Chiusura Psichiatria: un errore grave, il mio grazie al personale per la cura del mio caro

Con estrema tristezza ho appreso la notizia della chiusura definitiva del Reparto di Psichiatria dell'Ospedale di Merate. Ripenso a Febbraio 2020, quando un famigliare era lì ricoverato ed è iniziata la Pandemia. I pazienti sono stati trasportati a Lecco, per lasciare spazio alle emergenze Covid e il passaggio al nosocomio lecchese è stato indolore per la cura e la dedizione di infermieri e medici in servizio a Merate. Le mie due mani non bastano per contare le volte in cui sono andata nel reparto del Mandic a trovare il mio caro e, sia in quello vecchio sia in quello nuovo, non mi sono mai sentita a disagio, perché ho sempre trovato personale qualificato, attento al benessere dei pazienti e con una parola incoraggiante per i famigliari. Con l'avvento del nuovo reparto, poi, ci siamo sentiti ancor di più ben accolti e sicuri del percorso curativo offerto ai pazienti, perché l'organizzazione dei posti letto, l'arredo e le attività ricreative favorivano il loro rapido recupero e ci davano la sensazione di lasciarli al sicuro. Il reparto, per me e per mio padre che mi accompagnava nelle visite, era un porto sicuro, entravamo disinvolti e colloquiavamo anche con gli altri degenti. Non abbiamo mai avuto vergogna di avere un caro ricoverato o di recarci in Psichiatria. Probabilmente il clima del reparto e le persone che lo dirigevano, dall'infermiere al medico, ci hanno permesso di accettare e di supportare il disagio psichico del nostro caro, che si sentiva protetto e compreso. Sono capitati anche ricoveri a Lecco o in altri ospedali lombardi, quando non c'era posto al Mandic, ma forse solo Vimercate poteva fare concorrenza a Merate. Ora si chiude un fiore all'occhiello nelle cure psichiatriche, con il rischio di intasare gli altri nosocomi e con il concreto disagio per gli eventuali pazienti residenti a Merate o nei paesi limitrofi, magari dirottati a chilometri di distanza da casa e, con il rischio, di non poter ricevere la visita quasi quotidiana dei famigliari. Inoltre, per chi come me ha fatto esperienza del Pronto Soccorso come primo passaggio nella presa in carico del paziente, la presenza in loco degli psichiatri era la certezza di una valutazione immediata del caso e della gestione effettiva dell'emergenza in atto. Ricordo ancora una psichiatra che, chiamata di notte per il mio caro, era corso al Mandic e con la sua auto era andata a cercarlo per Merate e paesi attigui, perché scappato, tenendosi in contatto con me con il cellulare. Un ultimo ricordo va al 2019, sperando di non sbagliare l'anno, quando gli ospiti della Comunità Orizzonti sono stati dirottati in un reparto a Merate, per un incendio doloso alla struttura di Cernusco e, sempre il mio caro, non ha risentito del cambiamento, perché lo staff curativo è riuscito a rendere indolore il passaggio ospedaliero obbligato. Il mio scritto non cambierà le decisioni del Dr. Favini, ma sarà un reiterato ringraziamento a chi ci è stato vicino e ci ha sostenuto in tutti questi anni e che ha permesso al nostro caro di raggiungere un equilibrio, stante sempre la patologia psichiatrica. Grazie a tutti i volti sorridenti ed incoraggianti degli infermieri e ai medici di alta professionalità, che abbiamo conosciuto negli anni addietro. Purtroppo posso solo apporre solo la mia firma, perché mio padre deceduto, ma sono certa che avrebbe scritto, magari con una forma più ricercata, quanto vissuto insieme.
Silvia Romerio, a nome e a ricordo di quanto vissuto con papà Giacomo
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