Il ritorno del Lecco in B è un’occasione per rilanciare il borgo a livello mediatico
Oltre alla Ministra del turismo della grande nazione italica ritrovata e allo svelamento del giacimento post mortem del ’mite’ Silvio Berlusconi, oggi la Lecco calcio è in serie B, questa è una bella notizia di questo primo quarto di secolo per la periferia dell’impero romano.
Sono passati anni da quando scavalcavo le recinzioni dello stadio Rigamonti o sfilavo come un gatto tra le gambe dei paganti e dei tesserati per superare la porta di sbarramento. Mi mimetizzavo come figlio accostandomi accanto a un uomo adulto per eludere il controllo o per impietosire il controllore per lasciarmi passare. Non sempre la strategia funzionava. L’ultima soluzione rimaneva l’arrampicata del muro di cinta, non era facile scavalcarlo, ma c’erano dei punti abbordabili: l’importante era vedere il mitico Lecco prima in serie B poi in A giocare contro squadre come Inter, Juve, Roma. Era una piacevole sfida. In tasca avevo centocinquanta lire, era la mancia domenicale, non bastava per comprare manco il biglietto per ridotti. Bisognava attaccare il muro della Bastiglia, fare una breccia come a Porta Pia; dovevo espugnare le mura e vedere la partita; era una sofferenza e una eccitazione. Sono passati molti anni. Non ho più visto una partita. E’ la volta buona di ritornarci.
Una volta come consigliere comunale di minoranza ho calpestato il campo del Rigamonti contro quelli della maggioranza. Fu una stupenda partita. Calpestavo le orme dei Facca, dei Pasinato, dei Bicchierai cercando di segnare nella porta dei Bruschini.
Ho letto con interesse e condivido le considerazioni di Virginio Brivio e di Giulio Ceppi del casato del mitico presidente Mario Ceppi. Erano anni di sviluppo industriale, le ciminiere del Caletto, Arlenico, Leuci, Sae, Badoni, e tante attività della metallurgia, battevano il tempo; gli operai portavano la tuta, le sirene suonavano l’inizio e la fine dei turni. Lecco era il borgo della seconda rivoluzione industriale e la squadra di calcio faceva parte di questo ambiente. La squadra era un simbolo della città.
Oggi il ritorno in B è un’occasione per rilanciare il borgo a livello mediatico. E’ un’opportunità da non perdere per la città, per la provincia lecchese. Il calcio maggiore è una variabile economica e sociale aggiuntiva e trainante per l’indotto. E’ uno stimolo sociale aggregativo, di vitalità. Quest’occasione deve diventare un fattore trainante e integrante di un processo di crescita del borgo e della provincia lecchese; è indispensabile che gli amministratori siano parte attiva: sarebbe un errore politico non farsene carico.
La città, il borgo ha bisogno di sognare, ha bisogno di qualcosa in più per sentirsi viva e attiva. La squadra potrebbe svolgere una funzione catartica e canalizzare il bisogno espressivo un po’ compresso. La squadra di calcio potrebbe generare un processo identitario, di appartenenza che va governato e non va collocato solo dentro una logica securitaria.
Lo stadio Rigamonti va messo nelle condizioni di rispondere al bisogno di partecipazione della cittadinanza. Lecco, come città, in generale è deficitaria di strutture aggregative per il tempo libero, cultura, divertimento, benessere sociale. Questi bisogni sociali collettivi si delegano alle parrocchie, alla chiesa cattolica. La mancanza di strutture aggregative pubbliche e private impedisce un processo rigenerante della pluralità della socialità. Lecco è una città multiculturale e multietnica e ha bisogno di spazi plurali.
Con il ritorno del calcio in serie B, Lecco potrebbe acquisire quella spinta necessaria per uscire dal cul de sac.