Il prof. Motta e gli interrogativi sulla scuola

Caro signor Pier,
grazie per le sue provocazioni e i suoi interrogativi sul mondo della scuola.
Nonostante lo sconforto che prende talvolta sentendo alcuni esami di maturità, e di cui ho scritto qualche giorno fa, non ho affatto perso la fiducia nel mondo della scuola, in special modo della scuola italiana.
Le rispondo non da ex preside ma da scrittore: ogni anno mi capita di visitare numerose scuole, invitato a parlare dei miei libri, e ovunque, in tutta Italia, incontro realtà coraggiose e avveniristiche.
Le rispondo non da docente ma da formatore degli aspiranti docenti: ogni anno preparo per i concorsi di abilitazione centinaia di giovani insegnanti che trovo spesso già preparatissimi.
Ma non c'è dubbio che a un certo punto qualcosa si blocchi in questo meccanismo, e l'ingranaggio che si inceppa non è la scuola, che anzi rimane l'unica forma di socialità strutturata che oggi funziona.
Ma è un ingranaggio di un motore più complesso: non il primo, non l'ultimo, forse nemmeno il più potente. Una volta ruotava insieme alla famiglia, alle attività sportive, alle organizzazioni di volontariato, agli oratori, all'attivismo politico, a tante altre forme di organizzazione della vita emotiva, affettiva, culturale e civile di un adolescente, che oggi sono perlopiù evaporate, lasciando alla sola scuola - l'unico di tutti questi posti dove, volenti o nolenti, si è obbligati ad andare - tutti i compiti che erano equamente e saggiamente suddivisi tra questi ingranaggi. E la scuola non ce la fa a fare tutto, e forse nemmeno deve.
Prof. Stefano Motta
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