A Francesco Scorzelli e MOL
Pur non sentendomi sempre così vicino alla parte politica con cui Francesco Scorzelli dichiara di sentirsi sintonico, vorrei invece esprimere tutta la mia solidarietà per Francesco, persona onesta, disinteressata e tenace.
Concordo in buona parte con la sua analisi riguardo allo sfascio della Sanità Pubblica cui stiamo assistendo e non solo in riferimento al nostro presidio ospedaliero/azienda, ma più in generale anche a livello regionale e nazionale.
E' verissimo che contano le scelte delle persone, ma è anche evidente quanto il sistema della catena di comando (regione, direttori e via scendendo) condizioni non solo le scelte delle competenze e della qualità delle persone proposte, ma anche quanto possa determinare la sottomissione di queste ai livelli soprastanti, troppo pesantemente condizionati non tanto dalla Politica (che sarebbe anche logico) quanto dalla partitocrazia e dagli interessi ad essa legati.
Nella distorsione del sistema anche persone competenti e preparate possono mancare di sufficienti doti (coraggio?, onestà intellettuale?) per confutare o contestare eventuali imposizioni ritenute discutibili, o addirittura insensate.
Concordo che ciò sia sempre avvenuto, anche ai tempi ormai antichi in cui la spartizione partitocratica avveniva in maniera magari più frazionata (DC, PSI, PCI, ecc, secondo le rispettive quote elettorali) rispetto a quanto stia avvenendo ad esempio nella nostra regione negli ultimi lustri (superfluo citare lo strapotere di CL, cui si è aggiunto quello delle attuali compagini di destra, aiutate dall'astensionismo crescente del cittadino elettore).
Molti di noi anziani, che hanno operato a lungo nel Servizio Sanitario Pubblico (in enti allora variamente denominati e rinominati CSZ, USL, USSL, ASL, ASSL, ASST, ATS), dovrebbero ricordare molto bene che le carriere, allora come ora, venivano non poco condizionate dall'appartenenza partitica o a noti gruppi di potere.
Era anche allora fenomeno piuttosto comune assistere, all'approssimarsi di nuovi concorsi per posti apicali, a giravolte acrobatiche e cambi di casacca repentini da parte di vari candidati, ovviamente finalizzati alla piccola o grande scalata.
Nulla di nuovo sotto il sole: cambiano i tempi, cambiano i partiti e i gruppi di potere attorno agli immensi interessi mossi dalla sanità, ma non cambia il diffuso malcostume ad ogni livello, dall'apice alla base.
E, per rendersene conto, evidentemente non basta essere stati testimoni delle più assurde lottizzazioni, dei fallimenti di ambiziose imprese presentate con roboanti proclami, di procedimenti giudiziari giunti a termine con condanne nei confronti di personaggi di rilievo (che vorrebbero anche riprovarci, nonostante tutto, senza alcun senso di pudore).
La memoria rimane piuttosto corta, la storia è noiosa da studiare e si procede tra spallucce, pacche sulle spalle ed ipocriti passeggi con sottobraccio nei corridoi e negli androni dei palazzi.
Come non si può essere seriamente preoccupati nel constatare le lunghe liste di attesa per prestazioni essenziali, la fuga dei dipendenti pubblici malamente rimpiazzati da gettonisti, il ricorso troppo spesso obbligatorio (non di libera scelta) alle strutture private, i pronto soccorso che scoppiano e la medicina territoriale che arranca?
Pensa davvero il cittadino comune che una nuova pandemia ci troverebbe ora pronti ed efficienti nell'affronarla?
Le responsabilità della dirigenza del Sistema Sanitario Pubblico sono piuttosto evidenti: la visione miope e l'incapacità, o la non volontà, di vedere oltre il proprio stretto interesse di carriera o il prossimo turno elettorale generano l'inadeguatezza ad affrontare i cambiamenti che nei prossimi 10-20 anni coinvolgeranno inevitabilmente il sistema sanitario e sociale (invecchiamento della popolazione, aumento delle cronicità, denatalità, nuove patologie emergenti, antibioticoresistenza, solo per citarne i più evidenti).
La scarsissima propensione a valutare l'appropriatezza e l'efficacia delle prestazioni sta contribuendo ad aumentare i costi del sistema senza apportare giovamento alla salute generale, anzi talvolta peggiorandola (prestazioni costose e non necessariamente utili, sovente dannose).
Infatti appropriatezza ed efficacia si possono e si devono misurare a salvaguardia sia della salute che della spesa pubblica ed individuale (vedi EBM e GIMBE).
