Beverate: ''Lo sguardo oltre la mascherina''. Virus e pandemie nella storia, con Sironi
Si è chiuso venerdì 30 giugno, presso l’oratorio di Beverate, il ciclo di cinque incontri dal titolo “Lo sguardo oltre la mascherina", per approfondire il tema della pandemia. Come hanno influito le epidemie nella Storia? Come sono state affrontate dall’uomo? A queste e a molte altre domande ha risposto Vittorio Sironi, medico, storico e antropologo direttore del “Centro studi del pensiero biomedico” dell'università di Milano Bicocca.
Le infezioni hanno accompagnato da sempre il genere umano e sono state la principale causa di malattie e di morte. Spesso con la parola peste si indicava una malattia mortale, senza distinzioni particolari. Gli uomini erano consapevoli del contagio, ma non ne conoscevano le cause. Solo nell’Ottocento, con la scoperta dei germi, Louis Pasteur e Robert Koch ne rivelano l’origine scientifica. Nel 1929 Alexander Fleming scrive un articolo rivoluzionario che segnò la strada per la scoperta della penicillina che nel 1943 fu utilizzata come primo antibiotico capace di sconfiggere le infezioni, un’innovazione che cambierà per sempre le sorti dell’umanità. Questo però non ha certo segnato la fine delle pandemie. “L’errore più grave del XX secolo – scrive lo storico Frank Snowden nel suo libro “Storia delle pandemie. Dalla peste nera al Covid – è stato credere che le malattie infettive stavano per essere eliminate”. Se da un lato abbiamo eliminato o limitato i batteri con gli antibiotici, dall’altro abbiamo liberato nuove nicchie ecologiche che sono state immediatamente occupate dai virus. “Abbiamo pensato in termini meccanicistici e non abbiamo considerato il sistema nella sua globalità” – ha sottolineato Sironi.
Il modo di affrontare il contagio nel passato non era poi così diverso rispetto alle misure adottate oggi. L’isolamento dei malati, infatti, è un metodo antichissimo. Quarantena e isolamento venivano già praticati a Venezia nei primi anni del ‘400 proprio per evitare pestilenze ed epidemie. Sironi ha poi ripercorso la storia delle epidemie a partire dalla peste di Atene e si è concentrato sull’origine delle mascherine che già a partire dal Rinascimento venivano indossate dai cittadini e dai medici. Si trattava di strumenti rudimentali e poco efficaci che venivano usati per non sentire i miasmi, cattivi odori che venivano considerati il principale veicolo delle malattie.
Sironi ha poi confrontato la Spagnola (1918-1920) e il Covid 19, evidenziando differenze e analogie. La Spagnola era una malattia che colpiva soprattutto militari e, di conseguenze, la fascia più giovane della popolazione. “Il quadro clinico era tipico dell’influenza e lasciava una forma di coinvolgimento cerebrale, l’encefalite letargica. Molte persone sono rimaste in queste condizioni per parecchi decenni” – ha spiegato. La Spagnola sono state adottate misure simili a quelle per l’ultima pandemia come mascherine e isolamento. “Non abbiamo imparato niente dall’esperienza della Spagnola. Anche quando è arrivato il Covid 19 non avevamo mascherine e regnava un clima di diffidenza e di poca collaborazione tra paesi. Insomma, anche questa volta siamo stati impreparati , anche se è evidente che le pandemie sono dei fenomeni ciclici”.
Le epidemie spesso sono legate ad eventi storici importanti e sono capaci di cambiare la mentalità delle persone. Durante la peste manzoniana venivano accusati gli untori, mentre durante il Covid, almeno nei primi mesi, era scatenata una caccia ai cittadini con tratti somatici orientali. Sironi ha infine sottolineato la correlazione tra aree particolarmente inquinate del pianeta e la trasmissione del virus. “Non dobbiamo più avere una visione antropocentrica, ma dobbiamo aver un nuovo paradigma della salute. Dobbiamo preservare il nostro pianeta, certo, utilizzarlo, ma senza distruggerlo. L’emergenza climatica e l’antibiotico-resistenza solo segnali che dobbiamo cogliere quanto prima – ha infine concluso il professore.