A Emilio, a Marco e alla mamma

Buongiorno,
gentile signor Emilio, il problema del caro affitti non è comparso il 25 settembre: c'è da anni, è esploso dopo il ritorno in presenza in seguito alle fasi più critiche della pandemia, sta peggiorando sempre più e negli ultimi mesi è reso ancora più evidente dalla combinazione con gli altri problemi economici e sociali che, come avrà notato, stanno affliggendo il nostro paese. Personalmente, non ritengo Elly Schlein una "nuova eroina della giustizia": non ho tessere in tasca né sono un elettore del Partito Democratico e, non ritenendo opportuno influire sulle dinamiche interne di un partito che non ho mai sostenuto, non ho neanche votato alle primarie. Il fine della protesta, come è facilmente intuibile, è quello di portare il problema del caro affitti al centro dell'attenzione e del dibattito pubblico, non certo quello di indebolire l'attuale governo: in che modo questa protesta potrebbe indebolire un governo sostenuto da un'ampia maggioranza e un diffuso consenso, condizioni che gli permetterebbero tranquillamente di intraprendere azioni concrete per risolvere la situazione o quantomeno alleviarla? Volendo, un legame diretto tra un esponente dell'attuale compagine di governo e l'inagibilità temporanea di una residenza del Politecnico ci sarebbe pure, ma risale al 12 aprile del 1973: chiaramente come argomento sarebbe un po' debole, no? Questa situazione è il risultato delle scelte politiche prese - e in molti casi non prese - negli ultimi decenni da tutte le forze che hanno governato nelle varie istituzioni: come abbiamo detto pubblicamente all'assessore alla casa del Comune di Milano Pierfrancesco Maran e al sindaco Sala, "Comune, Regione Lombardia e Governo devono prendersi le proprie responsabilità. Gli studenti universitari sono entrati ora fra gli ultimi della società. Questo è il frutto delle politiche che voi avete attuato, privando i giovani del diritto costituzionale a guadagnarsi un futuro dignitoso, partendo da potersi permettere un tetto sopra la testa grazie al loro lavoro e a quello delle loro famiglie".

Sperando di aver soddisfatto la curiosità del suo amico passerei al suo secondo intervento, ma prima le porrei una domanda io: se, come dice, ritiene che le motivazioni della protesta siano giuste, cos'è di preciso che non condivide?

Vedo che evidentemente lei è più esperto di filettature che di geometria, se no avrebbe colto il gioco di parole da cui deriva il nome della lista a cui appartengo: provi a cercare "terna cartesiana", sono sicuro che sulla Treccani troverà qualcosa.
Al Politecnico di Milano le liste di rappresentanza sono quattro, tre di esse sono l'espressione locale di organizzazioni nazionali e una è anche legata a un noto movimento cattolico. Altre liste presenti negli altri atenei sono - legittimamente - legate ad altre organizzazioni studentesche nazionali, a partiti o a sindacati. La Terna Sinistrorsa è una realtà presente solo al Politecnico, non è affiliata ad alcuna organizzazione esterna, a nessun partito, sindacato o gruppo di potere. Ovviamente una realtà che fa politica universitaria non può essere apolitica, sarebbe un controsenso. Come tutte le altre, la mia lista ha chiaramente un orientamento politico ben definito - che lei con tanto acume ha colto - ma avere un orientamento politico, come saprà, non esclude la possibilità di essere apartitici e indipendenti. Mi permetto quindi di dirle che a fare acqua da tutte le parti era solo la mia tenda un paio di settimane fa (poi l'ho spostata in un angolo in cui è più facile piantare per bene i picchetti). Rispondendo anche al signor Marco: ogni giorno migliaia di studenti, studentesse, lavoratrici e lavoratori si alzano all'alba per recarsi nei luoghi in cui studiano e lavorano, ogni giorno c'è chi lavora dalle tre alle sei ore dopo le lezioni per potersi pagare un posto letto in una camera condivisa nell'hinterland, chi nonostante i problemi di salute lavora per potersi comprare da mangiare e sopravvivere negli anni in cui dovrebbe solamente poter studiare serenamente, e riesce a vivere a Milano solo perché ospitato da un amico. Ogni giorno c'è la famiglia brianzola che fa sacrifici enormi per mettere insieme il pranzo con la cena e magari anche far studiare i figli, c'è chi fa un lavoro altamente qualificato che può svolgere solo in una città in cui il costo della vita e il suo magro stipendio non gli permettono di mettere da parte neanche venti euro a fine mese, c'è chi rischia di finire per strada perché la reversibilità del marito defunto da qualche mese, modulata in base al reddito che teoricamente dovrebbe derivare dall'affitto di un appartamento, è ridotta all'osso, ma gli inquilini sono morosi da mesi e non ha altre entrate. Perché queste persone dovrebbero stare in silenzio? Perché l'esistenza di situazioni peggiori, passate o presenti, dovrebbe rendere meno valida la lotta per un avvenire diverso? Queste situazioni non sono dovute a qualche legge naturale, all'ineluttabilità del destino o all'essenza più profonda dell'universo: se oggi c'è chi rimane senza medico o chi soffre il caro affitti e il caro energia, se si smantellano ospedali, il trasporto pubblico è in uno stato indecente e nelle aule scolastiche cadono calcinacci, è anche a causa di scelte politiche sbagliate e poco lungimiranti. Di fronte a questa realtà, protestare e immaginare un futuro migliore mi sembra giusto e doveroso. Capisco che non tutti siano d'accordo, ma penso che invece di delegittimare le proteste derubricandole a capricci sarebbe meglio discutere sui temi e sulle idee.

Per concludere non posso che ringraziare la gentile mamma per il suo sostegno, messaggi come il suo ci scaldano il cuore.

 

P.S.: Tecnicamente non sono fuoricorso: sono regolarmente iscritto al secondo anno di magistrale e sto facendo la tesi, comunque ciò c'entra poco con ciò di cui stiamo parlando. Forse si è confuso tra "fuoricorso" e "fuorisede", in tal caso può consultare di nuovo l'enciclopedia.

P.P.S.: Quando ho letto "Pedro Bossi faccia il bravo" sono rimasto un attimo confuso, dato che mio padre si chiama Michele, non Emilio.

Pedro Bossi Núñez
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