Accadeva 30 anni fa/134 aprile ‘93: Dc e Psi crollano sotto Mani Pulite. Nasce “Fozza Itaja”. Basosi lascia il Consiglio
“Accadde oggi, 30 aprile 1993: Tangentopoli, monetine contro Bettino Craxi. La Camera dei deputati respinge quattro delle sei autorizzazioni a procedere per corruzione e ricettazione richieste dalla magistratura contro l’allora leader del PSI; la sera Craxi viene accolto davanti all’Hotel Raphael di Roma da numerosi manifestanti che iniziano a lanciargli delle monetine per protesta”.
Tangentopoli sta raggiungendo il suo apice mentre già qua e là silenziosamente sui muri appaiono manifesti giganti con un bambino che salta su una rete e sotto la scritta a caratteri cubitali FOZZA ITAJA. Qualcuno pensa alla nuova pubblicità di Chicco, o di Prenatal o l’ultima trovata di Benetton. Quasi nessuno intuisce ciò che Silvio Berlusconi sta preparando. L’Uomo di Arcore aveva fatto contattare Mariotto Segni cui “affidare” il ruolo di guida dei moderati, dopo il clamoroso abbandono da parte del figlio dell’ex presidente della repubblica, della Democrazia Cristiana, partito in cui aveva militato per 17 anni. Ma Segni si mostra indeciso, mira ai suoi referendum. Si muovono i consiglieri più vicini al Cavaliere ma lui ha già deciso: scenderà in campo in prima persona. Intanto anche i sostenitori del rinnovamento prendono le distanze da Mariotto per restare accanto a Mino Martinazzoli, l’ultimo segretario che tenta fino alla fine di rivoltare il partito ormai spiaggiato. I capi dello scudocrociato meratese restano con la Dc.
Domenico Galbiati: “Mario Segni abbandonando la Dc commette un grave errore e se ne renderà conto a tempo debito se, come mi auguro, l’azione di Martinazzoli per il rinnovamento dell’esperienza politica dei cattolici continuerà senza incertezze e timori reverenziali”.
Giliola Sironi: “Noi popolari per la riforma non possiamo in questa fase di grande confusione, indebolire Martinazzoli. Continuiamo a credere che sino al congresso dobbiamo dare fiducia a Mino a Roma e a Rusconi (Antonio ndr) a Lecco”.
Mario Gallina, sindaco di Merate: “Non è distruggendo la Democrazia Cristiana, la sua esperienza storica e culturale, che si cambia la politica ma cercando di essere coerenti con i propri principi, di migliorarla, perché tante brave persone di buona volontà nella Dc e nell’area cattolica vogliono questo”.
Unica voce dissonante l’ex deputato Dc di Lomagna Ezio Citterio: “E’ una scelta coerente quella di Segni, questo partito non è in grado di riformarsi. Da un anno prosegue senza soste l’opera bonificante della magistratura e il popolo italiano, giustamente indignato, acquista sempre più consapevolezza del disastro, e vuole concorrere a seppellire il vecchio e costruire il nuovo”.
Uno degli effetti dei referendum di Segni è l’elezione diretta del sindaco e la riduzione dei consiglieri. Fino al 1990 il cittadino votava il partito e assegnava la preferenza. Poi il partito di maggioranza assoluta o la coalizione nominava il sindaco scegliendo tra gli eletti. La riforma punta invece a personalizzare il voto. Il cittadino voterà una lista di cui, in caso di vittoria già si sa chi sarà il sindaco. Tanto che alcune liste inseriscono direttamente nel simbolo …. Rossi sindaco…. I primi comuni del territorio a votare col nuovo metodo sono in scadenza già per giugno 1993.
Il 4 aprile (1993) Marcello Basosi, leader storico del Partito Socialista Italiano di Merate, capo della sezione di piazzetta Faverzani, consegna nelle mani del sindaco Mario Gallina la lettera di dimissioni da consigliere comunale. Basosi sedeva per la prima volta in maggioranza, un posto per lui, grande oratore, puntiglioso, preparato, corretto, onesto, decisamente scomodo, dopo tanti anni di opposizione. La Democrazia cristiana nel 1990 aveva ottenuto solo 15 consiglieri su 30 e per la prima volta dal dopoguerra era stata costretta a allearsi. La trattativa aveva portato a un governo tripartito: Dc, Psi, Pri. Aldo Castelli era stato nomina vice sindaco e assessore all’urbanistica, Basosi, capogruppo. Ma l’insofferenza per le continue mediazioni con il partito di maggioranza e il crollo dei “miti” storici del socialismo sotto le mazzate di Mani Pulite e le comprovate corruttele lo avevano indotto a farsi da parte.
