Beverate: 7 mesi in Colombia in missione. Marta Formenti racconta la sua esperienza

Sette mesi in Colombia ad aiutare le comunità che accolgono i bambini e i ragazzi più sfortunati. È stata questa l’esperienza compiuta dalla giovane briviese Marta Formenti, classe ’99, che nell’agosto dello scorso anno, dopo essersi laureata presso l’Università degli Studi di Bergamo in Scienze dell’Educazione, ha scelto di lasciare casa e partire per un’esperienza che le ha cambiato la vita.


Marta Formenti

Nella serata di venerdì 12 maggio, Marta ha raccontato il suo vissuto oltreoceano nel salone dell’oratorio di Beverate, proprio in occasione del 40esimo anniversario della nascita del gruppo missionario locale. Pronipote del Padre Somasco Antonio Formenti, che proprio lo scorso anno aveva fatto ritorno a Brivio dalla Colombia e aveva celebrato la messa in occasione della festa di Foppaluera (clicca QUI), Marta ha raccontato di essersi ritrovata a riflettere sul suo futuro dopo il conseguimento della laurea nell’aprile del 2022. “Non sapevo se continuare a studiare, sentivo che mi mancava qualcosa – ha raccontato. – Una mia compagna mi ha raccontato dell’esperienza di volontariato che aveva fatto in Ghana e continuava a dirmi che sentiva il bisogno di tornarci”.



Le parole dell’amica hanno fatto riflettere Marta, che è poi giunta alla decisione di partire e compiere un’esperienza simile in Colombia, dove il prozio, padre Antonio, vive ormai da 43 anni e opera prendendosi cura dei più bisognosi. E così all’inizio di agosto del 2022 la giovane è atterrata in Sud America, trascorrendo la prima settimana a Bogotà presso il Centro San Jeronimo Emiliani, la sede della cuna provinciale, nonché casa di formazione per i novizi. “È stata un accoglienza generosa. Nel centro ci sono cinque padri Somaschi, tra cui padre Antonio. Si tratta di un luogo sicuro e bellissimo, anche se però al di fuori la realtà è un’altra…” ha spiegato.



I padri Somaschi in Colombia hanno un’opera a Sud di Bogotà, più precisamente nel barrio “El Paraiso”. Proprio qui Marta ha trascorso un mese, a circa 3.000 metri di quota, in un quartiere pericoloso, caratterizzato dalla presenza di gruppi armati che girano in cerca di giovani da reclutare e compiono persecuzioni. “Quanto sono arrivata qui era sera e ho avuto un po’ di timore, poi con il passare dei giorni mi sono ambientata” ha raccontato la ragazza, spiegando anche del non facile rapporto con i giovani del centro. “I ragazzi lì si fidano poco degli estranei e hanno difficoltà a mostrare affetto. La maggior parte di loro hanno subito violenze o hanno assistito ad atti di violenza. Il lavoro delle educatrici lì non è facile”. In questo centro, ha spiegato Marta, sono attivi anche laboratori qualificativi per giovani madri di famiglia, in modo da insegnare loro una professione che consenta di inserirsi nel mondo del lavoro.



La terza e ultima tappa del viaggio di Marta, durata quasi sei mesi, è stata Pinchote, dove ha operato presso la casa famiglia dei padri Somaschi “Lugar de Paz” – “Luogo di pace” ndr – che accoglie bambini, ragazzi e ragazze provenienti da famiglie disfunzionali. “Si tratta di famiglie che non sono in grado di garantire ai figli i bisogni primari, cure, protezione e sostegno. In questa casa famiglia si vive seguendo i principi di San Geronimo” ha continuato Marta, spiegando che la routine era piuttosto impegnativa. La sveglia nella casa famiglia infatti suonava alle 4:45, poiché la scuola iniziava alle 6:30 e i bambini da preparare e mandare a lezione erano diversi. I pomeriggi invece erano sempre dedicati a giochi, attività e studio.



Marta ha raccontato di essere rimasta molto colpita dal vissuto dei giovani ospiti della casa famiglia e ha raccontato del trascorso di qualcuno di loro. “C’era un ragazzo di 19 anni che si trovava in comunità da 8 anni. La madre, che aveva dei disturbi, ha tentato di avvelenarlo. Lui ora studia Ingegneria dei Sistemi in un’università online e il resto del giorno lavora per potersi pagare parte della retta. La restante parte è pagata dai padri Somaschi e da una fondazione milanese” ha raccontato.



“In questi mesi ho scoperto una nuova forma di ricchezza. Tutti in Colombia, anche se poveri, condividono quello che hanno, è una lezione importante che gli europei dovrebbero apprendere” ha concluso Marta. “Se dovessi riassumere in una parola questa esperienza, direi ‘gratitudine’. Ho imparato il vero significato di questo sentimento”. La giovane briviese, che ha fatto ritorno in Italia lo scorso marzo, ha rivelato che non le dispiacerebbe compiere un’altra esperienza di questo tipo.
E.Ma.
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