Novate: trent'anni fa il cardinale Carlo Martini inaugurava la chiesa della "Madonna della Pace". I ricordi in tre video
Sono le 10 del 29 agosto 1993 e le campane suonano a festa come se non ci fosse un domani.
Per la frazione di Novate è una giornata storica.
Dopo due anni di lavori la nuova Chiesa dedicata alla “Madonna della Pace” è terminata e pronta ad essere benedetta e a diventare il punto di riferimento per la piccola comunità guidata da don Angelo Francesco Cazzaniga, già artefice del restauro di quella di santo Stefano ubicata in cima alla collina e non più adatta alle esigenze di una “famiglia” in crescita e che invecchia, dunque che ha bisogno di maggiori spazi e luoghi più agevoli da raggiungere.
La cerimonia si preannuncia in grande stile: nastri bianco azzurri ornano l'accesso all'edificio realizzato su un appezzamento di terreno di proprietà, lungo via Cerri, accanto a quella che era la casa di allora delle suore dell'Immacolata e al confine con l'oratorio.
Una serie di pannelli raccontano le fasi della costruzione su disegno dell'architetto Gianpaolo Guzzetti e sotto la direzione dell'architetto Roberto Colombo.
Sono centinaia le persone presenti, anzitutto i parrocchiani veri protagonisti e destinatari di quest'opera costata diverse centinaia di milioni di vecchie lire e saldata tutta con offerte e lasciti.
Da una Lancia scura scende l'imponente figura del cardinale Carlo Maria Martini, guida della Diocesi di Milano.
Accolto da don Angelo e dai sacerdoti del decanato e oltre, viene accompagnato nella casa delle suore per vestire i paramenti sacri per la funzione. Da lì parte la lunga processione che, in uno scampanare ininterrotto, attraversa le due ali della folla che deve restare sul sagrato perchè ormai non ci sono più posti, e fa il suo ingresso in chiesa.
Sono la luce e i colori a dominare la scena. I toni del blu e del nero sono dati dagli abiti da cerimonia indossati dai presenti. Per il resto tutto è luminoso, trasparente, raggiante.
Ancorato al pastorale il cardinale sosta ad ammirare l'enorme vetrata che campeggia sopra l'altare e poi avanza benedicente. Nelle prime file ci sono le autorità locali: il sindaco Mario Gallina con gli assessori Laura Crippa e Battista Albani, l'allora comandante della compagnia dei carabinieri di Lecco Mauro Masic, il notaio Modesto Bosisio.
La cerimonia, animata dal coro parrocchiale durerà oltre due ore per via dei diversi riti di benedizione previsti in una funzione di consacrazione (altare, colonne, reliquie, battistero – lo stesso dove negli anni diversi ci finirono dentro inzuppandosi le scarpe, ndr). Sulla Mensa viene stesa una tovaglia bianca, i rappresentanti delle diverse fasce di età portano i doni all'alto prelato.
In tre video registrati in forma amatoriale quella mattina si riconoscono volti, persone, autorità che oggi non ci sono più o che si sono ritirate a vita privata.
Quella domenica è rimasta come una pietra miliare nella storia della frazione anche perchè nel corso degli anni l'edificio è stato abbellito con molti altri particolari di pregio, studiati nella forma e nel significato.
Amante della montagna don Angelo aveva voluto la sua chiesa, un regalo per quella che era sempre stata la sua famiglia per quarant'anni, con uno stile simile alle cappelle che si trovano sulle dolomiti, con il tetto protesto verso il cielo, l'ardesia a fare da copertura e una stilizzazione che ricordava due mani giunte in preghiera.
La navata è unica e a dominarla è appunto la grande vetrata di Trento Longaretti, posta sopra l'altare con la figura di Cristo risorto che a san Tommaso "dubbioso" indica il suo costato trafitto quale risposta alle domande che lo tormentano. Orante e serena invece è l'immagine di Maria in preghiera.
Altre enormi vetrate circondano i fedeli, raccontando una via Crucis decisamente originale che parte dalla cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso e arriva sino ai martiri dei giorni nostri, nelle figure di santo Stefano, padre Massimiliano Kolbe e un bambino mutilato vittima della violenza umana.
L'altare semplice ed essenziale è formato da 12 pietre, di cui alcune fuori asse, che senza la mensa centrale (Cristo) crollerebbero al suolo.
Ci sono poi l'ambone, a forma di libro aperto con scolpiti i simboli dei quattro evangelisti, il battistero con l'acqua che scorre sul pavimento, la Vergine lignea, il Cristo sull'altare senza la Croce che si svela poi nella grande vetrata della resurrezione.
Sopra il portone di ingresso un mosaico con l'immagine dell'agnello e sul pavimento del sagrato la scritta “Nevè Shalom – Oasi di Pace”.
A trent'anni dalla sua consacrazione la chiesa si è arricchita del salone parrocchiale multifunzionale che si trova al piano interrato insieme alle aule di catechismo, sono stati aggiunti un quadro del Cristo della Misericordia.
Tanti dei protagonisti di quel giorno oggi non ci sono più. Due lo furono in particolare: il cardinale Martini che con la sua presenza e la sua omelia di altissimo livello e grande profondità diede un'impronta indelebile a quel giorno e don Angelo che per la sua comunità si spese sino all'ultimo giorno, senza mai volerla lasciare.