Cernusco approva il Piano Pluriennale di Attuazione (PPA) per gli anni 1993/1995. Sono quasi 100mila i metri cubi previsti di edilizia residenziale a 175mila di industriale-artigianale. Un piano, quindi, destinato a cambiare il volto del paese dopo la grande urbanizzazione della fascia a est della ex statale con l’arrivo della Esselunga. Le zone coinvolte sono quelle verso Osnago per la residenza e dietro il Catenificio per il produttivo. Tutta la zona a sud della ex Casa cantoniera, un tempo agricola, viene progressivamente edificata, cancellando così il confine fisico tra i due paesi. La minoranza per bocca di Mario Oldani sale sulle barricate. Del resto mancano solo due mesi al rinnovo del Consiglio comunale. La critica è rivolta soprattutto al progetto di Domenico Omassi che prevede la costruzione di capannoni per oltre 100mila mc. a ridosso del torrente Molgora. Secondo il sindaco Antonio Conrater, invece, questa maxi operazione consentirà il recupero di oltre 43mila mc. di vecchi stabili e ridarà fiato all’edilizia residenziale.Ecco per curiosità la classifica dei dischi (eh già allora c’erano ancora i dischi in vinile) della prima settimana di aprile 1993.
In vista del congresso provinciale previsto per il 15 e 16 maggio, Luca Stucchi, segretario cittadino della Dc presenta le proprie dimissioni anticipate e convoca il congresso locale. L’assise è fissata per il 25 aprile in sala civica. Il giovane democristiano, aderente a Comunione e Liberazione, invia una lettera a tutti gli iscritti richiamando il dovere di attivarsi in politica, non limitarsi alla lamentela per salvare l’unità dei cattolici in politica. La balena Bianca si va inabissando e tra pochi mesi si spezzerà in due con un’ala più moderata e vicina a CL che sarà poi guidata dallo stesso Stucchi e un’altra movimentista che guarda più a sinistra che avrà in Battista Albani il suo leader.
Mario Gallina scende in campo direttamente contro l’ipotesi regionale di aggregare l’Ussl 14 di Merate a quella di Lecco. Il Sindaco aveva intuito i rischi enormi per il meratese-casatese, 98mila abitanti in 26 comuni su 130 kmq. di finire “sotto” Lecco. L’organizzazione dei servizi socio-sanitari meratesi era molto avanti rispetto a Lecco. Qui erano nate e avevano mosso i primi passi l’assistenza domiciliare e le cure palliative col dottor Mauro Marinari. Qui l’integrazione tra la medicina territoriale e l’ospedale era già realtà, mentre Lecco stava a distanza. Ma l’accordo di tutti i sindaci non bastò a salvare l’Ussl 14 che sarebbe poi diventata con Lecco, l’Ussl 8.
Ma se a Merate la Dc mostra di voler restare compatta – e lo sarà ancora per un anno circa – a Olgiate e Brivio la situazione interna al partito di maggioranza resta esplosiva. A Olgiate Alessandro Brambilla annuncia il proprio ritiro dalla corsa elettorale per non spaccare ulteriormente il partito già diviso i due fazioni una delle quali fa capo a Abele Rosa, sindaco uscente, intenzionato a ricandidarsi. Brambilla non esita a definire Rosa “un piccolo dittatore”.
A Brivio, invece, la situazione se possibile è ancora più incandescente tra le fazioni capeggiate da Angelo Carozzi da una parte e Ferdinando Massironi, sindaco, dall’altra. Con lo sfratto all’A.C. Brivio di cui Carozzi è presidente lo scontro si è fatto al calor bianco.
