LIBRI CHE RIMARRANNO/94: nel romanzo di Sonia Aggio le storie di Norma e Nilde. Sullo sfondo il Po

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Tra i finalisti del Campiello Giovani 2018 c’era il racconto di una giovanissima scrittrice, Sonia Aggio, https://www.youtube.com/watch?v=PweJfpWzw9M, intitolato “Magnificat”. Un titolo misterioso, polisemico, che va decifrato con cura. Perché non ha nulla a che vedere con la composizione di Monteverdi né con l’inno del vangelo di Luca. Si tratta invece della riproduzione di un quadro di Botticelli, la cosiddetta “Madonna del Magnificat”; in cui una vergine col Bambino, circondata da angeli quasi androgini, sta scrivendo su un libro proprio alcuni versi del Magnificat.
Una sua riproduzione, incorniciata in un quadretto devoto, campeggia sopra il letto di Norma, una delle due indimenticabili protagoniste di “Magnificat” (Fazi Editore 2022, pagg. 201, Euro 17,00), l’interessante romanzo di esordio di Sonia Aggio.
Norma e Nilde sono due ragazze di ventuno anni, cugine, coetanee, quasi sorelle, accomunate dalla perdita dei genitori, morti in un bombardamento alleato nel 1944. Si aiutano e si completano, la delicatissima Nilde dai capelli biondi quasi bianchi e la risoluta Norma, incarnazioni di due degli angeli raffigurati da Botticelli in quel quadro.
Siamo nell’estate 1951, quella della terribile alluvione del Polesine in cui morirono cento e più persone e 180 mila sfollati rimasero con un pugno di sogni in mano. La vita semplice di Nilde, ricamatrice, viene sconvolta da eventi più grandi di lei: il delirio incomprensibile di Norma, che rincasa la sera spesso ferita, affannata, nervosa e persino violenta; una prospettiva di lavoro stabile offerta dalla sarta Gigliola; i primi battiti di cuore per Domenico, il figlio di Gigliola, che in modo quasi incomprensibile si prende cura di lei apparentemente più del dovuto.
Oltre l’argine, il Po. Che scorre lento, inesorabile, e attende che venga il giorno.
Il romanzo è costruito con una narrazione a specchio: fino a pag. 119 vediamo gli eventi e cerchiamo di decifrarli attraverso gli occhi di Nilde. La seconda parte del libro si intitola “Norma”, ed è lei adesso a lasciarsi seguire. Gli stessi fatti, le stesse svolte narrative lasciate prima in sospeso, le pieghe incomprensibili del comportamento delle due ragazze, vengono ora chiariti, e diventano spiazzanti.
La Norma selvatica e allucinata della prima parte acquista una dimensione diversa, mitizzata e quasi salvifica di fronte alla violenza ancestrale del fiume, nelle sue personificazioni animistiche che travalicano la religione e diventano gotiche.
Norma, che Nilde vedeva tornare “ferita in vari modi”, con anche “sulla caviglia destra quattro segni neri, la pelle attorno flaccida e rossa di capillari, sul piede croste di fango e sangue e le unghie spezzate”, Norma che alla domanda di Nilde “Non mi vuoi più bene?” risponde secca: “No.”, questa Norma ha risposto (senza poter fare diversamente) alla "chiamata" di una predestinazione terribile, "scelta" dalla Madonna della Vigna, “Colei che dilania”; “la Madre degli Incubi”. Quando Norma le chiede il nome, glielo dice: “Io sono la Signora del fiume”, e vuole una vergine sacrificale. La ragazza coi capelli chiari, a meno che Norma non le si conceda, per salvarla. Nilde “non deve saperlo. Non deve sapere quello che mi sta accadendo. Avvisa tutti quelli che già lo sanno. Lei non deve sapere niente”, dice Norma a un personaggio che qui non svelo. Perchè per lei, “Nilde è l'unica cosa che conta. Lei deve stare bene”.
Sullo sfondo della storia dell’amicizia emozionante tra queste due ragazze (prenda nota l’altra esordiente strombazzata Beatrice Salvioni: così si racconta!) si intesse la trama dei fatti storici della tragica alluvione (con alcuni eventi lumeggiati, come la tragedia del camion della morte di Frassinelle o il cameo di Gian Antonio Cibotto, l’autore delle “Cronache di un’alluvione”) e le atmosfere di quel gotico padano di cui Eraldo Baldini è maestro.
La sintassi franta, nervosa, più emotiva che artistica di Aggio colpisce a piccole ondate inarrestabili il lettore, fin quando la piena del dramma personale di Nilde e Norma travalica gli argini dell’indifferenza e inonda, abbattendo le resistenze dello scetticismo iperrealista, e consegnandoci una storia di cui non ci si dimenticherà facilmente.
Rubrica a cura del prof. Stefano Motta
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