio Del Boca alle dimissioni il reparto di Ostetricia-Ginecologia avrebbe imboccato una pericolosa discesa. La seconda. Per raccontare le ragioni di questa discesa la stampa cartacea, sempre prona, ha chiesto spiegazioni all’oste circa la qualità del vino in mescita.
Avevamo pure aggiunto che il “punto nascite” era oggettivamente a rischio e ciò aveva provocato una mezza rivolta, soprattutto da una parte della classe politica locale, quella che meno capisce e ancor meno ha voglia di capire.
Azzeccheremo anche questa previsione, purtroppo. E’ solo questione di tempo.
Studiare i movimenti, leggere i numeri delle attività interventistiche e ambulatoriali, parlare con gli operatori è il compito del giornalista. Chi si limita a dare voce svolge la sola funzione di megafono per conto terzi. Poi però in edicola si paga il conto.
Dunque il direttore generale spiega che le dimissioni di Tiziana Dell’Anna sono dovute a ragioni personali. La causa, invece, è ben altra come sanno lo stesso Favini e altri due primari del Mandic….! Dice il Dg, la Dell’Anna ha tentato inutilmente di invertire una tendenza già in atto quando il reparto era un “cesarificio”.
Una simile affermazione, pronunciata da un medico, è davvero di una volgarità inaudita. Chi l’ha pronunciata e chi l’ha trascritta dovrebbero vergognarsi. Il “cesarificio” come l’ha sprezzantemente definito il reparto diretto da Del Boca non ha mai fatto registrare un decesso. Al contrario è calato il silenzio sulle morti avvenute al Manzoni il 9 febbraio 2022, il 22 luglio 2023 e al Mandic il 5 maggio 2023. Gli ultimi due casi imputati a cardiopatie ma non sembra che la diagnosi sia stata certificata dall’autopsia.
Il tema è delicatissimo per cui ci fermiamo qui, ma certe affermazioni fanno davvero ribrezzo.
Inoltre è troppo comodo dire che Merate non può continuare a vivere pensando a com’era l’ospedale cinquant’anni fa. Eh no egregio dottor Favini: l’ospedale era funzionante, pur tra tante difficoltà fino al 2019. Anche allora denunciavamo le situazioni di criticità che si evidenziavano per ragioni più generali, quali la mancanza di medici e la maggiore attrattività del privato o delle cooperative che stavano nascendo. Ma i reparti funzionavano con Stefano Manfredi, Giuseppina Panizzoli, Mauro Lovisari, Ambrogio Bertoglio, Pietro Caltagirone. Allora i direttori di dipartimento erano ripartiti tra i due presidi per acuti. Ora sono tutti lecchesi, a partire da Piero Poli che coordina Chirurgia e Ortopedia Lecco e Ortopedia Merate, reparto che proprio nei giorni scorsi ha visto dimettersi il suo primario.
La volontà di annichilire Merate è di tutta evidenza e trova spazio solo grazie all’indifferenza e all’ignoranza della classe politica comunale e provinciale. Avete mai sentito la signora Hoffman che non perde un’occasione per salire su un palco, fosse anche la festa della patata, dire due parole sulla situazione del presidio? Eppure è sindaca di Monticello oltre che presidente della provincia. Ma protestare significa inimicarsi i vertici del partito. Sia mai che per una causa comune si comprometta la propria carriera.
Questo è il quadro reale. E ci sono ragioni per temere che la “rivolta” non sia terminata.
Avevamo pure aggiunto che il “punto nascite” era oggettivamente a rischio e ciò aveva provocato una mezza rivolta, soprattutto da una parte della classe politica locale, quella che meno capisce e ancor meno ha voglia di capire.
Azzeccheremo anche questa previsione, purtroppo. E’ solo questione di tempo.
Studiare i movimenti, leggere i numeri delle attività interventistiche e ambulatoriali, parlare con gli operatori è il compito del giornalista. Chi si limita a dare voce svolge la sola funzione di megafono per conto terzi. Poi però in edicola si paga il conto.
Dunque il direttore generale spiega che le dimissioni di Tiziana Dell’Anna sono dovute a ragioni personali. La causa, invece, è ben altra come sanno lo stesso Favini e altri due primari del Mandic….! Dice il Dg, la Dell’Anna ha tentato inutilmente di invertire una tendenza già in atto quando il reparto era un “cesarificio”.
Una simile affermazione, pronunciata da un medico, è davvero di una volgarità inaudita. Chi l’ha pronunciata e chi l’ha trascritta dovrebbero vergognarsi. Il “cesarificio” come l’ha sprezzantemente definito il reparto diretto da Del Boca non ha mai fatto registrare un decesso. Al contrario è calato il silenzio sulle morti avvenute al Manzoni il 9 febbraio 2022, il 22 luglio 2023 e al Mandic il 5 maggio 2023. Gli ultimi due casi imputati a cardiopatie ma non sembra che la diagnosi sia stata certificata dall’autopsia.
Il tema è delicatissimo per cui ci fermiamo qui, ma certe affermazioni fanno davvero ribrezzo.
Inoltre è troppo comodo dire che Merate non può continuare a vivere pensando a com’era l’ospedale cinquant’anni fa. Eh no egregio dottor Favini: l’ospedale era funzionante, pur tra tante difficoltà fino al 2019. Anche allora denunciavamo le situazioni di criticità che si evidenziavano per ragioni più generali, quali la mancanza di medici e la maggiore attrattività del privato o delle cooperative che stavano nascendo. Ma i reparti funzionavano con Stefano Manfredi, Giuseppina Panizzoli, Mauro Lovisari, Ambrogio Bertoglio, Pietro Caltagirone. Allora i direttori di dipartimento erano ripartiti tra i due presidi per acuti. Ora sono tutti lecchesi, a partire da Piero Poli che coordina Chirurgia e Ortopedia Lecco e Ortopedia Merate, reparto che proprio nei giorni scorsi ha visto dimettersi il suo primario.
La volontà di annichilire Merate è di tutta evidenza e trova spazio solo grazie all’indifferenza e all’ignoranza della classe politica comunale e provinciale. Avete mai sentito la signora Hoffman che non perde un’occasione per salire su un palco, fosse anche la festa della patata, dire due parole sulla situazione del presidio? Eppure è sindaca di Monticello oltre che presidente della provincia. Ma protestare significa inimicarsi i vertici del partito. Sia mai che per una causa comune si comprometta la propria carriera.
Questo è il quadro reale. E ci sono ragioni per temere che la “rivolta” non sia terminata.
Claudio Brambilla