Il 18 e 19 aprile gli italiani sono chiamati al voto referendario. In ballo c’è essenzialmente il superamento del proporzionale per arrivare al sistema elettorale maggioritario promosso da Mariotto Segni. Ma ci sono anche altri quesiti tra cui l’abolizione del carcere per i consumatori di sostanze stupefacenti nei limiti del consumo personale e del finanziamento pubblico ai partiti. Passano tutti i quesiti tra i quali la soppressione del Ministero delle partecipazioni statali che tanto ha dato alla cronaca giudiziaria in tre decenni. Anche a Merate il voto è allineato a quello lombardo e nazionale con la sola esclusione della droga. La maggioranza, per decimali, ho bocciato il quesito.
Con un evento di grande impatto il professor Piergiorgio Malerba presenta il mega studio sulla torre del castello Prinetti, dal 1946 di proprietà della Parrocchia di Merate. Due anni prima, nel 1991, la caduta di calcinacci aveva fatto temere il peggio e l’area era rimasta per mesi transennata. L’immobile – aveva concluso il professor Malerba nel voluminoso studio – presenta una situazione discreta ma denuncia i suoi trecento anni di storia. Quindi intervenire è necessario. Il palazzo è il simbolo di Merate; affacciato sulla piazza principale del paese, mostra un chiaro aspetto settecentesco, visibilmente incompleto. Fu costruito, tra il 1702 e il 1712, sulle rovine del castello feudale appartenuto al Vescovo-Conte Ariberto d’Intimiano, distrutto dai Torriani e utilizzato, come deposito, sino al 1693 quando, l’Abate Commendatario del Monastero di San Dionigi di Milano, Ercole Visconti, decise di trasformarlo in un severo palazzo abbaziale. La costruzione è formata da due corpi di fabbrica paralleli che, in origine, avevano i fronti esterni affacciati sui giardini e quelli interni su due cortili dotati di pozzo e chiesetta in stile barocchetto lombardo. Nell'angolo nord-ovest, s’innalza l’alta torre cilindrica a dieci livelli, con basamento in pietra, fusto in mattoni e terminazione a loggia neorinascimentale. Il palazzo, mai concluso, passò al Cardinale Angelo Durini e in seguito alla famiglia Prinetti e, nel 1946, fu venduto alla Parrocchia di Merate. La torre è alta 32 metri, ha un diametro di 8 metri e mura spesse 110 centimetri. Sono dieci i piani compreso il sottotetto per una superficie stimata di 50 metri quadrati. Dovevano essere quattro le torri ma i lavori si interruppero e alla fine ne restò solo una.
134/continua
Tangentopoli sta raggiungendo il suo apice mentre già qua e là silenziosamente sui muri appaiono manifesti giganti con un bambino che salta su una rete e sotto la scritta a caratteri cubitali FOZZA ITAJA. Qualcuno pensa alla nuova pubblicità di Chicco, o di Prenatal o l’ultima trovata di Benetton. Quasi nessuno intuisce ciò che Silvio Berlusconi sta preparando. L’Uomo di Arcore aveva fatto contattare Mariotto Segni cui “affidare” il ruolo di guida dei moderati, dopo il clamoroso abbandono da parte del figlio dell’ex presidente della repubblica, della Democrazia Cristiana, partito in cui aveva militato per 17 anni. Ma Segni si mostra indeciso, mira ai suoi referendum. Si muovono i consiglieri più vicini al Cavaliere ma lui ha già deciso: scenderà in campo in prima persona. Intanto anche i sostenitori del rinnovamento prendono le distanze da Mariotto per restare accanto a Mino Martinazzoli, l’ultimo segretario che tenta fino alla fine di rivoltare il partito ormai spiaggiato. I capi dello scudocrociato meratese restano con la Dc.
Domenico Galbiati: “Mario Segni abbandonando la Dc commette un grave errore e se ne renderà conto a tempo debito se, come mi auguro, l’azione di Martinazzoli per il rinnovamento dell’esperienza politica dei cattolici continuerà senza incertezze e timori reverenziali”.
Giliola Sironi: “Noi popolari per la riforma non possiamo in questa fase di grande confusione, indebolire Martinazzoli. Continuiamo a credere che sino al congresso dobbiamo dare fiducia a Mino a Roma e a Rusconi (Antonio ndr) a Lecco”.
