Merate, viaggio a ritroso nel tempo/1: storie di osterie, trani, alberghi e della vita contadina e operaia che ci girava attorno

Quello che riproponiamo ai lettori di Merate e a quanti nella nostra città hanno vissuto è null'altro che un piccolo regalo fatto nel lontano 2001. Merateonline era agli inizi, aveva appena un anno, e poco più di 500 ingressi al giorno. Merate era l'epicentro del giornale e la storia della città stava nel cuore dei fondatori. L'idea era di continuare con una tecnologia (allora) sperimentale l'esperienza maturata nella carta stampata. Senza velleità, un’informazione diversa, rapida, libera, senza condizionamenti né scadenze da rispettare. Dalle prime inchieste che hanno imposto ben presto il nuovo giornale all’attenzione dei maggiorenti sono seguite reazioni sempre più stizzite fino alla violenta perquisizione ad opera dei carabinieri del 1° agosto 2002. Ma nonostante tutto siamo andati avanti e in quei mesi abbiamo dedicato il lavoro alla nostra città. 
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1904: Piazza Castello e sullo sfondo il municipio (CLICCA  SULL'IMMAGINE PER INGRANDIRE)

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1910: Viale Principe di Napoli ora viale Lombardia

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Quella che vogliamo raccontarvi è la storia di un paese che esiste solo nella memoria di chi sa ricordare; di chi guarda con occhio disincantato il presente ma ama annusare gli angoli del passato; quel poco almeno che ancora c'è, nascosto dietro un portone chiuso, oltre un porticato, in fondo ad un cortile, sotto un vecchio stabile abbandonato. E' la storia vissuta e trascorsa dentro e fuori i "trani", le osterie, i primi bar. Luoghi di incontro (e di scontro) della Merate del Novecento, paese, con ambizioni di cittadina, che però finiva dietro Via Angelo Sala e il "Pozzetto", oltre il quale c'era la campagna, lo stradone e poi ancora la campagna, fino a Brugarolo (il progetto di via Verdi fu approvato nel 1957 e realizzato qualche anno più tardi). Una campagna immersa nella nebbia più fitta già a fine ottobre e poi, da novembre, sepolta sotto una coltre soffice di neve fino a carnevale. Anche nebbia e neve, ormai, sono quasi un ricordo. Gran parte del paesaggio, rimasto sempre uguale per secoli e secoli, è profondamente cambiato negli ultimi cento anni.
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La statale 36 a Carzaniga. In primo piano il vecchio garage.
In fondo, sempre a destra, Casa Clapis più nota come il "Fabbricone"

Un tempo, il viaggiatore che arrivava dalla stazione, imboccata la strada per Merate, trovava alla sua sinistra il "Caffè di Carzaniga", con servizio ristorante, sala biliardo e giardinetto per concerti estivi. Intorno, qualche villa patrizia, le case del contado e poco altro, fino in Via Manzoni, dove c'era la prima sede del Municipio (1859-60, nel palazzetto ove oggi c'era il negozio di Longinotti e oggi di Regalcasa).
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Via Manzoni, sullo sfondo la torre (1903)


Giunto in Piazza Prinetti, a 288 metri sul livello del mare, al nostro viaggiatore si offrivano molte opportunità di ristoro. Poteva scegliere addirittura fra tre alberghi: l'albergo del Sole con davanti un bel giardino ombreggiato, l'albergo Merate, dotato di un ampio salone e l'albergo della Torre. Chiuso uno dopo l'altro, è sopravvissuto per qualche decennio l'albergo Valsecchi di Via Cornaggia. Oggi, anche del Valsecchi è rimasto solo il ricordo. Il centro della città che nel frattempo ha visto la popolazione raddoppiare, non ha più un albergo. Quanto ai locali pubblici, paiono tanti i dieci che oggi funzionano nel centro storico, tra Piazza Italia e Piazza Vittoria. Invece sono la metà di quelli che aprivano lungo le stesse strade, allora selciate, negli anni cinquanta e sessanta. Bar che erano al tempo stesso trattorie e ritrovi sociali. Alla Taverna si andava per guardare la televisione, installata in una saletta a destra del locale mescita, semibuia, con tante sedie di legno e paglia. Il biglietto era una consumazione modesta, un bicchiere di gazzosa, un paio di "stringhe" con la meringa rossa. In cambio si poteva ammirare quello scatolone in bianco e nero con le storie di Lassie e Rin Tin Tin, di Calimero e del tenente Sheridan, le pubblicità del confetto Falqui, per il quale basta(va) la parola e del dentifricio Durban ("con quella bocca può dire ciò che vuole"). Al "Cantinun" si poteva sorseggiare buon vino. Da "Madio", trippa tutti i giorni mentre al "Circolone" si giocava a bocce e al "Landeghett" al calcio balilla. Erano gli anni cinquanta; la televisione, nata nel '54, era ancora un lusso per pochi. Nelle case c'era la radio, e tanto bastava. Del resto le persone preferivano stare in compagnia: le sere d'estate, sedute sulle panchine di pietra dentro i vecchi cortili, fin quando faceva buio; le sere d'inverno, accucciate davanti ai camini grandi quanto una parete o "rintanate" in una delle tante osterie del paese, a giocare interminabili partite a scopa, a briscola, a marianna, a tressette, al due e a "rubamazett".
L'osteria: il centro sociale dei nostri nonni, luogo di incontri e di perdizione; quinta teatrale di piccoli e grandi fatti che animavano la vita del paese e finivano per diventare pagine di storia. Quella storia che ora vogliamo raccontare viaggiando nel tempo. Chi c'era forse ritroverà qualcosa di se stesso; gli altri potranno conoscere luoghi, uomini e vicende del passato recente, utili per capire e interpretare la Merate del duemila.
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Piazza del Castello: sullo sfondo il Municipio (1902). Sulla destra l'ingresso dell'albergo Merate
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Piazza del Castello con l'Albergo del Sole a sinistra e Palazzo Albini in fondo. (1903)

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L'albergo Valsecchi in viale Cornaggia


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di Claudio Brambilla e Roberto Perego
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