S. Maria: con Brambilla e l'Anpi  il ruolo delle donne dal Fascismo alla Democrazia

Giovedì 1 giugno in sala consigliare di Santa Maria Hoè, la sezione Brianza Meratese dell'ANPI, con il patrocinio del Comune, ha organizzato una conferenza a tema "Il ruolo delle donne dal Fascismo alla democrazia, attraverso la Resistenza", condotta dal relatore Anselmo Luigi Brambilla.
"L'incontro - ha spiegato Fulvio Magni dell'ANPI - è stato pensato in occasione della Festa della Repubblica del 2 giugno, giorno in cui non solo viene celebrata l'instaurazione della democrazia nel nostro Pease, ma anche la data in cui nel 1946 milioni di donne italiane poterono recarsi alle urne per il primo voto".

"Quando si affronta il tema della lotta contro la dittatura fascista, il ruolo delle donne riveste un'importanza cruciale" ha iniziato a spiegare Anselmo Brambilla. "Spesso, infatti, sono state proprio le donne a decidere di resistere, sia per i principi di libertà e democrazia, sia e soprattutto per cercare l'emancipazione e porre fine a un governo e ad una società fortemente patriarcali". Durante il periodo fascista in Italia, il ruolo delle donne era infatti fortemente influenzato dall'ideologia del regime di Mussolini, che ne promuoveva un'immagine 'tradizionale', enfatizzando il ruolo della madre e della moglie nel nucleo familiare. L'obiettivo principale per le donne era considerato quello di produrre figli sani per la nazione, al fine di creare una generazione di forti e fedeli cittadini fascisti. "Voi (ragazzi) vi preparate al libro e moschetto, le vostre sorelle devono prepararsi alla Singer (macchina per cucire)" era una delle molte frasi di propaganda che il regime sfruttava per tracciare il solco discriminatorio tra l'uomo, eroe di patria destinato al ripristino dell'Impero, e la donna, moglie devota e madre prolifica della stirpe fascista.

"Diventare mogli e soprattutto madri ideali - ha spiegato Anselmo - era dunque la finalità unica di vita di una donna fascista. Le donne venivano ostacolate, addirittura con decreti e leggi, nei percorsi di vita che potessero renderle indipendenti. Venivano invece organizzati i cosiddetti lavori donneschi, nient'altro che lavori manuali ritenuti di prerogativa delle femmine". Sposarsi ed affidarsi ad un uomo diveniva in questo modo l'unica possibilità per una donna di essere sostenuta anche economicamente. Mentre l'uomo lavorava, la donna doveva badare ai figli, che il regime fascista incentivava in gran numero, conferendo premi alle famiglie più numerose ed istituendo l'Opera Nazionale Maternità e Infanzia. Se da un lato l'ONMI aveva finalità positive nel sostenere le famiglie, dall'altro celava un controllo sempre più forte sulla società.
Non tutte le donne, però, si piegarono al controllo dittatoriale o non cercarono di trovare spazi di emancipazione. Nonostante le restrizioni imposte dal governo, molte donne trovarono modi per lavorare e partecipare alla vita pubblica, ad esempio unendosi a organizzazioni femminili fasciste come l'Associazione Nazionale delle Donne Italiane o la Gioventù Femminile Italiana, dove avevano la possibilità di partecipare ad attività politiche e sociali. E' importante inoltre notare che l'adesione a queste organizzazioni non implicava necessariamente un sostegno incondizionato al regime. Alcune donne, infatti, approfittarono delle opportunità offerte dalle organizzazioni femminili per creare reti di solidarietà e supporto reciproco, spesso sfruttando queste piattaforme per diffondere idee antifasciste o per organizzare attività clandestine.

Con lo scoppio della guerra e la crescita dei gruppi di Resistenza, un numero sempre maggiore di donne decise di contribuire alla lotta contro il fascismo, operando come staffette partigiane, infermiere o addirittura combattenti ed aiutando nel rifornimento di viveri, trasporto armi, accompagnamento di ebrei e fuggitivi verso il confine svizzero e falsificazione di documenti. Le donne partigiane non costituirono quindi un semplice supporto, ma svolsero un ruolo fondamentale nell'organizzazione della Resistenza e nella diffusione dei valori di libertà e democrazia.
Il 2 giugno 1946 è una data di fondamentale importanza nella storia italiana, poiché segna la nascita della Repubblica Democratica Italiana, votata ed acclamata dagli italiani, tra cui milioni di donne. Il suffragio universale femminile decretato il 10 marzo del '46 diede finalmente la possibilità alle donne di partecipare attivamente alla vita politica e di esprimere le proprie opinioni attraverso il voto. Il 2 giugno rappresentò dunque un primo passo fondamentale verso l'uguaglianza di genere e la piena partecipazione delle donne alla democrazia. Oltre al diritto di voto, la Repubblica Italiana ha progressivamente lavorato per promuovere i diritti delle donne in diversi ambiti. Negli anni successivi alla sua fondazione, furono adottate una serie di leggi che miravano a migliorare la condizione delle donne e a garantire loro pari opportunità. Tuttavia, nonostante i progressi compiuti, è importante sottolineare che l'uguaglianza di genere è ancora un obiettivo da raggiungere pienamente.

"E' di fondamentale importanza continuare a lavorare per eliminare le disuguaglianze di genere e garantire un pieno rispetto dei diritti delle donne, affinché la promessa di uguaglianza e libertà sancita dalla nascita della Repubblica Italiana diventi una realtà concreta per tutte le cittadine italiane" ha concluso con un ultimo pensiero il sindaco Efrem Brambilla.

Matteo Pennati
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