Mario Gallina, sindaco di Merate: “Non è distruggendo la Democrazia Cristiana, la sua esperienza storica e culturale, che si cambia la politica ma cercando di essere coerenti con i propri principi, di migliorarla, perché tante brave persone di buona volontà nella Dc e nell’area cattolica vogliono questo”.
Unica voce dissonante l’ex deputato Dc di Lomagna Ezio Citterio: “E’ una scelta coerente quella di Segni, questo partito non è in grado di riformarsi. Da un anno prosegue senza soste l’opera bonificante della magistratura e il popolo italiano, giustamente indignato, acquista sempre più consapevolezza del disastro, e vuole concorrere a seppellire il vecchio e costruire il nuovo”.
Uno degli effetti dei referendum di Segni è l’elezione diretta del sindaco e la riduzione dei consiglieri. Fino al 1990 il cittadino votava il partito e assegnava la preferenza. Poi il partito di maggioranza assoluta o la coalizione nominava il sindaco scegliendo tra gli eletti. La riforma punta invece a personalizzare il voto. Il cittadino voterà una lista di cui, in caso di vittoria già si sa chi sarà il sindaco. Tanto che alcune liste inseriscono direttamente nel simbolo …. Rossi sindaco…. I primi comuni del territorio a votare col nuovo metodo sono in scadenza già per giugno 1993.
Il 4 aprile (1993) Marcello Basosi, leader storico del Partito Socialista Italiano di Merate, capo della sezione di piazzetta Faverzani, consegna nelle mani del sindaco Mario Gallina la lettera di dimissioni da consigliere comunale. Basosi sedeva per la prima volta in maggioranza, un posto per lui, grande oratore, puntiglioso, preparato, corretto, onesto, decisamente scomodo, dopo tanti anni di opposizione. La Democrazia cristiana nel 1990 aveva ottenuto solo 15 consiglieri su 30 e per la prima volta dal dopoguerra era stata costretta a allearsi. La trattativa aveva portato a un governo tripartito: Dc, Psi, Pri. Aldo Castelli era stato nomina vice sindaco e assessore all’urbanistica, Basosi, capogruppo. Ma l’insofferenza per le continue mediazioni con il partito di maggioranza e il crollo dei “miti” storici del socialismo sotto le mazzate di Mani Pulite e le comprovate corruttele lo avevano indotto a farsi da parte.
Cernusco approva il Piano Pluriennale di Attuazione (PPA) per gli anni 1993/1995. Sono quasi 100mila i metri cubi previsti di edilizia residenziale a 175mila di industriale-artigianale. Un piano, quindi, destinato a cambiare il volto del paese dopo la grande urbanizzazione della fascia a est della ex statale con l’arrivo della Esselunga. Le zone coinvolte sono quelle verso Osnago per la residenza e dietro il Catenificio per il produttivo. Tutta la zona a sud della ex Casa cantoniera, un tempo agricola, viene progressivamente edificata, cancellando così il confine fisico tra i due paesi. La minoranza per bocca di Mario Oldani sale sulle barricate. Del resto mancano solo due mesi al rinnovo del Consiglio comunale. La critica è rivolta soprattutto al progetto di Domenico Omassi che prevede la costruzione di capannoni per oltre 100mila mc. a ridosso del torrente Molgora. Secondo il sindaco Antonio Conrater, invece, questa maxi operazione consentirà il recupero di oltre 43mila mc. di vecchi stabili e ridarà fiato all’edilizia residenziale.Ecco per curiosità la classifica dei dischi (eh già allora c’erano ancora i dischi in vinile) della prima settimana di aprile 1993.
In vista del congresso provinciale previsto per il 15 e 16 maggio, Luca Stucchi, segretario cittadino della Dc presenta le proprie dimissioni anticipate e convoca il congresso locale. L’assise è fissata per il 25 aprile in sala civica. Il giovane democristiano, aderente a Comunione e Liberazione, invia una lettera a tutti gli iscritti richiamando il dovere di attivarsi in politica, non limitarsi alla lamentela per salvare l’unità dei cattolici in politica. La balena Bianca si va inabissando e tra pochi mesi si spezzerà in due con un’ala più moderata e vicina a CL che sarà poi guidata dallo stesso Stucchi e un’altra movimentista che guarda più a sinistra che avrà in Battista Albani il suo leader.