Quindi, pur condividendo l'amarezza di Francesco Scorzelli, invito lui e tutti noi a perseverare e a non arrendersi
Concordo in buona parte con la sua analisi riguardo allo sfascio della Sanità Pubblica cui stiamo assistendo e non solo in riferimento al nostro presidio ospedaliero/azienda, ma più in generale anche a livello regionale e nazionale.
E' verissimo che contano le scelte delle persone, ma è anche evidente quanto il sistema della catena di comando (regione, direttori e via scendendo) condizioni non solo le scelte delle competenze e della qualità delle persone proposte, ma anche quanto possa determinare la sottomissione di queste ai livelli soprastanti, troppo pesantemente condizionati non tanto dalla Politica (che sarebbe anche logico) quanto dalla partitocrazia e dagli interessi ad essa legati.
Nella distorsione del sistema anche persone competenti e preparate possono mancare di sufficienti doti (coraggio?, onestà intellettuale?) per confutare o contestare eventuali imposizioni ritenute discutibili, o addirittura insensate.
Concordo che ciò sia sempre avvenuto, anche ai tempi ormai antichi in cui la spartizione partitocratica avveniva in maniera magari più frazionata (DC, PSI, PCI, ecc, secondo le rispettive quote elettorali) rispetto a quanto stia avvenendo ad esempio nella nostra regione negli ultimi lustri (superfluo citare lo strapotere di CL, cui si è aggiunto quello delle attuali compagini di destra, aiutate dall'astensionismo crescente del cittadino elettore).
Molti di noi anziani, che hanno operato a lungo nel Servizio Sanitario Pubblico (in enti allora variamente denominati e rinominati CSZ, USL, USSL, ASL, ASSL, ASST, ATS), dovrebbero ricordare molto bene che le carriere, allora come ora, venivano non poco condizionate dall'appartenenza partitica o a noti gruppi di potere.
Era anche allora fenomeno piuttosto comune assistere, all'approssimarsi di nuovi concorsi per posti apicali, a giravolte acrobatiche e cambi di casacca repentini da parte di vari candidati, ovviamente finalizzati alla piccola o grande scalata.
Nulla di nuovo sotto il sole: cambiano i tempi, cambiano i partiti e i gruppi di potere attorno agli immensi interessi mossi dalla sanità, ma non cambia il diffuso malcostume ad ogni livello, dall'apice alla base.
E, per rendersene conto, evidentemente non basta essere stati testimoni delle più assurde lottizzazioni, dei fallimenti di ambiziose imprese presentate con roboanti proclami, di procedimenti giudiziari giunti a termine con condanne nei confronti di personaggi di rilievo (che vorrebbero anche riprovarci, nonostante tutto, senza alcun senso di pudore).
La memoria rimane piuttosto corta, la storia è noiosa da studiare e si procede tra spallucce, pacche sulle spalle ed ipocriti passeggi con sottobraccio nei corridoi e negli androni dei palazzi.
Come non si può essere seriamente preoccupati nel constatare le lunghe liste di attesa per prestazioni essenziali, la fuga dei dipendenti pubblici malamente rimpiazzati da gettonisti, il ricorso troppo spesso obbligatorio (non di libera scelta) alle strutture private, i pronto soccorso che scoppiano e la medicina territoriale che arranca?
Pensa davvero il cittadino comune che una nuova pandemia ci troverebbe ora pronti ed efficienti nell'affronarla?
Le responsabilità della dirigenza del Sistema Sanitario Pubblico sono piuttosto evidenti: la visione miope e l'incapacità, o la non volontà, di vedere oltre il proprio stretto interesse di carriera o il prossimo turno elettorale generano l'inadeguatezza ad affrontare i cambiamenti che nei prossimi 10-20 anni coinvolgeranno inevitabilmente il sistema sanitario e sociale (invecchiamento della popolazione, aumento delle cronicità, denatalità, nuove patologie emergenti, antibioticoresistenza, solo per citarne i più evidenti).
La scarsissima propensione a valutare l'appropriatezza e l'efficacia delle prestazioni sta contribuendo ad aumentare i costi del sistema senza apportare giovamento alla salute generale, anzi talvolta peggiorandola (prestazioni costose e non necessariamente utili, sovente dannose).
Infatti appropriatezza ed efficacia si possono e si devono misurare a salvaguardia sia della salute che della spesa pubblica ed individuale (vedi EBM e GIMBE).
Quindi, pur condividendo l'amarezza di Francesco Scorzelli, invito lui e tutti noi a perseverare e a non arrendersi
Virgilio Meschi