Airuno: Robecchi alla rassegna ''A tu x tu'' con ''Cinque blues per la banda Monterossi''
L'iniziativa è stata realizzata in collaborazione con la cooperativa di promozione culturale Effatà, Ubik librerie e La Scribana; ed ha l'intento di mettere a diretto contatto i cittadini e gli autori, facendoli dialogare e confrontare.
In questa occasione Alessandro Robecchi ha presentato il suo libro "Cinque blues per la banda Monterossi" composto da una serie di racconti.
Il primo libro in collaborazione con Sellerio è uscito nel 2014 e da allora l'autore ha realizzato un romanzo all'anno che, come spiega, "è il mio tempo di gestazione per la scrittura e la realizzazione".
"Dopo nove libri, il decimo doveva essere perfetto ed io non ero soddisfatto di quello che avevo tra le mani. Sellerio mi ha proposto di visionare alcuni racconti arretrati ed effettivamente leggendoli tutti insieme ho trovato un bel senso. Il personaggio Monterossi ed anche la mia scrittura hanno avuto un'interessante evoluzione".
Alessandro Robecchi e Laura Di Gianfrancesco
Il libro inizia con una provocazione "Scrivere un racconto è tra le cose più deplorevoli che esista".
"Quando a noi autori viene detto di scrivere un racconto, la prima reazione è: perché un racconto e non un romanzo? Il racconto in realtà è un altro materiale e un altro modo di scrivere. Nel romanzo si possono lasciare spazi aperti, il racconto obbliga ad una disciplina maggiore. Il racconto o funziona o non fila".
"La cultura del racconto in Italia non è come quella Americana, spesso viene sottovalutato. Si è diffuso il luogo comune che "i racconti non vendono", dunque l'editore non li produce e gli autori non li scrivono. Io non mi pongo questi quesiti, sono cose che hanno più a che fare con il mercato che con la scrittura. É l'editore che deve vendere."
E quanto ai romanzi gialli afferma "Spesso i gialli sono dei volta-pagina. I miei non sono così, solitamente il colpevole si trova dopo due o tre pagine. Nei miei racconti il bello è scoprire i perché le motivazioni profonde che portano ad un delitto. È anche per questo che gli alibi ed i moventi devono essere veritieri e plausibili."
Robecchi nei suoi libri racconta Milano in tutte le sue sfaccettature, ad esempio anche il problema di non trovare parcheggio. Un altro tema è quello del gioco d'azzardo, filo rosso del primo racconto.
Da Milanese (nato e cresciuto) è irritato dalla narrazione farlocca della sua città che proviene da una narrazione ideologica derivante dagli anni 80.
"A Milano non siamo tutti modelle o designer. C'è anche una fascia di media borghesia, che ha paura di scivolare in dietro nella povertà ed è desiderosa di fare il salto verso la ricchezza. Si tratta di andare su e giù nella scala sociale."
L'autore prima di scrivere un racconto va vedere i posti di cui scrive. "Mi interessa la luce che c'è in ogni posto e ricerco quello perfetto. Milano è piccola, ogni fermata della metropolitana è come una piccola città e le differenze sociali stanno a gomito a gomito. In queste zone, seppur vicine, non si parla, non si mangia e non ci si veste allo stesso modo. Questa sicuramente è una delle ricchezze della città. Per questo bisogna ricercare attentamente i luoghi, perché seguano e siano fedeli alla narrazione." "I lettori poi sono matti, in senso buono. Ho raccontato di un inseguimento tra tre personaggi e di ognuno ne ho descritto la traiettoria e visitato io stesso il percorso per essere esatto. Uno dei lettor mi ha scritto: <<bellissimo inseguimento, ma se il personaggio avesse girato a destra avrebbe fatto un semaforo in meno>>. Questo insegna come l'attenzione dei lettori sia metodica e la conoscenza di Milano li aiuti. Tutto deve essere verosimile anche se inventato."