Per la frazione di Novate è una giornata storica.
Dopo due anni di lavori la nuova Chiesa dedicata alla “Madonna della Pace” è terminata e pronta ad essere benedetta e a diventare il punto di riferimento per la piccola comunità guidata da don Angelo Francesco Cazzaniga, già artefice del restauro di quella di santo Stefano ubicata in cima alla collina e non più adatta alle esigenze di una “famiglia” in crescita e che invecchia, dunque che ha bisogno di maggiori spazi e luoghi più agevoli da raggiungere.
La cerimonia si preannuncia in grande stile: nastri bianco azzurri ornano l'accesso all'edificio realizzato su un appezzamento di terreno di proprietà, lungo via Cerri, accanto a quella che era la casa di allora delle suore dell'Immacolata e al confine con l'oratorio.
Una serie di pannelli raccontano le fasi della costruzione su disegno dell'architetto Gianpaolo Guzzetti e sotto la direzione dell'architetto Roberto Colombo.
Sono centinaia le persone presenti, anzitutto i parrocchiani veri protagonisti e destinatari di quest'opera costata diverse centinaia di milioni di vecchie lire e saldata tutta con offerte e lasciti.
Da una Lancia scura scende l'imponente figura del cardinale Carlo Maria Martini, guida della Diocesi di Milano.
Accolto da don Angelo e dai sacerdoti del decanato e oltre, viene accompagnato nella casa delle suore per vestire i paramenti sacri per la funzione. Da lì parte la lunga processione che, in uno scampanare ininterrotto, attraversa le due ali della folla che deve restare sul sagrato perchè ormai non ci sono più posti, e fa il suo ingresso in chiesa.
Sono la luce e i colori a dominare la scena. I toni del blu e del nero sono dati dagli abiti da cerimonia indossati dai presenti. Per il resto tutto è luminoso, trasparente, raggiante.
Ancorato al pastorale il cardinale sosta ad ammirare l'enorme vetrata che campeggia sopra l'altare e poi avanza benedicente. Nelle prime file ci sono le autorità locali: il sindaco Mario Gallina con gli assessori Laura Crippa e Battista Albani, l'allora comandante della compagnia dei carabinieri di Lecco Mauro Masic, il notaio Modesto Bosisio.
La cerimonia, animata dal coro parrocchiale durerà oltre due ore per via dei diversi riti di benedizione previsti in una funzione di consacrazione (altare, colonne, reliquie, battistero – lo stesso dove negli anni diversi ci finirono dentro inzuppandosi le scarpe, ndr). Sulla Mensa viene stesa una tovaglia bianca, i rappresentanti delle diverse fasce di età portano i doni all'alto prelato.
In tre video registrati in forma amatoriale quella mattina si riconoscono volti, persone, autorità che oggi non ci sono più o che si sono ritirate a vita privata.
Quella domenica è rimasta come una pietra miliare nella storia della frazione anche perchè nel corso degli anni l'edificio è stato abbellito con molti altri particolari di pregio, studiati nella forma e nel significato.
Amante della montagna don Angelo aveva voluto la sua chiesa, un regalo per quella che era sempre stata la sua famiglia per quarant'anni, con uno stile simile alle cappelle che si trovano sulle dolomiti, con il tetto protesto verso il cielo, l'ardesia a fare da copertura e una stilizzazione che ricordava due mani giunte in preghiera.
La navata è unica e a dominarla è appunto la grande vetrata di Trento Longaretti, posta sopra l'altare con la figura di Cristo risorto che a san Tommaso "dubbioso" indica il suo costato trafitto quale risposta alle domande che lo tormentano. Orante e serena invece è l'immagine di Maria in preghiera.
Altre enormi vetrate circondano i fedeli, raccontando una via Crucis decisamente originale che parte dalla cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso e arriva sino ai martiri dei giorni nostri, nelle figure di santo Stefano, padre Massimiliano Kolbe e un bambino mutilato vittima della violenza umana.
L'altare semplice ed essenziale è formato da 12 pietre, di cui alcune fuori asse, che senza la mensa centrale (Cristo) crollerebbero al suolo.
Ci sono poi l'ambone, a forma di libro aperto con scolpiti i simboli dei quattro evangelisti, il battistero con l'acqua che scorre sul pavimento, la Vergine lignea, il Cristo sull'altare senza la Croce che si svela poi nella grande vetrata della resurrezione.
Sopra il portone di ingresso un mosaico con l'immagine dell'agnello e sul pavimento del sagrato la scritta “Nevè Shalom – Oasi di Pace”.
A trent'anni dalla sua consacrazione la chiesa si è arricchita del salone parrocchiale multifunzionale che si trova al piano interrato insieme alle aule di catechismo, sono stati aggiunti un quadro del Cristo della Misericordia.
Tanti dei protagonisti di quel giorno oggi non ci sono più. Due lo furono in particolare: il cardinale Martini che con la sua presenza e la sua omelia di altissimo livello e grande profondità diede un'impronta indelebile a quel giorno e don Angelo che per la sua comunità si spese sino all'ultimo giorno, senza mai volerla lasciare.
S.V.