Ancora una mazzata per la Lega di Merate. A quando una riflessione seria sulle cause?
Del resto la scarsa affluenza la dice lunga sulla disaffezione verso un partito che ormai è sempre più un veicolo utilizzato dai fuggitivi del grande movimento liberale che ancora oggi - e nonostante l'evidenza - ha un solo padrone, Silvio Berlusconi.
Sono fuggiti in tanti nella Lega e scavalcando la vecchia guardia si sono piazzati chi in regione chi in provincia occupando posti di potere e di denaro.
Ma su tutto ciò fa premio l'ennesima mazzata subìta dalla sezione leghista di Merate. Nessuno dei dieci componenti il direttivo provinciale è iscritto alla locale sezione. La Brianza è rappresentata soltanto da Marco Benedetti, tra l'altro il più votato nonostante le truppe cammellate avessero altre indicazioni.
E la circostanza deve fare riflettere tutti i militanti, a partire dal sindaco Massimo Augusto Panzeri e dal segretario Franco Lana.
Un segnale negativo era giunto già dalle regionali dove il consenso percentuale al partito poneva Merate all'81.mo posto su 84 comuni con un misero 11%.
Ora seconda batosta, tutti gli iscritti fuori dal direttivo, compreso il pasdaran Alessandro Vanotti, che in Aula dà prova di supponenza e superiorità intellettuale ma evidentemente appena fuori piazza degli Eroi conta come il due di picche a briscola in tre.
Una profonda riflessione il partito la dovrà pur fare. Anche perché siamo a pochi mesi dalla tornata elettorale per il rinnovo dell'Amministrazione cittadina.
Non che sia cosa da togliere il sonno. Ma insomma anche contare un po' di più dato che Merate è la seconda città della provincia sarebbe utile.
P.S. Alla serata elettorale di Robbiate a sostegno del candidato Alessandro Danza ha presenziato - tra gli altri e le altre - anche Alessandra Hofmann. Ex Forza Italia, la Hofmann ha superato l'iniziazione come Tris in Divergent e ora è leghista a tutti gli effetti. Ma è anche presidente della provincia e francamente non sta bene parlare male di una formazione politica solo perché avversaria. Abbiamo sempre pensato - e saputo - che una volta ottenuta la carica si diventa presidente di tutti. Ora che la Hofmann segua il suo mentore, e non stiamo a ripeterci sull'esempio di Indietro Tutta, è cosa nota. Ma dovrebbe almeno aver imparato che le campagne elettorali le fanno i candidati, non i vertici istituzionali. Per quanto comprendiamo che la mancanza di un consigliere politico sia un'attenuante.