Mario Gallina scende in campo direttamente contro l’ipotesi regionale di aggregare l’Ussl 14 di Merate a quella di Lecco. Il Sindaco aveva intuito i rischi enormi per il meratese-casatese, 98mila abitanti in 26 comuni su 130 kmq. di finire “sotto” Lecco. L’organizzazione dei servizi socio-sanitari meratesi era molto avanti rispetto a Lecco. Qui erano nate e avevano mosso i primi passi l’assistenza domiciliare e le cure palliative col dottor Mauro Marinari. Qui l’integrazione tra la medicina territoriale e l’ospedale era già realtà, mentre Lecco stava a distanza. Ma l’accordo di tutti i sindaci non bastò a salvare l’Ussl 14 che sarebbe poi diventata con Lecco, l’Ussl 8.
Ma se a Merate la Dc mostra di voler restare compatta – e lo sarà ancora per un anno circa – a Olgiate e Brivio la situazione interna al partito di maggioranza resta esplosiva. A Olgiate Alessandro Brambilla annuncia il proprio ritiro dalla corsa elettorale per non spaccare ulteriormente il partito già diviso i due fazioni una delle quali fa capo a Abele Rosa, sindaco uscente, intenzionato a ricandidarsi. Brambilla non esita a definire Rosa “un piccolo dittatore”.
A Brivio, invece, la situazione se possibile è ancora più incandescente tra le fazioni capeggiate da Angelo Carozzi da una parte e Ferdinando Massironi, sindaco, dall’altra. Con lo sfratto all’A.C. Brivio di cui Carozzi è presidente lo scontro si è fatto al calor bianco.
Il 18 e 19 aprile gli italiani sono chiamati al voto referendario. In ballo c’è essenzialmente il superamento del proporzionale per arrivare al sistema elettorale maggioritario promosso da Mariotto Segni. Ma ci sono anche altri quesiti tra cui l’abolizione del carcere per i consumatori di sostanze stupefacenti nei limiti del consumo personale e del finanziamento pubblico ai partiti. Passano tutti i quesiti tra i quali la soppressione del Ministero delle partecipazioni statali che tanto ha dato alla cronaca giudiziaria in tre decenni. Anche a Merate il voto è allineato a quello lombardo e nazionale con la sola esclusione della droga. La maggioranza, per decimali, ho bocciato il quesito.
Con un evento di grande impatto il professor Piergiorgio Malerba presenta il mega studio sulla torre del castello Prinetti, dal 1946 di proprietà della Parrocchia di Merate. Due anni prima, nel 1991, la caduta di calcinacci aveva fatto temere il peggio e l’area era rimasta per mesi transennata. L’immobile – aveva concluso il professor Malerba nel voluminoso studio – presenta una situazione discreta ma denuncia i suoi trecento anni di storia. Quindi intervenire è necessario. Il palazzo è il simbolo di Merate; affacciato sulla piazza principale del paese, mostra un chiaro aspetto settecentesco, visibilmente incompleto. Fu costruito, tra il 1702 e il 1712, sulle rovine del castello feudale appartenuto al Vescovo-Conte Ariberto d’Intimiano, distrutto dai Torriani e utilizzato, come deposito, sino al 1693 quando, l’Abate Commendatario del Monastero di San Dionigi di Milano, Ercole Visconti, decise di trasformarlo in un severo palazzo abbaziale. La costruzione è formata da due corpi di fabbrica paralleli che, in origine, avevano i fronti esterni affacciati sui giardini e quelli interni su due cortili dotati di pozzo e chiesetta in stile barocchetto lombardo. Nell'angolo nord-ovest, s’innalza l’alta torre cilindrica a dieci livelli, con basamento in pietra, fusto in mattoni e terminazione a loggia neorinascimentale. Il palazzo, mai concluso, passò al Cardinale Angelo Durini e in seguito alla famiglia Prinetti e, nel 1946, fu venduto alla Parrocchia di Merate. La torre è alta 32 metri, ha un diametro di 8 metri e mura spesse 110 centimetri. Sono dieci i piani compreso il sottotetto per una superficie stimata di 50 metri quadrati. Dovevano essere quattro le torri ma i lavori si interruppero e alla fine ne restò solo una.
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