Montevecchia da bere: in vetrina 10 vini del Consorzio IGT Terre Lariane e prodotti locali
Sulla collina insidiata da nuvoloni minacciosi si è aperta la nona edizione della Montevecchia da bere. Ma le poche e quasi impercettibili gocce che hanno battezzato la manifestazione verso l’inizio della camminata per poi tornare sui titoli di coda hanno alleggerito il caldo di fine primavera. Ha portato bene il detto locale decantato sulla navetta dall’accompagnatore e guida, per il breve tratto in pullman, Giovanni Zardoni: “A Muntavegia volta l'aria l'è fina”, ossia “A Montevecchia Alta l'aria è fine”.
L’evento è la risposta alla formula di mettere in vetrina le aziende vinicole associate al Consorzio Vini IGT Terre Lariane, presieduto dall’imprenditore agricolo Marco Casati. A stappare le proprie bottiglie c’erano dieci produttori sui ventitré totali. Ai sorsi di vino sono state accompagnate delle prelibatezze, la maggior parte delle quali provenienti dal territorio, soprattutto con varie declinazioni di salumi e formaggi.
Si è attraversata la località San Bernardo, dal nome dell’oratorio le cui prime attestazioni risalgono al 1571, per arrivare alla seconda sosta delle vecchie miniere: nel calice un altro Brut e nel piattino il salume “vaniglia” brianzolo da intingere nella salsa verde. Alzando lo sguardo lo skyline di Milano, le Alpi Piemontesi e Valdostane.
Il sindaco Ivan Pendeggia e l'imprenditrice agricola Claudia Crippa
I partecipanti, tra cui un allegro gruppo di addio al nubilato, hanno ripiegato a San Bernardo, per la terza s-tappa di un Chardonnay in purezza con i famosi formaggini di Montevecchia. Si è tornati alla Ghisalba per fermarsi al Carlambroeus, la più antica osteria di Montevecchia. Il suo fondatore, il venditore ambulante Brivio Carlo Ambrogio, visse a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo e avviò dunque la sua attività di ristorazione proprio in quel periodo. Nel sotterraneo di recente ristrutturazione si è potuto assaggiare un bianco del 2021, con una piccola porzione di riso con verdure dell'orto e magatello affumicato agli agrumi.
Il percorso a ritroso è durato fino alla via della Cappelletta, per immettersi in nella piazzetta Agnesi, delimitata dalle ville settecentesche Vittadini e Albertoni. La quinta fermata è stata alla caratteristica Busa di Comm, che porta il nome della famiglia Comi. Mentre in lontananza si avvertivano le improvvisazioni jazzistiche di un quartetto chiamato per l’occasione, si è potuto sorseggiare un altro Chardonnay in purezza, abbinato a un cacciatorino di maiale e un vaccino stagionato.
Poi, dopo aver osservato i vigneti della Valbissera dall’alto, con la luce che iniziava a calare, la penultima tappa è stata denominata “Prealpi” in onore al Resegone e alla Valcava che si vedono da lì. A un Merlot sono stati associati un formaggio fresco e una focaccia con crescenza e rosmarino. La decima s-tappa è stata posizionata fuori dall’ex ristorante Maggioni. L’ultimo assaggio è stato in dolcezza, con un Moscato rosso Passito e una torta paesana.
Scendendo al parcheggio del Municipio, ai piedi di Cascina Butto, lo s-tappone finale, con lo street food dei produttori agricoli locali e non solo, recuperando una proposta che era stata sperimentata nelle prime due edizioni della Montevecchia da bere. L’aria era quella di festa, nessuno sembrava interessato all’esito della finale di Champions che ha fatto staccare qualche biglietto in meno alla manifestazione enogastronomica montevecchina. Grazie alla musica del duo WaddaFolk, gli ultimi e ormai “intimi” rimasti hanno cantato e ballato fino a poco dopo le 23.30. Giusto il tempo per i produttori e gli organizzatori di smontare e sistemare tutto, prima che le nuvole tornassero a sfogarsi in un temporale notturno.
Marco Pessina