Caso Gilardi: al processo per circonvenzione il geometra e amico Bonfanti. ''Carlo era tormentato da questi individui, aveva paura

Il prof. Carlo Gilardi

“Carlo mi scriveva delle lettere in cui mi chiedeva aiuto per non essere più tormentato da questi individui”: questo ha rivelato in aula Roberto Bonfanti, geometra nonché amico di vecchia data della famiglia Gilardi, oggi chiamato a testimoniare nel procedimento che vede imputati cinque stranieri per circonvenzione di incapace. Abdelmalak Rougui (marocchino, classe 1982, per la cui difesa è subentrata l'avvocato Elena Sofia Pigretti, oggi sostituita dalla collega Francesca Allegra), Khalifa Mejbri (tunisino classe 1982, difeso dall'avvocato Pamela Nodari del foro di Bergamo), Nedal Abushunar (israeliano classe 1973, patrocinato dall'avvocato Agnese Cattaneo del foro di Monza), Hichem Horroun e Abdellatif Ben Mustapha Hamrouni (nati rispettivamente in Algeria e in Tunisia nel 1977 e 1969, entrambi difesi dall'avvocato Andrea Artusi del foro di Lecco) sono accusati dalla Procura della Repubblica di Lecco di aver spillato negli anni ingenti somme di denaro all'anziano e benestante Carlo Gilardi con le scuse più disparate approfittando della sua bontà e prodigalità. Quest'oggi il professionista (chiamato a testimoniare per la costituita parte civile, l'amministratore di sostegno Elena Barra), dopo aver fotografato la situazione immobiliare del professore airunese e stimando il suo patrimonio mobiliare intorno ai 630mila euro, si è così rivolto al giudice monocratico Giulia Barazzetta: “Nel 2017 sua sorella Giuseppina ha aperto la procedura per l'amministrazione di sostegno a favore di Carlo per ragioni serie: questi aveva preso l'abitudine di prestare denaro a chiunque ne facesse richiesta, anche per le ragioni più assurde”. La sorella, secondo il racconto dell'amico di famiglia, avrebbe maturato la sofferta decisione a costo di mettere a repentaglio il rapporto con il fratello perchè “non avrebbe visto via d'uscita” e non avrebbe sopportato l'idea di vedere sperperati i beni di famiglia. Infatti, mentre Carlo elargiva donazioni economiche, le sue proprietà del Cerè in via Santi Cosima e Damiano e di via Pizzigalli stavano andando lentamente in rovina, alla mercè delle persone che Carlo ospitava: “La casa era devastata” ha commentato descrivendo gli atti vandalici con cui le vetrate erano state ridotte in frantumi ed antichi quadri degli antenati venivano ammucchiati insieme alla spazzatura “ho dovuto intervenire varie volte personalmente e la famiglia ha speso parecchi soldi per ripulire l'immobile di via Pizzigalli”. Quindi ha menzionato le lettere, di cui ha letto un estratto in aula, in cui Carlo lo pregava di aiutarlo a recuperare alcune delle somme prestate. “Ma io potevo fare ben poco” ha proseguito il tecnico classe 1953 “una volta ho mandato una lettera ad un signore chiedendo indietro 100mila euro, ma non è mai arrivata risposta”. Il teste è anche stato interrogato in merito ad un consuntivo da lui redatto di quel “libro mastro” che Gilardi conservava: da lì risultava che nel 2017 il professore avrebbe vantato 634mila euro di crediti nei confronti di diversi soggetti. Tra questi risultavano Abdellatif Ben Mustapha Hamrouni (per 37mila euro), Khalifa Mejbri (46 mila euro di debiti), Hichem Horroun (32mila), Abdelmalak Rougui (6mila euro). Tutte somme che non sarebbero mai state restituite se non in piccola parte. Poi su specifica domanda dell'avvocato di parte civile Elena Ammannato (oggi presente in sostituzione dell'avvocato Stefano Pelizzari del foro di Lecco), il geometra Bonfanti si è concentrato su Abushunar: stando alla sua testimonianza l'israeliano avrebbe occupato prima un altro immobile di proprietà di Gilardi in via dei Nobili ad Airuno (liberato grazie all'intervento dei Carabinieri e su richiesta dell'allora amministratore di sostegno Adriana Lanfranconi), poi Carlo, impietosito, gli avrebbe aperto le porte della sua residenza di via Pizzigalli per una notte... salvo poi vedersi costretto ad abbandonare la sua stessa casa: “aveva paura di questa persona. Così era tornato al Cerè, ma nemmeno lì poteva più stare perchè gli avevano occupato anche il suo letto e lo avevano mandato a dormire nella porcilaia. Ormai lì ci abitava parecchia gente ed era diventato un posto pericoloso anche per lo spaccio di droga”. Infine è stato anche raccontato in aula di un presunto “rapimento” subito da Gilardi da “quei soliti personaggi che gli ronzavano intorno”. Un vero e proprio atto di intimidazione a cui un altro amico avrebbe assistito e raccontato tutto all'odierno testimone: “l'avevano portato in campagna per fargli paura perchè non riusciva più a dare loro soldi”. Al termine dell'escussione il procedimento penale è quindi stato riaggiornato al 16 ottobre per l'esame dell'ultimo testimone di parte civile e degli imputati.
F.F.
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